Caso Cucchi, la Cassazione annulla l’assoluzione dei medici: “Stefano si poteva salvare”

Sono state annullate le assoluzioni per i cinque medici dell’Ospedale “Sandro Pertini”, precedentemente indagati per omicidio colposo in relazione alla morte di Stefano Cucchi. Dopo la requisitoria del procuratore generale Antonio Mura, che chiedeva l’accoglienza del ricorso della Procura, la Corte Suprema, dopo tre ore di Camera di Consiglio, ha stabilito che il proscioglimento nei confronti dei camici bianchi sia da considerarsi annullato. Previsto, dunque, un nuovo processo in appello (il terzo qualora si svolgesse, dopo la condanna in primo grado e due assoluzioni nei successivi appelli) anche se il reato cadrà in prescrizione tra poche ore.

La requisitoria

Continua il percorso per la ricerca della verità sul sulla morte del geometra trentenne, avvenuta nell’ospedale romano il 22 ottobre 2009. Dopo le iniziali assoluzioni, la cosiddetta “inchiesta-bis” si era conclusa con le prime accuse addossate ai carabinieri che, nella notte del suo fermo, dapprima lo condussero nella stazione “Appia” e, successivamente, lo sottoposero, come specificato dai pm, a un “violento pestaggio” che ne avrebbe provocato la morte. Pochi giorni fa, l’udienza preliminare dei cinque carabinieri coinvolti, durante la quale è previsto il parere del gup del Tribunale di Roma sulla richiesta di rinvio a giudizio, è stata rinviata al prossimo 5 maggio. Nel frattempo, però, si è svolta la requisitoria del sostituto generale della Cassazione, Antonio Mura, il quale ha rimesso in discussione le assoluzioni a carico dei medici scaturite dall’appello-bis, sostenendo che “se avessero letto congiuntamente tutti i dati disponibili delle analisi di Stefano Cucchi, avrebbero potuto chiamare un nutrizionista e apprestare le cure necessarie”.

Assoluzioni da annullare

La richiesta, dunque, è stata di annullare le precedenti assoluzioni nei confronti dei cinque medici per aver “eluso il mandato della Cassazione” e “non aver disposto una nuova perizia”. Secondo quanto affermato dal procuratore, a distanza di “7 anni, 5 mesi e 28 giorni dalla morte di Stefano Cucchi siamo alla vigilia della prescrizione”, riferendosi al reato di omicidio colposo a loro inizialmente attribuito, prima del suo decadimento in appello. Durante la sua requisitoria, il pg è tornato sulla questione, ribadendo come “si tratta di un reato al momento non prescritto e così lo affronto chiedendo l’annullamento delle assoluzioni e salvando gli aspetti risarcitori”.

Caso Cucchi, “nessuna resa cognitiva”

In sostanza, secondo il pg Mura, la morte di Stefano Cucchi poteva essere evitata. E, al di là di quanto stabilito infine nel processo d’appello dalla Corte d’Assise, il giudizio “ha sovrapposto indebitamente il suo giudizio, non scientifico, a quello del collegio di periti costituito da luminari che hanno affermato che Stefano Cucchi poteva essere salvato, o il suo decesso ritardato, se le terapie adeguate fossero iniziate il 19 ottobre”. Il verdetto, emesso il 18 luglio del 2016, presenta “molti aspetti critici” che una nuova perizia, “tuttavia non disposta”, avrebbe potuto risolvere. “Non ci può essere resa cognitiva – ha precisato il pg – senza aver percorso tutte le strade per cercare la verità”. Un cammino che, in questo caso, coincide con l’accertamento “del nesso causale tra la morte di Cucchi e la non somministrazione di adeguate cure”.