Sangue in Sri Lanka, l'ultima strage di cristiani

Sembra assurdo e antistorico pensarlo, ma le violenze contro i cristiani non si sono mai fermate. Dall'epoca dell'impero romano fino ai giorni nostri, per l'esattezza Pasqua 2019, dei seguaci di Gesù sono stati versati fiumi e fiumi di sangue. L'ultima atrocità, quella avvenuta in Sri Lanka alle 8.45 locali, si sta rivelando una mattanza con pochissimi precedenti: secondo le ultime stime, i morti sono almeno 290 e i feriti oltre 450. Gli investigatori del Paese stanno lavorando senza sosta per cominciare a delineare compiutamente il quadro degli attacchi.

I numeri dei cristiani perseguitati nel mondo

Le ultime rilevazioni dicono che un cristiano su 7 vive in Paesi dove sono presenti sentimenti e atti persecutori nei suoi confronti. Gli oppressi nel globo, statistiche alla mano, sono quasi 300 milioni. Dati che vengono confermati dallo sterminato elenco di stragi degli ultimi anni. Violenze che nella maggior parte dei casi vengono perpetrate durante le principali festività cattoliche, come la Pasqua o il Natale. Quindi in periodi ben precisi, perché i terroristi mirano sempre ad uccidere il maggior numero possibile di persone per dare più eco al loro gesto. Secondo il rapporto di World Watch List, la Corea del Nord è lo Stato che si accanisce nel modo più duro ed estremo: tra 50 e 70mila cristiani sono detenuti nei campi di lavoro dal regime. Seguono l'Afghanistan, la Somalia e la Libia. Lo Sri Lanka è in 46esima posizione. Ma la strage di oggi, una delle più sanguinose degli ultimi anni, cambierà senza dubbio questa amara “classifica”.

Il penultimo episodio in Nigeria

E' il 5 febbraio 2019 quando nel villaggio di Shuwa, la formazione terroristica di Boko Haram attacca il seminario di Maiduguri. Il numero delle vittime non è mai stato accertato con sicurezza. Pochi giorni prima l'orrore aveva travolto le Filippine: 27 le persone decedute nell'evento delittuoso avvenuto nella chiesa, edificata sull'isola di Jolo. La celebrazione della Messa viene sconquassata da due bombe che esplodono di fronte l'edificio. Occorre sottolineare che questa strage è avvenuta a meno di una settimana dal referendum che ha sancito la creazione di una provincia autonoma, a maggioranza musulmana nel sud del Paese. In Sudamerica, invece, è stato il Brasile a pagare dazio. Nella cattedrale di Campinas un uomo armato, in seguito alla Messa delle 12.15, ha sparato ai fedeli che stavano pregando. Un'azione rapida e decisa che ha fatto perdere la vita a quattro persone. L'attentore non è stato mai catturato, dato che quando sono intervenute le forze dell'ordine si era già ucciso.

Il precedente nel Sudest asiatico

Nel maggio 2018 in Indonesia, almeno 13 persone sono morte e altre 41 sono rimaste ferite in tre diversi attacchi kamikaze in altrettante chiese nella città di Surabaya. Gli attentati suicidi sono stati rivendicati dall'Isis. Che per l'occasione aveva cooptato un'intera famiglia. E tra questa adolescenti, bambini e una donna velata che si è fatta saltare in aria con i suoi figli. Agghiacciante. 

Le altre stragi di Pasqua

Era la domenica delle Palme, per la precisione il 9 aprile 2017. Due criminali si fanno esplodere quasi simultaneamente in due chiese copte, tra Alessandria e Tanta. Molti i morti e i feriti, non meno di 47 le vittime. Ad Alessandria stava celebrando il patriarca copto Teodoro II, che per pura fortuna si è salvato. Anche in questo caso è stato l'Isis a rivendicare l'attentato. Pasqua di sangue anche in Pakistan. Nel parco divertimenti della città di Lahore, nel nord del Paese, un kamikaze si è fatto esplodere vicino ad una giostra. Circa 70 i morti, tra loro 30 bambini. Un capitolo a parte lo merita il martoriato Yemen. In questo caso sono le suore di Madre Teresa ad essere trucidate da un commando armato che ha attaccato la casa di riposo da loro gestita ad Aden. Oltre alle sorelle sono state uccise 12 persone.

Le vittime africane

Non solo luoghi di culto ma anche strutture laiche. E' il caso dell'Università di Garissa. Qui il gruppo Al Shabaab stermina 148 studenti cristiani. I ragazzi per salvarsi avevano una sola possibilità: recitare i versi del Corano per dimostrare di appartenere alla confessione “giusta”. Una discriminante che fa raggelare il sangue. Era il giovedì santo del 2015. Ci sono molti modi per morire, però, la decapitazione fa sempre un certo effetto, soprattutto a livello mediatico. Come è successo nel febbraio 2015 in Libia, quando i militanti dello Stato islamico hanno decapitato 21 egiziani cristiani copti. E per rimarcare a livello globale l'insano gesto hanno divulgato sui social media il video dell'efferatezza compiuta. Titolo: “Un messaggio firmato con il sangue alla Nazione della Croce”.

Per chi segue la fede in Cristo non conta il luogo in cui vive. Perché sarà sempre pericoloso, il violento è dietro l'angolo. Forse l'unica spiegazione possibile per queste atrocità ce l'ha data il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti. “Il martirio e la persecuzione dei cristiani continuano, perché appartengono a Cristo e perché con la loro vita sanno andare controcorrente”.