Missionari consapevoli

Per papa Francesco la Chiesa o è missionaria o non è.  “Il tema del Mese Missionario Straordinario Ottobre 2019 è “Battezzati ed inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo – spiega l’arcivescovo Giampietro Dal Toso, presidente delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) a Radio Vaticana Italia -. La missione va intesa come proposta di fede che Dio fa all'uomo”.

La proposta di Dio all’uomo

Secondo il segretario aggiunto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli “il Concilio sottolinea che Dio parla agli uomini come a degli amici perché vuole che l’uomo, che in ogni tempo e in ogni luogo ha sempre cercato Dio, possa conoscerlo direttamente e entrare in comunione con Lui”. Inoltre,“parlare oggi di battezzati e inviati significa che ogni battezzato nel suo piccolo può essere missionario, può essere strumento della proposta che Dio vuole fare all’uomo, attraverso la sua testimonianza personale, attraverso la sua preghiera e anche attraverso la sua offerta”. L’iniziativa è stata promossa da papa Francesco per “risvegliare maggiormente la consapevolezza della Missio ad gentes e di riprendere con nuovo slancio la trasformazione missionaria della vita e della pastorale”.  

Il mese della missione universale

Un indirizzo confermato nel 1980 da Giovanni Paolo II il quale stabilì che “il mese di ottobre doveva essere considerato, in tutti i Paesi, come il mese della missione universale”, precisando che “la penultima domenica sia chiamata Giornata missionaria mondiale”. La novità di questo “ottobre straordinario” consiste nel fatto che Papa Francesco ha voluto celebrare il centenario della promulgazione della lettera apostolica ‘Maximum illud’, con la quale Benedetto XV volle dare nuovo slancio alla responsabilità missionaria di annunciare il Vangelo. Francesco, evidenzia Radio Vaticana Italia, ha anche espresso la necessità di attualizzare la ‘Maximum illud’ per “superare la tentazione ricorrente che si nasconde dietro a ogni introversione ecclesiale, a ogni chiusura autoreferenziale nei propri confini sicuri, a ogni forma di pessimismo pastorale, ad ogni sterile nostalgia del passato, per aprirci invece alla novità gioiosa del Vangelo”.

L’ispirazione conciliare

Nel definire l’essenza della Chiesa e il suo mandato, il numero introduttivo della Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen Gentium, la definisce in poche e dense parole, quando afferma che essa “è in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”, sottolinea monsignor Nunzio Galantino, presidente dell’Apsa, l’amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, ed ex Segretario generale della Cei nella presentazione del saggio Il Concilio di Papa Francesco. La Chiesa, che non potrebbe sussistere se non nella comunione con Cristo, suo Signore e sposo, scaturisce dal disegno e dall’opera della Trinità, come i numeri seguenti si affrettano a mostrare, e dell’unità di Dio deve essere il riflesso e il segno visibile. “Ora, tale unità, come avviene nella stessa vita trinitaria, si realizza nell’amore – osserva il vescovo -. Della misericordia divina, quindi, la Chiesa deve essere l’annunciatrice e prima ancora la trasparente ricettrice, essa che è stata generata dall’effusione pasquale dello Spirito, che è l’amore stesso di Dio”.

L'unica vocazione della Chiesa

L’amore è dunque la prima, e in fondo l’unica, vocazione della Chiesa, come Gesù stesso ha insegnato proclamando il comandamento della carità. Solo attraverso l’amore, infatti, essa può realizzare il suo compito di essere strumento di unità per il genere umano. “Come sempre, il ripensare all’altissima vocazione che abbiamo ricevuto in Cristo ci sbalordisce, e ci richiama all’urgente necessità di vivere la carità in ogni momento, facendo di essa il motivo propulsore di ogni iniziativa ecclesiale, e il parametro di verifica di ogni attività pastorale- puntualizza monsignor Galantino -. È questa consapevolezza che ha spinto Francesco a indire un Anno Santo straordinario, e a caratterizzarlo, per straordinaria intuizione, con un tema specifico, a differenza dei precedenti. Questo Giubileo ci ricorda allora la misericordia di Dio, grazie alla quale possiamo vivere con speranza, ci spinge a verificare se viviamo o meno noi stessi secondo misericordia, e ci porta a ripensare a tutto il vivere ecclesiale, in modo che divenga uno specchio, quanto più possibile terso, capace di riflettere l’amore ricevuto”. Ecco che “l’iniziativa di Francesco, tutt’altro che estemporanea, si colloca nella linea del Concilio e ne incentiva l’accoglienza e l’attualizzazione”.

