Lazio, sei ore di attesa per un codice bianco

Tono “tre gli aspetti fondamentali su cui occorre agire – afferma all'Adnkronos Elio Rosati, segretario regionale di Cittadinanzattiva Lazio – per migliorare questo servizio di fondamentale importanza: incrementare il personale sanitario, lavorare per una maggiore integrazione tra servizi di emergenza-urgenza e territorio, e rafforzare il territorio”.

Strutture di emergenza e urgenza

Si aspettano, in media, 141 minuti in un pronto soccorso del Lazio per un codice bianco, 88 per un codice verde e 51 minuti per un codice giallo. Ma si arriva anche a casi limite di 6 ore di attesa per i codici bianchi, 3 ore e mezza per quello verde e 3 ore per uno giallo. Manca personale ed è insufficiente il raccordo con i servizi territoriali. Infatti i cittadini continuano ad andare in pronto soccorso anche quando non è necessario: il 66% degli accessi sono codici verdi, il 27% gialli, solo il 4% rossi e quasi il 3% bianchi. E' la fotografia che emerge dal Monitoraggio civico sullo stato dei pronto soccorso nel Lazio, presentato oggi a Roma da Cittadinanzattiva Lazio e Simeu.

Secondo livello

Il monitoraggio ha interessato 23 strutture di emergenza e urgenza, suddivise fra pronto soccorso (4), Dea di I livello (14) e Dea di II livello (5). Per numero di accessi, si piazza in testa alla classifica il policlinico Umberto I, con quasi 139 mila accessi nel 2018, seguono il policlinico Casilino (più di 83 mila) e il policlinico Gemelli (più di 82 mila). Nei pronto soccorso, in generale i familiari devono attendere nelle stesse sale dei pazienti e mancano spazi dedicati ai bambini nei tre quarti dei casi, previsti invece nel 100% dei Dea di secondo livello. Solo il 30% dei responsabili dei servizi di emergenza urgenza considera adeguato il funzionamento delle rete con i servizi sul territorio. Per oltre la metà è, invece, insufficiente.

Servizio fondamentale 

“Risulta evidente che, accanto a investimenti di carattere tecnologico e all’innovazione di nuovi strumenti di gestione, come le app appena avviate nei pronto soccorso di Rieti e del San Camillo di Roma per la comunicazione tra il servizio e i parenti in attesa – osserva Rosati all'Adnkronos – il primo e prioritario intervento riguarda l’area del personale sanitario, quanto a numero di medici e operatori da impiegare in questo fondamentale servizio. Quello che fotografiamo è il segnale chiarissimo di una difficoltà di accesso ai servizi territoriali, un uso in alcuni casi improprio al pronto soccorso, un’incapacità a fare da filtro in modo efficace per una serie di situazioni che potrebbero/dovrebbero essere gestite in altri luoghi”.