La voce di Francesco per l'Ucraina

Le speranze di pace per l'Ucraina passano dal Vaticano. tre giorni fa all'Angelus il forte appello del Papa per l’Ucraina orientale, ancora teatro del conflitto tra forze filorusse ed esercito di Kiev. Francesco spera nel buon esito del vertice di pace in corso a Parigi. “Le speranze di pace per l’Ucraina orientale espresse dal Papa all’Angelus domenicale sono ampiamente condivise e ci si aspetta molto dal Vertice di Parigi al quale partecipano il Presidente francese Emmanuel Macron, la cancelliera tedesca Angela Merkel e i capi di Stato di Russia e Ucraina, Vladimir Putin e Volodimyr Zelensky- riferisce Vatican News-.Molte le questioni che pesano su questo incontro di Parigi: la fine del conflitto tra forze separatiste filorusse ed esercito di Kiev, che, iniziato nel 2014, è proseguito sino ad oggi a bassa intensità, causando comunque già 14 mila morti, poi la questione delle sanzioni europee alla Russia, scattate proprio per il ruolo avuto da Mosca nella crisi e per l’indizione del referendum che ha posto la penisola di Crimea de facto sotto amministrazione russa”.

Questione energetica

In ballo la gestione energetica: dall’Ucraina passano i gasdotti che dalla Russia arrivano in Europa. “Un accordo che rischia di non soddisfare entrambe le parti, dunque, potrebbe ritorcersi proprio sull’Europa, che sta cercando in tutti i modi di mediare, ma rimane fortemente dipendente dal punto di vista energetico dall’est del continente“, evidenzia Vatican News che sul tema ha intervistato Nicolò Sartori, analista dell’Istituto Affari Internazionali. “Il fatto che ci si sieda ad un tavolo di negoziazione è già positivo ma con l’andare del tempo la crisi tra Russia e Ucraina si è andata complicando- spiega Sartori-. La Russia non ha ancora chiarito quale ruolo abbia nelle operazioni belliche che continuano nel Donbass, mentre Kiev, mal sopporta l’ipotesi di una nuova rinuncia alla propria sovranità e preme perché la popolazione si esprima in un referendum su quale dei due Paesi scegliere”. Ottimismo è stato espresso dall’Alto Rappresentante dell'Unione Europea per gli Affari Esteri, Josep Borrell: “Speriamo che ci siano progressi. Negli ultimi giorni ci sono stati passi avanti positivi: sul terreno, ad esempio, c’è stato un evidente disimpegno delle truppe e degli armamenti. Pensiamo di poter continuare a lavorare per avanzare verso una soluzione pacifica e sostenibile del conflitto in Ucraina”. A Vatican News l'arcivescovo Claudio Gugerotti ha commentato con parole di ringraziamento la preghiera di Papa Francesco al termine dell'Angelus per il buon esito dell’incontro tra i leader di Ucraina, Russia, Francia e Germania in corso a  Parigi. Nelle sue parole, la situazione della popolazione e le speranze che il dialogo si trasformi in volontà reale di pace. La situazione in Ucraina è ancora molto difficile, la popolazione soffre la povertà e desidera la pace.

Nuova povertà creata dal conflitto 

Le visite compiute sul territorio dal nunzio apostolico monsignor Claudio Gugerotti dicono questo: “Andiamo avanti col dialogo e apriamo tutte le porte possibili, perchè le volontà si trasformino in azione”. E aggiunge il nunzio, “la percezione che abbiamo avuto in questi anni, e continuiamo ad avere,  è un’estrema vicinanza di Papa Francesco all’Ucraina. Naturalmente, attraverso quei mezzi che sono propri del suo pontificato e della sua carica: il grande contributo economico per i poveri creati dalla guerra e questi appelli frequenti a sfruttare bene le occasioni di pace”. Quindi si tratta di “un gesto inserito in una catena d’oro di questo magistero del Papa che fa molto bene al cuore degli ucraini che molto spesso si sentono soli, un po’ abbandonati, un po’ messi nell’angolo. E questo ricordo costante al mondo da parte della voce del Papa è certamente per loro una grande consolazione”. Secondo l'ambasciatore della Santa Sede a Kiev, “alcuni passi sono stati fatti negli ultimi tempi e sono passi coraggiosi di volontà di pace, perché lo spazio del dialogo si trova quando si vuole: se si parla di dialogo ma si pensa a chiudere porte e finestre, evidentemente il dialogo è soltanto una scusa”. Se invece si fanno dei passi e i passi aprono una strada, allora “diventa una volontà e naturalmente, questo dipende da tutte le parti, quindi bisogno che questa volontà di pace sia condivisa, e in questo caso anche accompagnata da alcune importanti potenze europee”.

