Paolo VI, il “Papa della modernità”

Quando il 6 agosto del 1978 il Papa Paolo VI esalò il suo ultimo respiro, lasciando vacante il Seggio di Pietro dopo ben 15 anni di pontificato, probabilmente nessuno avrebbe mai immaginato, in quel momento, che quell'anno sarebbe stato segnato dalla successione di ben tre Pontefici. E non solo per il lungo regno di Papa Montini ma anche per quella che era la giovane età del suo successore, il Patriarca di Venezia Albino Luciani che, con il nome di Giovanni Paolo I, rese onore al suo predecessore e anche a colui che aveva iniziato il rinnovamento della Chiesa cattolica con l'apertura del Concilio Vaticano II, Giovanni XXIII. Il breve pontificato di Papa Luciani non impedì a lui e a colui che lo seguì, il santo Giovanni Paolo II, di continuare e rendere compiuta l'opera iniziata a cavallo fra gli anni 60 e 70 del secolo da Paolo VI, il “Papa della modernità”, come lo ha definito Papa Francesco durante l'Angelus domenicale.

Fra due decenni

Nato quando il nuovo secolo stava per cominciare (a Concesio, nel 1897), Paolo VI incarnò alla perfezione i tratti di quello che sarebbe stato l'uomo del Novecento. Di grande e vastissima cultura, da parroco a cardinale con la stessa vocazione pastorale, Giovanni Maria Montini prese la guida della Chiesa in un periodo estremamente complicato per l'Italia ma anche di profondo rinnovamento per la Chiesa, appena entrata nel più grande Concilio ecumenico dal 1563 (anno di chiusura del Concilio di Trento). Il suo pontificato, come disse Papa Francesco il giorno della sua beatificazione il 19 ottobre 2014, iniziava quando la società dell'epoca si stava delineando come “secolarizzata e ostile”, richiedendo una guida austera ma vicina alla gente che di quei cambiamenti viveva le paure e le incertezze. Per questo il Santo Padre si trovò a guidare “talvolta in solitudine” ma con “saggezza lungimirante” la Chiesa e i suoi fedeli, resistendo ai venti della storia e ai cambiamenti sociali portati dal '68 prima e dagli Anni di piombo poi, barcamenandosi fra la necessità di offrire ai giovani di quegli anni il messaggio della fede e far fronte i contrasti interni fra le correnti moderniste e conservatrici che la chiusura del Vaticano II (1965) non aveva ancora del tutto arginato.

L'eredità

Particolarmente importante, nel corso del suo Pontificato, la pubblicazione dell'enciclica Humanae Vitae, nella quale il Santo Padre affrontava il delicato tema della contraccezione e degli altri mezzi di regolamentazione della natalità, ripercorrendo quanto affermato già da uno dei suoi predecessori, Papa Pio XI, nell'enciclica Casti connubii del 1930, provocando comunque reazioni contrastanti all'interno del mondo ecclesiale. Uno dei momenti più complessi, come ammetterà lui stesso, del suo periodo trascorso sul soglio di Pietro, per il resto segnato dal continuo confronto con le mutazioni dell'Italia a cavallo fra due decenni decisamente intensi sul piano politico e sociale, culminati con la dolorosa ferita del rapimento e dell'uccisione del presidente della Dc, Aldo Moro, per il quale Paolo VI s'impegnò senza successo per la sua liberazione. Quando dalla residenza di Castelgandolfo arrivò la notizia del decesso del Pontefice, avvenuta “in silenzio”, senza nessuna piazza in veglia, per la Chiesa si stava preparando una rivoluzione che avrebbe visto le sue radici proprio nel doppio pontificato di Papa Roncalli e Papa Montini e infarcita dai postumi del Vaticano II. La morte improvvisa del suo successore, Giovanni Paolo I, aprirà la strada al primo Papa straniero dopo 400 anni di storia e a una stagione di novità e cambiamento nel volto della Chiesa.