Mons. Pizzaballa: “Vi spiego chi erano i Magi”

Cinquantatré anni, nato a Cologno al Serio, comune bergamasco di oltre 10mila anime, monsignor Pierbattista Pizzaballa è amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme dal 2016.  In passato, il francescano lombardo è stato il 167esimo Custode di Terra Santa e Guardiano del Monte Sion. La sua esperienza nei luoghi dove si verificarono i principali fatti dell'Antico e del Nuovo Testamento è iniziata nell'ormai lontano 1990. A Gerusalemme arrivò appena due settimane dopo essere divenuto sacerdote, consacrato dal grande Cardinale Giacomo Biffi. Nella città santa delle tre religioni monoteiste sbarcò dopo aver conseguito un baccalaureato in Teologia, ma senza conoscere bene nè l'ebraico nè l'arabo. Un ostacolo superato dopo poco grazie agli studi e all'impegno quotidiano. Nel corso degli anni a Gerusalemme, il religioso di Cologno al Serio ha dapprima conseguito la licenza in Teologia Biblica allo Studium Biblicum Franciscanum, successivamente è divenuto professore di ebraico biblico alla Facoltà Francescana di Scienze Bibliche e Archeologiche. A monsignor Pizzaballa si deve la traduzione del messale romano in lingua ebraica utilizzata dalle comunità cattoliche in Israele. Guardiano del convento dei Santi Simeone e Anna dal 2001, il francescano lombardo è stato nominato nel 2004 Custode di Terra Santa da San Giovanni Paolo II, incarico che ha svolto per dodici anni – una durata record – dimostrandosi uomo di pace in un contesto delicato, segnato dalla non facile convivenza tra diverse confessioni cristiane. Nel giugno del 2016 Papa Francesco lo ha voluto come Amministratore Apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme. Monsignor Pizzaballa è stato così consacrato Arcivescovo nel Duomo di Bergamo il 10 settembre 2016 con l'imposizione delle mani del Cardinal Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Da allora, il francescano di Cologno al Serio è l'apprezzato amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, ascoltata guida delle comunità cattoliche del luogo. Nella giornata in cui la Chiesa celebra l'Epifania del Signore, solennità legata al racconto evangelico della venuta dei Magi dall'Oriente a Betlemme, In Terris ha voluto intervistare proprio l'ex Custode di Terra Santa, esimio biblista e teologo, per cercare di chiarire ai lettori cosa rappresentano questi tre personaggi, figure centrali della festività odierna. 

Eccellenza, dopo essere nato povero tra i poveri, Cristo riceve l'omaggio dei Magi, dotti e sapienti di quel tempo. Potremmo dire che la loro vicenda ci dimostra come il messaggio cristiano si rivolga a tutta l'umanità, nessuno escluso?
“Certo. I magi, stranieri che vengono da lontano, oltre che sapienti, sono proprio figure simboliche che rappresentano tutti i popoli della terra, tutte le culture. Non per niente la Chiesa cattolica li ha scelti per celebrare il giorno dell’Epifania, che significa appunto 'Manifestazione': è la festa in cui noi celebriamo la 'manifestazione' di Gesù, vero Dio che si fa Bambino come uno di noi e si mostra a tutti gli uomini, a tutti i popoli, a tutte le culture del mondo”.

Possiamo considerarli un simbolo del nesso inscindibile che esiste tra fede e ragione?
“Possiamo anche considerarli come i portatori di questa profonda verità, secondo la quale l’essere umano nel suo modo di rapportarsi con la realtà che lo circonda, anche quella più semplice e quotidiana, per orientarsi in modo corretto si deve servire sia delle fede che della ragione. Occorre ricordare infatti che la fede, l’atto cioè con il quale noi 'crediamo' che qualcosa sia vero, attendibile, degno di fiducia, non riguarda solo il nostro rapporto con Dio e con tutto ciò che non possiamo vedere o toccare, ma è essa stessa un modo che noi usiamo, forse senza esserne sempre del tutto consapevoli, per conoscere quello che ci circonda. Faccio un esempio un po’ banale, ma che forse può rendere l’idea. Se io aspetto alla fermata dell’autobus il numero 50 che mi porterà a casa, significa che ho avuto fede in qualcuno che mi ha detto che quell’autobus si ferma vicino a casa mia, o che ho letto il cartello che indica la fermata, usando la ragione che mi aiuta a comprendere quello che leggo e ad usare le informazioni che ne traggo, e ho avuto fede in quello che ho letto … I Magi hanno fatto così … hanno visto la stella, e agito di conseguenza, usando la fede e le conoscenze che avevano appreso attraverso la ragione”.

Perchè la stella scompare a Gerusalemme? E perchè, poi, una volta lasciata la capitale, riappare e li conduce a Betlemme?
“Be’, non saprei indicare un motivo preciso … penso ce ne sia più d’uno. Forse perché la stella funzionava un po’ come un … navigatore, che non sempre riesce ad indicare i posti più lontani e sperduti e che a volte non sono segnati sulle mappe? In ogni caso per l’evangelista era importante farci vedere la reazione del Re Erode di fronte ad una simile notizia, e le domande dei Magi in poche righe gli permettono di darci un panorama abbastanza completo della situazione”.

Cosa distingue i Magi – che non conoscono la strada ma sono determinati a percorrerla – dai dottori della Legge consultati da Erode che, al contrario, sanno la strada ma non la percorrono?
“Direi proprio che ci permettono bene di vedere la differenza tra chi usa in modo onesto e coerente gli strumenti della fede e della ragione e mette in pratica quello che gli indicano, come fanno i Magi, e chi invece resta schiavo dei propri sentimenti che lo paralizzano, come i dottori della legge consultati da Erode, che forse hanno troppa paura del Re per affidarsi con coerenza a quello che dicono le Scritture”.

Perché portano oro, mirra ed incenso ad una famiglia povera che avrebbe avuto bisogno di beni primari?
“Questi doni, così come del resto tutto il racconto dei Magi, hanno un significato profondamente simbolico, e in quanto tale, non tutti li interpretano allo stesso modo. Di solito si attribuisce all’oro il significato della regalità di Gesù, all’incenso quello della sua divinità e alla mirra, che era usata per il culto dei morti, quello dell’umanità di Gesù che morirà per noi sulla croce”.

Possiamo leggere l'esempio dei Magi come un'esortazione ad uscire dalla pigrizia e dalla mediocrità per concretizzare l'incontro con Dio?
“Certo, mi sembra un bel modo per interpretare questo racconto simbolico, che ci permette di capire come la conoscenza non serva tanto ad accumulare nozioni, per quanto complesse e interessanti possano essere (come le conoscenze astronomiche ed astrologiche dei Magi), ma alla coerenza della vita e a farci divenire capaci della vera umiltà che sa riconoscere i propri limiti, ed ha quindi occhi per vedere la grandezza di un Dio che si fa piccolo come un bambino, e per inginocchiarsi davanti ad un Amore così grande, come fanno i Magi”.