La riscoperta della centralità dell’amore

Solo una Chiesa che pone al centro la misericordia può essere veramente se stessa, e riscoprendo la centralità dell’amore potrà vivere secondo lo spirito indicatole dal Concilio e farsi vera promotrice di unità. “Tale unità, essa deve realizzarla anzitutto al suo interno, per poterla testimoniare credibilmente e diffondere nella società e tra i popoli- precisa Galantino-. Di questo era ben consapevole Giovanni XXIII il quale, anche grazie al suo trascorso di diplomatico, ha sollecitato e accresciuto la sensibilità ecumenica, riflessa nella Unitatis Redintegratio, oltre al desiderio di incontro e dialogo con le religioni non cristiane, espresso nella Nostra Aetate. Ora, in linea con i suoi predecessori, e anzi accentuando tale desiderio di comunione e di incontro, nel tentativo di creare unità e fraternità, Francesco compie gesti significativi e fecondi, come lo storico incontro con il patriarca russo Kirill, oltre ai numerosi incontri con i rappresentanti di altre religioni”. L’impegno per la pace come via al Vangelo, dunque.

Un debito di servizio

Quella sognata da Francesco è “una Chiesa aperta, che esce da se stessa, si china sui poveri, si spalanca al mondo e all’umanità, sentendosene parte e sapendo di condividere la sua sorte e di avere contratto, in Cristo, un debito di servizio nei suoi confronti”. Secondo il presule “anche tale vivo e pressante afflato, che emerge da ogni parola e ogni gesto del papa, ci riporta al Concilio, e in particolare alla Gaudium et Spes, che costantemente sollecita la Chiesa ad aprirsi al mondo; non per perdere la sua identità, ma appunto per trovarla, in quanto essa esiste per la missione”. E la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo “non è altra cosa rispetto a quella dogmatica sulla Chiesa; ne è invece la naturale prosecuzione e il compimento: essa indica alla Chiesa la via della solidarietà con il genere umano, al fine di adempiere al mandato di Cristo”. La carità, che “deve animare la Chiesa al suo interno e la rende sacramento di salvezza, la deve spingere anche verso l’esterno, in modo da trasmettere ciò che ha ricevuto e la costituisce, e assicurandone l’unità negli intenti e nella prassi”.

Motivo di forza e autorevolezza

Come è stato notato e scritto da molti osservatori, la misericordia, quale punto focale del ministero di Francesco, costituisce anche il criterio ispiratore della sua concezione geopolitica, che lo porta a ispirare a questa regola suprema della vita cristiana anche il linguaggio della politica e della diplomazia. “La misericordia non cancella le esigenze della giustizia, bensì le presuppone e le compie e, qualora una giustizia piena non sia possibile a causa di antiche ingiustizie ormai consumatesi, si apre alla richiesta di perdono, come abbiamo sentito nel discorso rivolto al popolo del Chiapas, durante il viaggio apostolico in Messico- avverte il vescovo-.Quella costruita da Francesco, nei suoi viaggi, nei suoi incontri e nell’attività diplomatica della sua Chiesa, è una politica aperta, estranea a compromessi o ad alleanze di comodo, laica ma coinvolta, libera e rivolta ai poveri e a ogni situazione di bisogno e di sofferenza, estranea al giudizio e capace di sostenere e accompagnare con volto di madre”. E tale modalità, “lungi dal rappresentare una debolezza, si trasforma al contrario in motivo di forza e di autorevolezza, come si è reso evidente nel gesto umile e decisivo dell’indizione di un giorno di digiuno e preghiera per scongiurare la guerra in Siria, o nella mediazione del papa nei rapporti tra Usa e Cuba, risultata determinante per riconoscimento dei loro stessi capi di Stato”. Quindi “l’opera della Chiesa diventa efficace, ci ricorda Francesco in ogni parola e in ogni gesto, non quando essa difende le sue posizioni, ma quando è libera e povera, ancorandosi alla vera ricchezza, che le viene da Dio“.