Margini di trattativa

Lo spazio c’è. Nello stesso tempo, però, “evidentemente in Ucraina in qualche settore si manifesta paura che ci possa essere un cedimento, che ci possano essere dei segni di debolezza: io non avrei paura di queste cose, perché sono certo che nessuno degli ucraini tradirà l’Ucraina. Credo che tutti gli spazi possibili vadano aperti”. Naturalmente, “tutto questo avviene solo se siamo aperti a una volontà superiore che ci guida e a un ideale che si fonda sulla bontà misericordiosa di Dio: per questo il Papa invita costantemente alla preghiera, che è l’arma più forte che noi abbiamo, per il dialogo“.  Aggiunge il nunzio:”Il periodo dell’attesa del Natale è uno dei più fecondi, perché i cuori si aprono alla speranza, anche dell’impossibile. E lì si infiltra il desiderio che finisca, una volta per tutte, questa catastrofe che colpisce il cuore ucraino in maniera molto forte. Io mi reco spesso anche nelle zone occupate e devo dire che da una parte e dall’altra la sofferenza è estremamente forte, nelle persone semplici. Tutti sentono che il Papa è la voce di un’autorità morale che si preoccupa solo del bene e non ha secondi fini”. Questa mattina, prima dell’udienza generale, Francesco ha ricevuto in udienza, all'Altare della Cattedra della Basilica Vaticana, i partecipanti al pellegrinaggio dell’Eparchia di Mukachevo di rito bizantino (Ucraina) in occasione del 30° anniversario dell’uscita dell’Eparchia di Mukachevo dalla clandestinità. “Cari fratelli Vescovi, cari sacerdoti, religiosi e religiose, cari fratelli e sorelle siete venuti a Roma per festeggiare insieme con il Successore di Pietro il 30° anniversario dell’uscita dell’Eparchia di Mukachevo dalla clandestinità- sostiene papa Francesco-.Sono lieto di accogliervi alla Tomba di San Pietro, e assieme a voi desidero ringraziare il Signore infinitamente buono che con la sua mano potente ha liberato la vostra Chiesa dalla lunga oppressione del regime sovietico”.

Guidare il popolo di Dio

La Chiesa di Mukachevo è “madre di tanti martiri, che con il proprio sangue hanno confermato la fedeltà a Cristo, alla Chiesa Cattolica e al Vescovo di Roma”. In particolare, “facciamo memoria del Beato Vescovo Martire Teodor Romža, che nei momenti più bui della vostra storia ha saputo guidare il popolo di Dio con sapienza evangelica e coraggio instancabile, secondo l’esempio di Cristo Buon Pastore, fino a dare la propria vita per le pecore”. Il Pontefice ha voluto anche “ricordare i vostri antenati, nonni e nonne, padri e madri, che nell’intimità delle loro case, e spesso sotto la sorveglianza del regime ostile, rischiando la propria libertà e la vita hanno trasmesso l’insegnamento della verità di Cristo e hanno offerto alle generazioni future, di cui voi siete rappresentanti, un’eloquente testimonianza di fede salda, viva e cattolica“. Prosegue il Papa: “Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio di cuore per la vostra fedeltà a Gesù Cristo e invito ognuno di voi, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta”. E “non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore”. In questa solenne circostanza “prego il Signore affinché protegga l’Eparchia di Mukachevo dalle insidie del male e le doni ogni prosperità. In prossimità delle Feste Natalizie, affidando i vostri Pastori e tutti voi, cari fedeli, alla protezione della Beata Vergine di Mukachevo, vi auguro un Santo Natale: che il Figlio di Dio possa nascere nei vostri cuori! Portate i miei cordiali saluti a tutti i vostri cari, soprattutto ai bambini e alle persone ammalate e sofferenti. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Dio vi benedica tutti!”.

