Mosul, la lenta rinascita delle chiese

Forse i giorni più duri dell'invasione jihadista sono finiti, ma Mosul non è più la stessa città che, prima dell'offensiva dell'Isis, era la seconda città per importanza dell'Iraq. Trentacinquemila cristiani vivevano lì nei primi anni del nuovo millennio: ce n'erano 15 mila nel 2014, quando i miliziani del Califfato presero possesso della città, appena poche decine ce ne sono ora, a due anni dalla liberazione. Faticano a rientrare i cristiani, in una Mosul dove, al momento, continua a regnare l'incertezza portata da anni di sofferenza, trascorsi prima nella stretta della morsa jihadista e, più tardi, nella difficile situazione portata inevitabilmente dalla controffensiva governativa per la rivendicazione della città. C'è poca forza per guardare al futuro, laddove la realtà quotidiana parla di strade disastrate, case e scuole diroccate, chiese ancora in pessime condizioni. E un solo sacerdote a esercirtare il suo ministero su questo frammento di suolo iracheno.

Il piano per le Chiese

E' stato proprio padre Amanuel Adel Kloo, unico prete di Mosul, a tracciare ad Aid to the Church in need il drammatico affresco della città, spiegando che “i cristiani sono pochissimi perché hanno ancora troppa paura”, chiusi fra i timori legati al ricordo dell'invasione e dell'esodo, oltre che alle incertezze per un futuro che, oggi come oggi, continua a essere troppo nebuloso. Non che questo vada ad arrestare il processo di rinascita della città che, per tornare a vivere, sembra aver scelto di puntare proprio da quel nucleo cristiano che, fino a qualche anno fa, rappresentava parte del suo cuore pulsante: come riportato da Agenzia Fides, è stato predisposto un piano coordinato dall'Ufficio per le dotazioni di cristiani, yazidi, sabei e mandei, il quale prevede il ripristino (o il restauro) delle chiese cristiane devastate dai miliziani del sedicente Stato islamico. Un'operazione importante, sia da un punto di vista logistico che economico, che riceverà però un'importante aiuto da enti internazionali (come l'Unesco, che si occuperà dei restauri della Chiesa latina) e altre istituzioni come il Departement of Heritage and Civilization dell'Università della Pennsylvania (al quale saranno affidati i lavori alla Cattedrale siro ortodossa di Sant'Efrem e del monastero caldeo di San Giorgio). Un programma di interventi che, come prima mossa, riguarderà la messa in sicurezza degli edifici religiosi e la relativa recinzione, al fine di evitare che tali luoghi divengano preda di ulteriore degrado urbano.

La spinta verso il futuro passerà quindi dal ripristino di un passato che il folle odio fondamentalista aveva tentato di cancellare: poi ci sarà solo da ricostruire, stavolta quel tessuto sociale lacerato da anni di sofferenza.