Curarsi a Piazza San Pietro

Da sempre il magistero della Chiesa considera la povertà una privazione grave di beni materiali, sociali, culturali che minaccia la dignità della persona. I poveri sono quanti soffrono di condizioni disumane per quanto riguarda il cibo, l’alloggio, l’accesso alle cure mediche, l’istruzione, il lavoro, le libertà fondamentali. “È tornato anche quest’anno, con il doppio dei servizi e all’interno di piazza San Pietro, il Presidio sanitario per i bisognosi, il “mini ospedale” voluto dal Papa per la Giornata Mondiale dei Poveri che vuole offrire visite e cure gratuite a clochard, migranti e tutti coloro che si trovano in difficoltà economiche e non possono permettersi un’assistenza medica specializzata”, riferisce Vatican Insider. Inaugurata la struttura (una iniziativa promossa dal Pontificio Consiglio per la Nuova evangelizzazione) resterà aperta tutti i giorni dalle 8 alle 20 fino a domenica 17 novembre, giorno in cui il Papa presiederà la messa per la Giornata Mondiale dei Poveri da lui ideata e indetta, che sarà celebrata contemporaneamente in Italia e in altre parti del mondo con diverse iniziative, e che culminerà con il pranzo di Jorge Mario Bergoglio in Aula Paolo VI con 1.500 bisognosi dell’Italia e dell’Europa. In poche ore il polo sanitario di piazza San Pietro ha registrato una grande affluenza.

Cure specialistiche

“Non sono solo i senzatetto stranieri che gravitano nella zona San Pietro e che presentano patologie legate alla vita da strada (problemi respiratori, infezioni, dermatiti), ma anche tanti uomini e donne italiani, perlopiù anziani ma anche di mezz’età, che necessitano di cure specialistiche ma non possono permetterselo visto che la maggior parte delle strutture private a pagamento presentano costi proibitivi anche per chi ha uno stipendio fisso – evidenzia Vatican Insider -. Quest’anno le specializzazioni mediche fruibili presso il Presidio sanitario sono aumentate grazie alla collaborazione del Dicastero presieduto da monsignor Rino Fisichella con alcune realtà come Policlinico Gemelli, Università di Tor Vergata, Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata, Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto delle malattie della povertà”. Quindi nel piccolo “ospedale da campo” collocato nel colonnato del Bernini si trovano «reparti» di medicina generale, cardiologia, diabetologia, dermatologia, reumatologia, infettivologia, ginecologia, oculistica, podologia. Presenti anche tre ambulatori per le analisi cliniche, per la vaccinazione antinfluenzale e le ecografie.

Contro l’indifferenza

“Per usufruire di tali servizi non servono prenotazioni ma occorre solo recarsi in piazza San Pietro, accedere al Presidio ed effettuare immediatamente il triage ospedaliero che assegnerà l’utente ai diversi ambulatori. Tutto il lavoro di accoglienza e assistenza all’ospite, nonché ai medici presenti nella struttura, viene offerto dal Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana, dalla Associazione Crocerossine d’Italia Onlus e dalla Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie- sottolinea Vatican Insider -. L'allestimento del Presidio sanitario e la preparazione delle varie iniziative della Giornata Mondiale dei Poveri sono stati possibili con il supporto di UnipolSai, Gilead, Roma Cares, Euroma 2, Fondazione R.H., Regia Congressi, Sequirus S.r.l., Confederazione Nazionale delle Misericordie d'Italia, Halga Italia S.r.l., Methodo, Leo Pharma, Lloyds Farmacia, Dedalus e Kilabs. Tutti costoro hanno voluto dare una mano a Papa Francesco a realizzare il progetto a favore dei bisognosi della città di Roma. Un regalo per contrastare quella indifferenza che lo stesso Pontefice ha indicato come uno dei mali del nostro tempo”.