“Ancora un poco e mi convinci a farmi cristiano”

L’udienza generale di questa mattina si è svolta oggi nell’Aula Paolo VI dove Francesco ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Il Papa, continuando il ciclo di catechesi sugli Atti degli Apostoli, ha incentrato la sua meditazione sul tema: “Ancora un poco e mi convinci a farmi cristiano” che descrive Paolo prigioniero davanti al re Agrippa. Jorge Mario Bergoglio ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti. L’Udienza Generale si conclude con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica. “Continua il viaggio del Vangelo nel mondo narrato dal libro degli Atti degli Apostoli, e la testimonianza di San Paolo è sempre più segnata dal sigillo della sofferenza- spiega il Pontefice-.Paolo non è solo l’evangelizzatore pieno di ardore, il missionario intrepido tra i pagani che dà vita a nuove comunità cristiane, ma è anche il testimone sofferente del Risorto. L’arrivo dell’Apostolo a Gerusalemme, descritto al capitolo 21 degli Atti degli Apostoli , scatena un odio feroce nei suoi confronti. Come fu per Gesù, anche per lui Gerusalemme è la città ostile”. Recatosi nel tempio, viene riconosciuto, condotto fuori per essere linciato e salvato in extremis dai soldati romani. “Accusato di insegnare contro la Legge e il tempio, viene arrestato e inizia la sua peregrinazione di carcerato, prima davanti al sinedrio, poi davanti al procuratore romano a Cesarea, e infine davanti al re Agrippa- sottolinea il Pontefice-. Luca evidenzia la somiglianza tra Paolo e Gesù, entrambi odiati dagli  avversari, accusati pubblicamente e riconosciuti innocenti dalle autorità imperiali; e così Paolo è associato alla passione del suo Maestro, e la sua passione diventa un Vangelo vivo. Paolo è chiamato a difendersi dalle accuse, e alla fine, alla presenza del re Agrippa II, la sua apologia si muta in efficace testimonianza di fede”. Anche quando parla di sé, Paolo annuncia e manifesta il suo Signore.

Il senso autentico della missione

“Il vero missionario non è centrato su di sé, ma è tutto rivolto al Signore, che è il centro di tutto, specialmente del suo cuore- puntualizza Francesco-.Nel discorso al re, Paolo sottolinea anche il suo intimo legame con Israele: con i farisei egli condivide la speranza della risurrezione, e come cristiano annuncia che essa si è compiuta in Cristo”. Poi Paolo racconta la propria conversione: Cristo Risorto lo ha reso cristiano e gli ha affidato la missione tra le genti, “perché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ottengano il perdono dei peccati e l’eredità, in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede in Cristo. Paolo ha obbedito a questo incarico e non ha fatto altro che mostrare come i profeti e Mosè hanno preannunciato ciò che egli ora annuncia: che “il Cristo avrebbe dovuto soffrire e che, primo tra i risorti da morte, avrebbe annunciato la luce al popolo e alle genti”. La testimonianza appassionata di Paolo tocca il cuore del re Agrippa, a cui manca solo il passo decisivo: “Ancora un poco e mi convinci a farmi cristiano!”. Paolo viene dichiarato innocente, ma non può essere rilasciato perché si è appellato a Cesare. Continua così il viaggio inarrestabile della Parola di Dio verso Roma. A partire da questo momento, il ritratto di Paolo è quello del prigioniero le cui catene sono il segno della sua fedeltà al Vangelo e della testimonianza resa al Risorto.

La prova umiliante delle catene

Paolo ha già sperimentato le catene a Filippi ed era ben consapevole che altre lo attendevano, come aveva confidato agli anziani di Efeso: “Lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni”. Le catene sono certo una prova umiliante per l’Apostolo, che appare agli occhi del mondo come un “malfattore”. Ma il suo amore per Cristo è così forte che anche queste catene sono lette con gli occhi della fede; fede che per Paolo non è “una teoria, un’opinione su Dio e sul mondo”, ma “l’impatto dell’amore di Dio sul suo cuore è amore per Gesù Cristo”. Quelle di Paolo sono catene “per il vangelo” che diventano un efficace strumento missionario: hanno l’effetto di incoraggiare i fratelli nel Signore ad “annunciare senza timore la Parola” e sono “generative”, al punto che Paolo può rivendicare la sua paternità spirituale su Onesimo affermando di averlo “generato nelle catene” Secondo Francesco, le catene possono trattenere il predicatore, ma non hanno alcun potere sulla Parola di Dio, che è sommamente libera e corre per trasformare la storia. “Paolo ci insegna la perseveranza nella prova e la capacità di leggere tutto con gli occhi della fede- precisa il Papa-. Chiediamo oggi al Signore, per intercessione dell’Apostolo, di ravvivare la nostra fede e di aiutarci ad essere fedeli fino in fondo alla nostra vocazione di discepoli missionari“.