Papa: “Trafficanti criminali sfruttano i migranti”

Accogliere cristiani di un’altra tradizione significa in primo luogo mostrare l’amore di Dio nei loro confronti, perché sono figli di Dio, e inoltre significa accogliere ciò che Dio ha compiuto nella loro vita- afferma Francesco-. L’ospitalità ecumenica richiede la disponibilità ad ascoltare gli altri cristiani, prestando attenzione alle loro storie personali di fede e alla storia della loro comunità. L’ospitalità ecumenica comporta il desiderio di conoscere l’esperienza che altri cristiani fanno di Dio e l’attesa di ricevere i doni spirituali che ne derivano”. Quindi Il Pontefice esorta ad essere “ospitali con i migranti e ad amarli come farebbe Dio“.

Un dono che ripaga

All'udienza generale di questa mattina nell’Aula Paolo VI il Pontefice ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nel discorso in lingua italiana il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani “Ci trattarono con gentilezza”. Il Papa, inoltre, ha lanciato l'appello alla preghiera per la pace e il dialogo in occasione del capodanno lunare che si celebra il 25 gennaio.  Un saluto, un augurio e l’invito a pregare per i doni della pace, del dialogo e della solidarietà. Il Papa, al termine dell’udienza generale, si è rivolto a “molti milioni di uomini e donne” che il 25 gennaio, in Estremo Oriente, celebreranno il capodanno lunare. Nel  cuore di Francesco, riferisce Vatican news, le famiglie perché siano luoghi di rispetto, di educazione e armonia con il creato: “Invio a loro il mio saluto cordiale, augurando in particolare alle famiglie di essere luoghi di educazione alle virtù dell’accoglienza, della saggezza, del rispetto per ogni persona e dell’armonia con il creato. Invito tutti a pregare anche per la pace, per il dialogo e per la solidarietà tra le nazioni: doni quanto mai necessari al mondo di oggi“.

Virtù ecumenica

“L’ospitalità è un’importante virtù ecumenica. Anzitutto significa riconoscere che gli altri cristiani sono veramente nostri fratelli e nostre sorelle in Cristo- sostiene Jorge Mario Bergoglio-. Non è un atto di generosità a senso unico, perché quando ospitiamo altri cristiani li accogliamo come un dono che ci viene fatto. Come i maltesi siamo ripagati, perché riceviamo ciò che lo Spirito Santo ha seminato in questi nostri fratelli e sorelle, e questo diventa un dono anche per noi”. 

Povertà e pericoli

“Oggi, il mare sul quale fecero naufragio Paolo e i suoi compagni è ancora una volta un luogo pericoloso per la vita di altri naviganti. In tutto il mondo uomini e donne migranti affrontano viaggi rischiosi per sfuggire alla violenza, alla guerra, alla povertà- afferma Jorge Mario Bergoglio-. Come Paolo e i suoi compagni sperimentano l’indifferenza, l’ostilità del deserto, dei fiumi, dei mari. Ma, purtroppo, a volte incontrano anche l’ostilità ben peggiore degli uomini. Sono sfruttati da trafficanti criminali; sono trattati come numeri e come una minaccia da alcuni governanti; a volte l’inospitalità li rigetta come un’onda verso la povertà o i pericoli da cui sono fuggiti”. Come cristiani, aggiunge Francesco, “dobbiamo lavorare insieme per mostrare ai migranti l’amore di Dio rivelato da Gesù Cristo: possiamo e dobbiamo testimoniare che non ci sono soltanto l’ostilità e l’indifferenza, ma che ogni persona è preziosa per Dio e amata da Lui”.

La vita più vulnerabile

“Le divisioni che ancora esistono tra di noi ci impediscono di essere pienamente il segno dell’amore di Dio per il mondo, che è la nostra vocazione e missione– evidenzia Francesco-. Lavorare insieme per vivere l’ospitalità, in particolare verso coloro la cui vita è più vulnerabile, ci renderà esseri umani migliori, discepoli migliori e un popolo cristiano più unito. Ci avvicinerà ulteriormente all’unità, che è la volontà di Dio per noi”. E aggiunge:”La catechesi di oggi è intonata alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il tema di quest’anno, che è quello dell’ospitalità, è stato sviluppato dalle comunità di Malta e Gozo, a partire dal passo degli Atti degli Apostoli che narra dell’ospitalità riservata dagli abitanti di Malta a San Paolo e ai suoi compagni di viaggio, naufragati insieme con lui. Proprio a questo episodio mi riferivo nella catechesi di due settimane fa”.

L'esperienza traumatica del naufragio

Il Pontefice approfonisce nella sua riflessione l’esperienza drammatica del naufragio. “La nave su cui viaggia Paolo è in balia degli elementi– sottolinea Francesco-.Da quattordici giorni sono in mare, alla deriva, e poiché né il sole né le stelle sono visibili, i viaggiatori si sentono disorientati, persi. Sotto di loro il mare s’infrange violento contro la nave ed essi temono che quella si spezzi sotto la forza delle onde“. E, prosegue il Pontefice, “dall’alto sono sferzati dal vento e dalla pioggia: la forza del mare e della tempesta è terribilmente potente e indifferente al destino dei naviganti: più di 260 persone”.  Ma, puntualizza il Papa, “Paolo sa che non è così: la fede gli dice che la sua vita è nelle mani di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, e che ha chiamato lui, Paolo, per portare il Vangelo sino ai confini della terra”.

L'ispirazione della fede

“La fede dice a Paolo anche che Dio, secondo quanto Gesù ha rivelato, è Padre amorevole. Perciò Paolo si rivolge ai compagni di viaggio e, ispirato dalla fede, annuncia loro che Dio non permetterà che un capello del loro capo vada perduto“, afferma il Pontefice. Questa profezia, precisa il Papa, “si avvera quando la nave si arena sulla costa di Malta e tutti i passeggeri raggiungono sani e salvi la terra ferma: lì sperimentano qualcosa di nuovo, in contrasto con la brutale violenza del mare in tempesta, ricevono la testimonianza della “rara umanità” degli abitanti dell’isola”. Questa gente, per loro straniera, “si mostra attenta ai loro bisogni. Accendono un fuoco perché si riscaldino, offrono loro riparo dalla pioggia e del cibo”. Quindi, chiarisce il Pontefice, “anche se non hanno ancora ricevuto la Buona Novella di Cristo, manifestano l’amore di Dio in atti concreti di gentilezza. Infatti, l’ospitalità spontanea e i gesti premurosi comunicano qualcosa dell’amore di Dio”. E, analizza il Papa, “l’ospitalità degli isolani maltesi è ripagata dai miracoli di guarigione che Dio opera attraverso Paolo sull’isola, quindi, se la gente di Malta fu un segno della Provvidenza di Dio per l’Apostolo, anche lui fu testimone dell’amore misericordioso di Dio per loro“.