Un murales per omaggiare il Papa ecologista

Un murales ambientalista ispirato all’enciclica “verde” Laudato si'. Ad essere raffigurato è un “eco-Bergoglio” che ripulisce il cielo dall'inquinamento. Lo street artist MauPal (Mauro Pallotta) ha deciso di omaggiare in questo modo papa Francesco in visita ad Albano Laziale. L’opera occupa l’intera facciata di un edificio della Curia di fronte alla cattedrale di San Pancrazio. Il dipinto, visibile anche dalla adiacente piazza Pia dove si è svolta la messa del Papa, è presentato al Papa dal sindaco Nicola Marini. “Per la realizzazione del murale, di circa 7 metri per 5, sono stati usati 12 chili di vernice al quarzo bianca, nera, blu, rossa e gialla, mentre le spese per la sua realizzazione sono state coperte dai commercianti della città e dal comune che ha fornito le autorizzazioni e il camion con il cestello mobile.

Lo stile del pontificato

Ciò che del pontificato di Francesco un artista effigia creativamente, gli studiosi inquadrano dal punto di vista teorico. Monsignor Manlio Sodi, docente all’Università Pontificia Salesiana nella facoltà di Teologia di cui è stato decano-preside e direttore di “Rivista Liturgica” e della rivista Path della “Pontificia Academia Theologica” . Francesco, sottolinea il teologo, sta guidando e percorrendo la via della Chiesa, ma “con una sensibilità del Sud del mondo ed è quello che ci voleva”. Il Concilio Vaticano II come stella polare del pontificato, quello di Bergoglio, per il quale la modalità dell’attuazione di un itinerario caratterizza in modo decisivo lo stile di una fedeltà. L’essenziale è offrire un volto di Chiesa secondo le attese e le aspettative di questo nostro tempo. Francesco, infatti, sa parlare alla gente. Quel programma sulla predicazione e l’omelia che ha sottolineato nell’Evangelii Gaudium va preso molto sul serio. Secondo Sodi, prima di Francesco la predicazione tra i tanti aspetti positivi ha lasciato un segno di pesantezza, e soprattutto all’insegna di un linguaggio che forse toccava la mente, ma non incideva nel cuore e raramente nella vita. In coerenza con quanto auspicava il Concilio circa la liturgia, è proprio a partire da un’omelia ben fatta che si condensa e si recupera l’essenziale di tutta la celebrazione. Una celebrazione semplice ma bella, senza eccessivi orpelli che rendono il culto staccato dalla vita di ogni giorno.

Il Vangelo della misericordia

In questa linea, la predicazione di Francesco aiuta a mettere in diretto contatto il mistero con la vita attraverso la celebrazione. Dire che la misericordia è l’attuazione del Concilio, di fatto può apparire limitante. La misericordia è come ilfil rouge che unisce ogni intervento ecclesiale: da quelli che appaiono strettamente teologici a quelli di più immediata attuazione pastorale, la declinazione della misericordia è costante. La pietà popolare è propedeutica all’esperienza sacramentale. Aver riscoperto il valore e il linguaggio dei sacramenti è stato il segreto per far comprendere e vivere in prima persona la misericordia. Permane ora la sfida della sua declinazione nei tanti contesti della vita a livello personale e sociale, in una parola a livello mondiale. Il Giubileo della Misericordia non rimarrà senza frutto. È vero che oggi si parla tanto di nuova evangelizzazione, ma se si guarda alla storia e alla vita delle Chiese, sono tante le forme nuove di evangelizzazione che sono state attivate, soprattutto nel secondo millennio. Sia prima che dopo le grandi scoperte geografiche, il centro della vita delle Chiese è sempre stata l’evangelizzazione, con tutti gli adattamenti del caso. In un simile contesto è mancata solo la liturgia, che a motivo dei suoi linguaggi non riusciva ad essere, come lo è oggi, il primo e più costante luogo di evangelizzazione.

Le forme di predicazione

Timidi tentativi di adattamento, a giudizio di Sodi, hanno cercato in qualche modo di supplire, ma il vero completamento è stato offerto dalle numerose forme di predicazione che ancora oggi rilanciano qualche interessante lezione di attualità. Una lezione che passa anche dagli stili di vita perché la forma è contenuto. Nel novembre 2015, Francesco aveva attaccato i privilegi delle gerarchie ecclesiastiche: “Siamo chiamati a servire non a servirci della Chiesa, Gesù è nato senzatetto: casa, terra e lavoro sono un diritto, i poveri sono creati dalla cupidigia e dall’egoismo, non si può parlare di povertà e vivere da faraone”.

La vera tradizione

Nel segno della sobrietà e dell’opzione preferenziale per i poveri raccomandate agli uomini di Chiesa dal Concilio Vaticano II e dal pontificato della misericordia di Jorge Mario Bergoglio, nel pontificato di Francesco la forma diventa contenuto. Al cardinale Raffaele Farina, storico ed esegeta, Benedetto XVI raccontò che quando era prefetto dell’ex Sant’Uffizio chiese più di una volta a Giovanni Paolo II di essere nominato bibliotecario e per un periodo fu anche convinto che quello sarebbe stato il suo futuro incarico, ma le cose andarono diversamente. Un solido conservatore, apprezzato anche da Francesco per l’onestà e la competenza. Secondo Farina, “riscoprire le ricchezze della tradizione nel corso dei secoli fa crescere la Chiesa, un po’ come nella storia della nostra vita personale: ciò che abbiamo fatto di bene non viene cancellato”. E, sostiene, “così è anche per la Chiesa, rinnovamento è anche guardare indietro alla Chiesa antica come modello di riforma, alla Chiesa come Corpo di Cristo senza macchia e senza rughe, conservare comporta anche un arricchimento”.