L’ispirazione di Francesco

È uno dei cardinali più vicini a Francesco ad illustrarne la svolta pastorale. Due decenni di ministero episcopale in due arcidiocesi dell’Italia centrale, preceduti da un lungo servizio nella Curia romana: il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo emerito di Ancona-Osimo, ha presieduto uno dei circoli minori al Sinodo dei vescovi sulla famiglia. I pastori sono chiamati a stare nella storia e aiutare le persone a santificare la quotidianità. La miseria è indegnità, la povertà è uno stile di vita. La verità è come l’acqua, la strada la trova. Non sono gli uomini che cambiano l’umanità, ma Dio. La Chiesa deve crescere nella dimensione della collegialità, nell’assunzione comune e responsabile del bene di tutti. Senza mai dimenticare la differenza tra povertà e miseria. “Nei Vangeli si dice 'beati i poveri', non 'beati i miseri'”, spiega Menichelli. “Per rivolgersi alle coscienze serve sensibilità e disponibilità al dialogo. La Chiesa è per il mondo e per l’umanità e l’umanità ha tante facce. Gesù ci ha donato la verità e la misericordia. Il nostro impegno come Chiesa è mettere insieme verità e misericordia perché laddove non ci riusciamo rischiamo di dividere la persona di Cristo. Ogni Chiesa locale ha la sua storia e ogni storia è significativa per la bellezza di quella universale”. L’imperativo è “non abbandonare mai nessuno”. Il Papa, secondo Menichelli, indica la necessità di una Chiesa traboccante di compassione d’amore, che sappia distinguere il peccato dal peccatore: il nostro patrimonio è la maternità spirituale nei confronti dell’umanità nella convinzione che la bellezza della Chiesa non è negli addobbi ma nell’amore per Cristo e nell’impegno di liberare tutti dalla “inequità” di cui Francesco parla nella Evangelii Gaudium.

Capacità di ascolto

Occorre suscitare l’impazienza della carità. Al Sinodo il Pontefice ha colpito anche per la capacità di ascoltare. C’è bisogno, infatti, di maggior comprensione. Secondo Menichelli, vescovi e sacerdoti devono comprendere le problematiche e le fatiche che la famiglia e le persone sopportano a vari livelli. In un mondo così complesso, la Chiesa non può incasellare tutto in certi termini o certi concetti precisi che vescovi e sacerdoti si sono abituati a usare. Oggi molta realtà sfugge. Occorre unire l’educazione alla compassione. Ogni persona è un dono di Dio e ha qualcosa da offrire all’altro. Un appello ad accompagnare e a educare perché ogni persona capisca il messaggio del Vangelo che non è contro nessuno ma a favore di tutti nel senso che può aiutare ciascuno a capirsi e a vivere in relazione con gli altri. Non senza resistenze. Attaccano Francesco per colpire il Concilio, secondo il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero. Dalla povertà messa al centro del pontificato all’interpretazione del primato petrino in termini di servizio, in nome del tradizionalismo settori cattolici conservatori avversano la Chiesa della misericordia e l’opera riformatrice di Jorge Mario Bergoglio. Parafrasando Chesterton, si comincia a combattere la Chiesa a difesa di una presunta tradizione e si finisce per boicottare anche la tradizione pur di combattere la Chiesa. Una dinamica già ricostruita da Aldo Maria Valli e Rodolfo Lorenzoni, a proposito della Fraternità sacerdotale San Pio X, nel libro La tradizione tradita (Paoline, 2009). Francesco ha parlato di terza guerra mondiale a pezzi e, per usare la stessa immagine, c’è un’offensiva a pezzi contro il Vaticano II che vede il papa come obiettivo diretto e il Concilio come vero bersaglio degli attacchi. Per Mogavero i nemici di Francesco sono i nemici del Concilio. Le critiche che gli vengono mosse sono sostanzialmente le stesse rivolte a Giovanni XXIII che come lui ebbe il coraggio e la lungimiranza di volere una Chiesa profetica, in grado di leggere i segni dei tempi.

 Le radici dell’opzione per i poveri

La chiusura del Vaticano II offrì l’occasione a Paolo VI per un ispirato messaggio ai poveri: “O voi tutti che sentite più gravemente il peso della croce, voi che siete poveri e abbandonati, voi che piangete, voi che siete perseguitati per la giustizia, voi di cui si tace, voi sconosciuti del dolore, riprendete coraggio: voi siete i preferiti del regno di Dio, il regno della speranza, della felicità e della vita, siete i fratelli del Cristo sofferente e con lui, se lo volete, voi salvate il mondo”, scrive papa Montini. “Sappiate che non siete soli, né separati, né abbandonati, né inutili: siete i chiamati da Cristo, la sua immagine vivente e trasparente. Nel suo nome, il Concilio vi saluta con amore, vi ringrazia, vi assicura l’amicizia e l’assistenza della Chiesa e vi benedice”. Pochi giorni prima di questo accorato appello, il 16 novembre 1965, 42 vescovi firmarono nella Catacombe di Santa Domitilla, a Roma, il cosiddetto “Patto delle catacombe”, per sancire l’impegno di realizzare una Chiesa povera per i poveri. Mezzo secolo dopo, il ricordo del Patto delle catacombe rivive e diventa attuale, soprattutto nell’atmosfera che Francesco sta indicando a tutta la Chiesa. Monsignor Erwin, vescovo in Amazzonia, ha offerto la sua collaborazione all’enciclica di Francesco, Laudato si’. Anche oggi la Chiesa, stimolata da Francesco, si rivolge alle sofferenze e alle difficoltà della società, guardando, come il Papa ha più volte esortato, alle periferie del mondo.

