Presto la Chiesa introdurrà i “peccati ecologici”?

Presto potrebbe essere inserito nel codice di diritto canonico un ottavo peccato: il peccato ecologico. È quanto sembrerebbe emergere dai lavori del Sinodo per l'Amazzonia, oltre ad essere stato richiesto proprio da alcuni vescovi. Aveva menzionato la questione mons. Dom Adriano Ciocca Vasino, vescovo prelato di São Félix, in Brasile, che rispondendo alle domande dei giornalisti, durante il briefing del 12 ottobre in sala stampa vaticana, faceva notare che “tutta l’ecclesiologia andrebbe ripensata integrando il concetto di ecologia integrale”, specificando che questo peccato “potrebbe essere il punto di partenza per lo studio, la riflessione e il cambiamento di mentalità”. 

Una lettura teologica

Alla base di questa proposta, ci sarebbero l'individualismo e l'indifferenza che rendono “l'uomo uno spettatore” passivo della distruzione del Creato da lui stesso condotta. I partecipanti al Sinodo concordano che la conversione ecologica non possa avvenire senza una presa di consapevolezza delle proprie responsabilità nei confronti dell'ambiente. Per questo, alcuni di loro ritengono sia necessaria una lettura teologica più approfondita sull'argomento: secondo quanto emerso dalle relazioni dei dodici Circoli minori, presentata oggi in sala stampa vaticana, il Circolo Portoghese B ha presentato la proposta di “includere nella teologia morale il rispetto per la Casa comune e la revisione dei peccati ecologici nei manuali e rituali relativi al sacramento della penitenza“. “L'ecologia integrale è un obiettivo di conversione ecologica” ha spiegato mons. Mário Antônio da Silva, vescovo di Roraima, in Brasile ai giornalisti presenti al briefing giornaliero. “Tutto ciò che ci porta ad un uso necessario, responsabile e sensato dei beni del creato non è peccaminoso ma virtuoso – ha aggiunto -, mentre tutto ciò che ci porta ad un guadagno esorbitante, esagerato, non solo puzza ma contiene nel suo dna il peccato, il male, l'ingiustizia“.

Papa Francesco e l'insegnamento di Benedetto XVI

Nel 2016, Papa Francesco aveva già menzionato il peccato ecologico spiegando che “un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio”. Il suo pensiero di ricollega a quello del suo predecessore, Papa Benedetto XVI, che aveva conferito all'ecologia un vero scopo teologico, senza dimenticare un invito ad applicare una pastorale concreta della preoccupazione per la terra, che è la “casa di tutti”. Nell'Esortazione Apostolica Postsinodale Sacramentum Caritatis, così scriveva il Pontefice: “La terra non è una realtà neutrale, una semplice questione da utilizzare indifferentemente secondo l'istinto umano. È posta al centro del buon piano di Dio, mediante il quale siamo tutti chiamati ad essere figli e figlie nell'unico Figlio di Dio, Gesù Cristo […]. Nel rapporto tra Eucaristia e cosmo, infatti, scopriamo l'unità del proposito di Dio e siamo portati a cogliere il profondo rapporto tra creazione e “nuova creazione”, inaugurato nella risurrezione di Cristo, nuovo Adamo”. Un anno dopo, nel 2008, era stato lo stesso Pontefice ad utilizzare il termine “casa comune” nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace: “Dobbiamo prenderci cura dell'ambiente: è stato affidato all'uomo mantenerlo e proteggerlo in una libertà responsabile, tenendo sempre in considerazione, come criterio di apprezzamento, il bene di tutti […]. È fondamentale 'pensare' alla terra come 'la nostra casa comune' e, affinché sia ​​al servizio di tutti, optare, quando si tratta di gestirla, per il percorso del dialogo piuttosto che per quello delle scelte unilaterali”.

Lo spirito ecologico e l'umanismo di Recalcati

Il messaggio espresso dai padri sinodali non è quello di stilare una lista di peccati, quanto piuttosto di attuare un radicale cambiamento di atteggiamento nel solco di quello spirito ecologico integrale già espresso da Papa Francesco nell'enciclica Laudato si'. “Il peccato ha una dimensione unitaria, che poi assume tante sfaccettature” ha sottolineato al briefing in sala stampa vaticana mons. Rino Fisichella, presidente del Pontifcio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Il prelato ha sottolineato come tutti i peccati, anche quelli “ecologici” nascono da una chiusura dell'uomo, il quale, in preda all'individualismo, “si richiude davanti a Dio”. Si quel carattere predatore dell'uomo nei confronti del pianeta, come suggerisce in un mirabile articolo pubblicato oggi su Repubblica lo psicoanalista Massimo Recalcati: “Questa spinta predatoria non germina dall'umanismo, ma dall' antropocentrismo – spiega Recalcati -. Alla luce della visione del mondo antropocentrica la vita è una terra di conquista […]. È la furia narcisistica che anima l'illusione antropocentrica […]. La spinta a farsi padrone del mondo rende l'uomo servo dei suoi stessi strumenti di dominio. Basti citare il carattere idolatrico del denaro che non definisce più uno strumento che serve la vita, ma un vero e proprio idolo – l' idolo degli idoli -, al quale la vita è religiosamente asservita”.