La Santa Sede: “Nucleare sfida del nostro tempo”

La prospettiva dell'uscita degli Stati Uniti dal trattato Inf firmato nel 1987 da Gorbaciov e Reagan non deve piacere molto al Vaticano. Il nunzio apostolico monsignor Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha parlato ieri al Palazzo di Vetro in occasione della settantatreesima sessione dell’Assemblea generale Onu.

Sfida morale 

Esprimendosi sulla questione del disarmo nucleare nell'apposita Commissione, il presule ha detto: “Anche un limitato uso di armi nucleari ucciderebbe un numero incalcolabile di persone, causerebbe un enorme danno ambientale e carestia”. Monsignor Auza ha messo in evidenza come anche un “semplice errore meccanico, elettronico o umano” possa “sradicare intere città dalla mappa”. Non esistono, dunque, bombe intelligenti e la realtà mondiale in cui “oltre 14.000 armi nucleari sono detenute da una manciata di Paesi” costituisce “una delle più grandi sfide morali del nostro tempo”. Il Trattato di Non Proliferazione firmato nel 1968 ed entrato in vigore due anni dopo continua a non essere rispettato. Una situazione denunciata dal diplomatico vaticano nel corso del suo intervento: “Gli Stati nuclearizzati – ha osservato Auza –  “non hanno rispettato gli obblighi legali”. Nonostante i miglioramenti che sono stati fatti negli anni, non si può nascondere “la modernizzazione delle armi nucleari che alcuni Stati stanno intraprendendo”.

La Chiesa contro il nucleare

In conclusione del suo discorso, il nunzio apostolico ha ricordato come l'opposizione della Chiesa cattolica alle armi nucleari abbia radici profonde che risalgono già  al pontificato di Pio XII. Papa Pacelli aveva messo in guardia dai rischi che ne scaturiscono: “Ne potrebbe seguire – aveva detto riferendosi al nucleare – non solo nel luogo stesso, anche per l’intero nostro pianeta, una pericolosa catastrofe”. Lo stesso San Giovanni XXIII nella sua enciclica “Pacem In Terris” aveva auspicato la realizzazione di un disarmo integrale. Anche Papa Francesco, recentemente, ha ribadito questa contrarietà: “È un dato di fatto – aveva detto il Pontefice il 10 novembre 2017 – che la spirale della corsa agli armamenti non conosce sosta e che i costi di ammodernamento e sviluppo delle armi, non solo nucleari, rappresentano una considerevole voce di spesa per le nazioni, al punto da dover mettere in secondo piano le priorità reali dell'umanità sofferente: la lotta contro la povertà, la promozione della pace, la realizzazione di progetti educativi, ecologici e sanitari e lo sviluppo dei diritti umani“.