Nelle periferie esistenziali e geografiche

Francesco ha detto che la Chiesa ha bisogno di andare nelle periferie. Kräutler vive in Amazzonia e il papa, nella sua enciclica Laudato si’, ha parlato dell’Amazzonia e anche degli indigeni. Per il presule missionario è una vittoria della Chiesa, una vittoria del popolo dell’Amazzonia, una vittoria dei vescovi dell’Amazzonia e della Chiesa in Amazzonia. Come ha ricostruito il teologo domenicano Alain Durand per Aggiornamenti Sociali nel novembre 2012 l’espressione “scelta prioritaria” (o “opzione preferenziale”) per i poveri è stata integrata nella dottrina sociale della Chiesa da Giovanni Paolo II. “Essa proviene dall’America Latina, in primo luogo dalla corrente della teologia della liberazione, ma anche dalle riflessioni sviluppate dai vescovi in due dei periodici incontri della Celam (conferenza episcopale dell’America Latina e dei Caraibi)”, spiega padre Durand. Nella Conferenza di Medellín (1968) è stata indicata una distribuzione degli sforzi e del personale apostolico che dia preferenza effettiva ai settori più poveri e bisognosi, poi a Puebla (1979) l’espressione «opzione preferenziale per i poveri» fu direttamente utilizzata e di là essa si estenderà alla Chiesa intera. Precedentemente, subito prima dell’apertura del Vaticano II, nel radiomessaggio dell’11 settembre 1962, Giovanni XXIII aveva affermato: “La Chiesa si presenta quale è e vuole essere, come la Chiesa di tutti, e particolarmente la Chiesa dei poveri”. Scelta prioritaria per i poveri il Concilio fa riferimento alla povertà nella costituzione pastorale Gaudium et Spes (3, 69, 88). Di scelta prioritaria per i poveri si era iniziato a riflettere in un continente profondamente segnato da una presenza massiccia dei poveri, ma soprattutto dall’emergere della loro coscienza sulla scena continentale.

Movimenti popolari

Era l’epoca in cui imperversavano in America Latina numerose dittature che ricorrevano a metodi repressivi nei confronti dei movimenti popolari e in cui si installavano imprese multinazionali dal comportamento predatorio. Gli Stati Uniti esercitavano forti pressione sul Sud America. Il celebre rapporto Rockefeller (1969) e i successivi due documenti di Santa Fe esortavano l’amministrazione nordamericana a lottare contro la Teologia della liberazione, giudicata nefasta. “A un certo numero di teologi e di pastori non appariva più possibile pensare la fede cristiana senza articolarla con una pratica sociale e politica che favorisse la liberazione dei poveri”, puntualizza padre Durand. “Erano condotti a rileggere la Bibbia a partire dalla situazione dei poveri, pratica divenuta abituale nelle comunità ecclesiali di base. A poco a poco si costruì un discorso teologico che assegnava ai poveri un posto centrale nella comprensione della fede e orientava verso la costruzione di una “Chiesa dei poveri” e a un cambiamento delle strutture sociali oppressive». La teologia della liberazione trasformò la scelta preferenziale per i poveri nell’asse centrale della propria riflessione, ma da Roma arrivarono alcune correzioni sotto forma di due documenti della Congregazione per la dottrina della fede, allora presieduta dal cardinale Joseph Ratzinger. Il primo (Istruzione LN 1984) è di impianto fortemente critico, il secondo (Istruzione LC 1986) è più costruttivo. Uno dei rimproveri principali mossi alla teologia della liberazione, e quindi anche alla sua concezione della scelta preferenziale per i poveri, è il riferimento al marxismo. In contrasto con i teologi della liberazione, il primo documento respinge ogni posizione secondo cui sarebbe possibile utilizzare gli strumenti concettuali del marxismo senza accettarne l’ideologia generale e l’ateismo. L’altro rimprovero principale è di ridurre la fede cristiana a una prospettiva di liberazione temporale, sociale e politica. Sarà proprio il primo papa della storia proveniente dall’America Latina a chiarire che avere cura di chi è povero non è comunismo, è Vangelo.