La Dichiarazione di Roma sulla via della pace in Sud Sudan

Atutti è rimasta impresso il gesto di Papa Francesco, che lo scorso 11 aprile si è chinato a baciare i piedi dei leader sudsudanesi al termine di un ritiro spirituale in Vaticano: un'immagine iconica, simbolo di una forte richiesta di pace e insieme d'incoraggiamento all'interruzione delle ostilità nel Paese. Il documento firmato il 12 gennaio e presentato presso la Comunità di Sant'Egidio solca questo cammino verso la pace, per la quale il Pontefice parla di “costruzione”. 

La Dichiarazione di Roma

Nel processo di pace in Sud Sudan, l'unica azione “santa” secondo Papa Francesco, è dunque essenziale la Dichiarazione di Roma, firmata dal governo del Paese e l'Alleanza dei movimenti di opposizione del Sud Sudan (Ssoma), la sigla sotto la quale si riuniscono tutti i movimenti di opposizione che avevano espresso il loro forte dissenso verso gli Accordi di pace di Addis Abeba, firmati nel 2018. Sulla fragilità di un accordo nato per arginare la guerra civile, si erano espressi anche i vescovi del Sud Sudan nel febbraio scorso. In un documento, i presuli si dicevano soddisfatti dal Revitalised Agreement on the Resolution of Conflict in South Sudan, siglato il 12 settembre scorso, ma denunciavano una discrepanza con la realtà: “La situazione concreta sul campo dimostra che non si stanno affrontando le cause profonde dei conflitti nel Sud Sudan” hanno denunciato, chiedendo come priorità il bene del Paese. 

Garofalo

Ieri la dichiarazione sulla fine delle ostilità è stata presentata a Roma presso la Comunità di Sant'Egidio. Interris.it ha intervistato Mauro Garofalo, Responsabile delle relazioni internazionali della Comunità.

Dal gesto di Papa Francesco al documento presentato ieri a Sant'Egidio. E ora?
“La dichiarazione copgiunta che è stata presentata presso la Comunità di Sant'Egidio si può considerare una risposta a Papa Francesco. Il Pontefice aveva chiesto ai leader sud-sudanesi di cercare ciò che unisce e togliere cio che divide il processo di pace. La metodologia è la stessa di Papa Giovanni XXIII: il fatto nuovo è che i membri del governo sud-sudanese abbiano deciso di riunirsi insieme in uno spirito di volontà vera per cercare di risolvere i problemi insieme. Il fatto che si siano impegnati è importante. Tutti i delegati presenti a Sant'Egidio hanno ripetuto la stessa parola: humbled, dichiarando vergogna per aver sprecato il dono della pace”

Quando il Pontefice parla di pace, usa verbi come “costruire”, ancorando il dono di Dio all'importanza della volontà di ciascuno. Vale anche in Sud Sudan?
“Certamente. Visitando in passato la Comunità di Sant'Egidio, il Papa disse: 'Siete artigiani di pace'. Nella costruzione della pace c'è bisogno di artigiani che vedono crescere il loro manufatto. Fare la pace, infatti, si traduce in rispetto e comprensione. È la nostra missione come Sant'Egidio, che non ha mandato dai governi, ma fa tutto in nome della pace”.

Quali iniziative la Comunità di Sant'Egidio porta avanti in Sudan?
“Non siamo presenti con una sede, ma abbiamo avviato una collaborazione con il Consiglio delle Chiese sud-sudanesi che riunisce tutti i vescovi del Paese. Auspichiamo che il viaggio di Papa Francesco rappresenti una grande speranza di unità. Il prossimo viaggio del Pontefice è un messaggio chiaro: sta, però, a tutti gli uomini di buona volontà cooperare insieme per la pace”.