Monito ai sindacati: “Guardatevi dalla corruzione”

Guardatevi dal cancro sociale della corruzione”. Lo ha scritto Papa Francesco rivolto ai movimenti sindacali nella lettera che ha inviato ai partecipanti alla conferenza internazionale “Dalla Populorum progressio alla Laudato si’”, organizzata dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale presso l’Aula Nuova del Sinodo. In particolare, il Pontefice ha messo in guardia i sindacati da tre tentazioni: “La prima, quella dell’individualismo collettivista, cioè proteggere solo gli interessi di quanti rappresentate, ignorando il resto dei poveri, emarginati ed esclusi dal sistema. Occorre investire in una solidarietà che vada oltre le muraglie della vostre associazioni, che protegga i diritti dei lavoratori, ma soprattutto di quelli i cui diritti non sono neppure riconosciuti”. Poi è necessario “guardarvi dal cancro sociale della corruzione. Come, in certe occasioni, 'la politica è responsabile del proprio discredito a causa della corruzione' così lo stesso accade con i sindacati. E’ terribile la corruzione di quelli che si dicono 'sindacalisti', che si mettono d’accordo con gli imprenditori e non si interessano dei lavoratori lasciando migliaia di colleghi senza lavoro; questa è una piaga che mina le relazioni e distrugge tante vite e tante famiglie. Non lasciate che gli interessi illeciti rovinino la vostra missione, così necessaria nel tempo in cui viviamo. (…) Non lasciatevi corrompere!”. Infine, il Papa chiede di “non dimenticarvi del vostro ruolo di educare coscienze alla solidarietà, al rispetto e alla cura. La consapevolezza della crisi del lavoro e dell’ecologia esige di tradursi in nuovi stili di vita e politiche pubbliche. Per dar vita a tali stili di vita e leggi, abbiamo bisogno che istituzioni come le vostre coltivino virtù sociali che favoriscano il fiorire di una nuova solidarietà globale, che ci permetta di sfuggire all’individualismo e al consumismo, e che ci motivino a mettere in discussione i miti di un progresso materiale indefinito e di un mercato senza regole giuste”.

Il Papa ha ricordato anche che “il lavoro non può essere considerato come una merce né un mero strumento nella catena produttiva di beni e servizi, ma, essendo basilare per lo sviluppo, ha la priorità rispetto a qualunque altro fattore di produzione, compreso il capitale. Di qui l’imperativo etico di 'difendere i posti di lavoro', di crearne di nuovi in proporzione all’aumento della redditività economica, come pure è necessario garantire la dignità del lavoro stesso. Tuttavia, come osservò Paolo VI, non bisogna esagerare la “mistica” del lavoro. La persona 'non è solo lavoro'; ci sono altre necessità umane che dobbiamo coltivare e considerare, come la famiglia, gli amici e il riposo. E’ importante, dunque, ricordare che qualunque lavoro dev’essere al servizio della persona, e non la persona al servizio di esso, e ciò implica che dobbiamo mettere in discussione le strutture che danneggiano o sfruttano le persone, le famiglie, le società e la nostra madre terra”. 

Serve, secondo il Pontefice, una “risposta integrale” che i lavoratori possono contribuire a dare con il “legame tra le tre T: terra, tetto e lavoro (trabajo). Non vogliamo un sistema di sviluppo economico che aumenti la gente disoccupata, né senza tetto, né senza terra”. Il “criterio di giustizia per eccellenza è la destinazione universale dei beni”, ha aggiunto il Papa, che non ha perso l'occasione per richiamare a un rispetto dell'ambiente: “E’ ineludibile uno spostamento dall’industria energetica attuale a una più rinnovabile per proteggere la nostra madre terra. Ma è ingiusto che questo spostamento sia pagato con il lavoro e con la casa dei più bisognosi”. Francesco ha quindi fatto riferimento a “un secondo gioco di tre T: questa volta tra lavoro, tempo e tecnologia. Nel contesto attuale, conosciuto come la quarta rivoluzione industriale, caratterizzato da questa “rapidazione” e dalla sofisticata tecnologia digitale, dalla robotica e dall’intelligenza artificiale, il mondo ha bisogno di voci come la vostra. Sono i lavoratori che, nel loro lottare per la giornata lavorativa giusta, hanno imparato ad affrontare una mentalità utilitaristica, di corto raggio e manipolatrice. Per questa mentalità, non importa se c’è degrado sociale e ambientale; non importa che cosa si usa e che cosa si scarta; non importa se c’è lavoro forzato di bambini o se si inquina il fiume di una città. Importa solo il guadagno immediato. Tutto si giustifica in funzione del dio denaro (…) Vi prego di affrontare questa difficile tematica e di mostrarci, secondo la vostra missione profetica e creativa, che è possibile una cultura dell’incontro e della cura”.