La dignità culturale dell’ora di religione a scuola

Un calo contenuto in termini numerici degli studenti che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica a scuola ma ben lontano dal crollo ipotizzato qualche anno fa. Nella media nazionale di tutti gli ordini scolastici, da una percentuale del 93,5% registrata nel 1993-94 si è scesi nel 2015-16 all’87,8%. E’ quanto emerge dalla quarta indagine nazionale sull’insegnamento della religione cattolica in Italia, a trent’anni dalla revisione del Concordato. I risultati, raccolti nel volume “Una disciplina alla prova” curato da Sergio Cicatelli e Guglielmo Malizia, sono stati illustrati presso il Vicariato di Roma nel corso di un convegno. Ma non ci sono solo i numeri da analizzare. Occorre guardare un contesto più ampio. E quel che è emerso da un lato è il buon grado di soddisfazione mostrata sia dagli insegnanti che dagli studenti; dall’altro un giudizio sufficiente nel raggiungimento delle indicazioni ministeriali, ovvero quelli che in passato si chiamavano “programmi”. Perché deve essere ben chiaro che con la revisione del Concordato del 1984, l’insegnamento della religione cattolica è qualcosa di assolutamente diverso dal catechismo. Ne sono consapevoli circa il 99% dei ragazzi intervistati.

I docenti

E del resto, come ha evidenziato nel suo intervento il segretario della Cei mons. Nunzio Galantino, ormai i docenti hanno tutti almeno la laurea magistrale: “Non conta più il parroco o il vescovo – ha sottolineato – se non c’è il titolo necessario non si va da nessuna parte”. Del resto, il 96% dei docenti sono laici. Dunque l’insegnamento della religione ha tutti i crismi per essere equiparata pienamente alle altre discipline scolastiche. Eppure, non è ancora così. E soprattutto, non sono tutte luci quelle che si vedono nel rapporto.

Presa di coscienza

Ha senso dunque parlare ancora di tale insegnamento sul piano squisitamente culturale?
“Penso che abbia un senso anche più forte – ci ha risposto il segretario della Cei – proprio perché l’insegnamento della religione cattolica tende principalmente a fare questo, a farci prendere coscienza di tutti quegli elementi che sono caratteristici del nostro essere oggi popolo italiano: noi siamo arrivati ad essere questo anche grazie a ciò che la Chiesa, il Vangelo, la realtà ecclesiale ha fatto e vissuto, per cui in un contesto di multiculturalità avere chiari gli elementi identificativi della propria vita, della propria storia è ancora più importante”.
I dati che emergono però mettono in luce grosse carenze proprio sul piano storico e dottrinale da parte dei giovani. Va ripensato l’insegnamento della religione?
“Intanto vorrei far notare che le deficienze che si riscontrano nell’insegnamento della religione cattolica purtroppo riguardano anche altre materie, per cui il problema è prima di tutto della scuola – risponde mons. Galantino – Evidentemente lo sono dell’insegnamento della religione per quanto riguarda lo specifico aspetto religioso, storico-religioso e critico-religioso”.

Le sfide attuali

Nel suo intervento, il vescovo ha detto tra l’altro che giustamente il “titolo parla di Una disciplina alla prova e non, come avrebbe preferito qualche altro, di una “disciplina sotto processo”. E ha ricordato “le numerose sfide che l’insegnamento della religione ha dovuto affrontare” dal 1984: “Tra queste, ricordo la facoltatività e il confronto con una società multi-religiosa. Ma la domanda principale alla quale oggi tutti siamo chiamati a rispondere è questa: di quale “religione” hanno bisogno i giovani per vivere in maniera consapevole nella società attuale e in quella nella quale sin da subito, speriamo, vengono chiamati ad essere protagonisti e costruttori?”. Una domanda che è una sfida alla quale nessuno deve sottrarsi e che potrà trovare una risposta solo in un insegnamento capace di inserirsi e di stare nella scuola italiana adottandone lealmente regole e finalità”. Galantino ha ricordato anche che “se con il primo Concordato lo scopo dell’insegnamento religioso era la formazione cristiana degli alunni, oggi mira alla formazione umana degli studenti, una formazione che non può dirsi completa senza essersi interrogata sulla dimensione religiosa della persona”.

Luci e ombre

Dalla ricerca emergono altri elementi interessanti, come ha spiegato il curatore Cicatelli. Intanto il fatto che l’ora di religione non è l’ora dei cattolici, soprattutto nelle superiori dove solo il 75% degli studenti si dichiara cattolico, con percentuali tra il 15 e il 30% che affermano di non appartenere ad alcuna religione (tra il 2 e il 6 % sono di altre confessioni). Il sapere religioso degli studenti risulta di livello accettabile per quanto riguarda la storia biblica ma è carente o molto carente per quanto riguarda gli aspetti teologico-dottrinali (ad esempio il rapporto tra scienza e fede viene visto in termini alternativi e non complementari), la competenza linguistica (vocaboli come cattolico, ecumenismo o secolarizzazione sono facilmente confusi o ignorati) e ancora di più per le competenze storiche, davvero scarse.

Le prospettive

Interessante l’analisi conclusiva fatta da Giuseppe Mari, ordinario di pedagogia alla Cattolica di Milano. Dallo studio, infatti, risulta che “i quattordicenni dichiarano di avvalersi dell’insegnamento della religione perché cattolici. Eppure sappiamo che non frequentano le chiese, non sono praticanti. Viene da chiedersi sul piano dei contenuti cosa stiamo trasmettendo. I giovani non hanno le idee chiare su cosa significa essere cattolici. Dunque occorre confrontarsi sul piano strettamente culturale”. L’auspicio di Mari è di “assumere fino in fondo la sfida di connotare sempre di più l’insegnamento della religione come disciplina scolastica mentre ci sono ancora tante discriminazioni: di voto, di scheda, di valutazione finale. Occorre una presa di coscienza del fatto che l’ora di religione dà pregio ad un orizzonte culturale concreto in un panorama sempre più multireligioso”.