La finanza speculativa è inaccettabile

Non è legittimo, dal punto di vista etico, esporre a indebito rischio il credito derivante dalla società civile utilizzandolo per scopi prevalentemente speculativi. Un fenomeno inaccettabile sotto il profilo etico, non è il semplice guadagno ma l'avvalersi di un'asimmetria a proprio vantaggio per generare notevoli profitti a danno di altri; è lucrare sfruttando la propria posizione dominante con ingiusto svantaggio altrui o arricchirsi generando nocumento o turbative al benessere collettivo”. Lo denuncia il documento “Oeconomicae et pecuniariae quaestiones” della Congregazione per la Dottrina della Fede e del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Non solo: la politica appare sempre più impotente di fronte ai grandi agenti economici:  “E' sempre più facile scorgere come, di fronte al crescente e pervasivo potere di importanti agenti e grandi networks economico-finanziari, coloro che sarebbero deputati all'esercizio del potere politico, spesso disorientati e resi impotenti dalla sovranazionalità di quegli agenti e dalla volatilità dei capitali da questi gestiti, faticano nel rispondere alla loro originaria vocazione di servitori del bene comune, e accade anche che si trasformino in soggetti ancillari di interessi estranei a quel bene”.

Centri di potere

“Tutto ciò – denuncia il documento – rende quanto mai urgente una rinnovata alleanza, fra agenti economici e politici, nella promozione di ciò che serve al compiuto sviluppo di ciascuna persona umana e della società tutta, coniugando nel contempo le esigenze della solidarietà con quelle della sussidiarietà”. “Ogni attività economica non può sostenersi alla lunga se non è vissuta in un clima di sana libertà d'iniziativa. Oggi è altresì evidente che la libertà di cui godono gli attori economici, se intesa in modo assoluto e distolta dal suo intrinseco riferimento alla verità e al bene, tende però a generare centri di supremazia e a inclinare verso forme di oligarchia che alla fine nuocciono alla stessa efficienza del sistema economico”.

Occasione persa

“La recente crisi finanziaria – si legge ancora nel documento – poteva essere l'occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici e per una nuova regolamentazione dell'attività finanziaria, neutralizzandone gli aspetti predatori e speculativi e valorizzandone il servizio all'economia reale. Sebbene siano stati intrapresi molti sforzi positivi, a vari livelli, che vanno riconosciuti e apprezzati, non c'è stata però una reazione che abbia portato a ripensare quei criteri obsoleti che continuano a governare il mondo“. E ancora: “Pare talvolta ritornare in auge un egoismo miope e limitato al corto termine che, prescindendo dal bene comune, esclude dai suoi orizzonti la preoccupazione non solo di creare ma anche di diffondere ricchezza e di eliminare le disuguaglianze, oggi così pronunciate”.

Il credito non è usura

La funzione sociale del credito “è insostituibile” ma “applicare tassi d'interesse eccessivamente elevati, di fatto non sostenibili dai soggetti prenditori di fondi, rappresenta un'operazione non solo illegittima sotto il profilo etico ma anche disfunzionale alla sanità del sistema economico. Da sempre, simili pratiche, nonché comportamenti di fatto usurari, sono stati avvertiti dalla coscienza umana come iniqui e dal sistema economico come avversi al suo buon funzionamento”, denuncia il documento che sottolinea però come sia “assai positive” e “da favorire”, “realtà quali il credito cooperativo, il microcredito, così come il credito pubblico a servizio delle famiglie, delle imprese, delle comunità locali e il credito di aiuto ai Paesi in via di sviluppo”.

Monsignor Ladaria

“Lo scopo di queste 'Considerazioni' – ha detto il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Ladaria Ferrer, durante la presentazione – è affermare con chiarezza che, all’origine del diffondersi di pratiche finanziarie disoneste e predatorie, vi sono anzitutto una miopia antropologica ed una progressiva crisi dell’umano che ne sono conseguite. L’uomo, oggi, non sapendo più chi è, e cosa ci sta a fare al mondo, non sa più nemmeno come agire bene, finendo per rimanere in balìa delle sue convenienze del momento e degli interessi che dominano il mercato. L’utile del più forte ha preso sopravvento sul bene autentico ed è divenuto il vero fattore dominante i rapporti economico-sociali. In tal modo, il bene comune è sparito in molti ambienti dall’orizzonte del vivere, si è accresciuta la conflittualità delle relazioni e le disuguaglianze sono divenute più pronunciate. I soggetti economici più forti sono divenuti Superstars che si accaparrano ingenti quantità di risorse, che sono sempre meno distribuite e sempre più concentrate nelle mani di pochi. È incredibile anche solo il pensare che dieci persone possano detenere quasi la metà della ricchezza mondiale: oggi questo fatto è ormai una realtà!”. “Una certezza – ha concluso l'arcivescovo – soggiace al testo delle Considerazioni: 'il mercato, per funzionare bene, ha bisogno di presupposti antropologici ed etici che da solo non è in grado di darsi né di produrre'. Una solida visione antropologica, con le sue implicazioni etiche, non solo è necessaria ad una vita degna per l’uomo, ma aiuta anche l’efficienza dei mercati”.