Blitz dei caschi bianchi in un centro massaggi cinese “a luci rosse”: arrestata la proprietaria

Un luogo di sfruttamento e schiavitù mascherato da innocuo centro benessere orientale, nel quale le “massaggiatrici” venivano costrette dalla dispotica proprietaria a offrire prestazioni sessuali a pagamento ai clienti che le richiedevano, per poi versare il ricavato alla stessa “mamasan” e restare in attesa di ricevere un compenso da fame. Questo il terribile giro scoperto dagli agenti della Polizia locale di Roma Capitale i quali, al termine di un anno di indagine, hanno emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti della 44enne cittadina cinese che gestiva il centro, situato in via Domenico Millelire, in zona San Pietro. Le indagini sulle attività illegali messe in atto dietro la facciata del centro benessere, sono scattate circa 11 mesi fa, nell’aprile del 2016, quando alcuni agenti, fingendosi clienti, hanno installato nelle stanze del locale ricetrasmittenti e piccole videocamere, grazie alle quali è stato possibile, per i caschi bianchi, riprendere e documentare cosa accadeva in quegli ambienti di prostituzione forzata.

Giovani schiave

Decisamente inquietanti i particolari emersi dopo il blitz delle Forze dell’ordine: secondo quanto riportato, infatti, la proprietaria del centro costringeva sotto ricatto le dipendenti a fornire prestazioni hot ai clienti dell’attività, minacciando di lasciarle senza paga qualora si fossero rifiutate o avessero posto obiezioni. Peraltro, all’interno dei vani del wellness center, le ragazze erano costrette a viverci oltre che a lavorarci per la miseria di 5 euro al giorno. Le giovani “massaggiatrici” venivano letteralmente istruite dalla maitresse a evitare eventuali controlli, ricevendo istruzioni a diffidare dei clienti restii ad accettare trattamenti particolari e a riconoscere così i cosiddetti “pescatori” (appellativo cinese riferito agli agenti di polizia).

L’inganno del centro relax

Attualmente, l’ex gestrice del centro è stata posta agli arresti domiciliari. Qualora si arrivasse a una condanna, si tratterebbe del settimo caso di una sfruttatrice scovata e successivamente incriminata dai vigili urbani del Gruppo di Sicurezza emergenziale. Negli ultimi due anni, le indagini dei caschi bianchi hanno permesso di smascherare diversi giri di prostituzione forzata spesso, come in questo caso, celati dietro l’apparentemente innocente facciata di attività destinate al benessere e alla pratica di massaggi in stile orientale.