La Chiesa missionaria in un libro-intervista a Papa Francesco

Il mosaico del duomo di Monreale in cui Cristo, camminando sulle acque, s'approssima a Pietro, esprime bene l'immagine della Chiesa in uscita che si delinea nel libro-intervista a Papa Francesco del giornalista Gianni Valente, pubblicato in co-edizione dalla Libreria Editrice Vaticana e dalle Edizioni San Paolo. Il contesto – come ricorda il vaticanista di Fides – è quello del Mese Missionario Straordinario, l'occasione per ribadire il paradigma stesso della Chiesa: “È stato un momento per riprendere in modo più organico i suggerimenti del Pontefice, le sue sottolineature sulla missione dell'opera apostolica, che è ben descritta da tutto il suo Magistero” ha dichiarato Valente. 

Facilitare l'incontro con Cristo

La rilfessione sul ruolo missionario della Chiesa non può non intrecciarsi con l'esperienza personale di Papa Bergoglio, che confida al giornalista di essere entrato nella Compagnia di Gesù proprio in virtù della sua vocazione missionaria, anche se – specifica nell'intervista – “ho sempre avvertito che annunciare Gesù e il suo Vangelo comporta sempre un certo uscire e mettersi in cammino”. “Papa Francesco è fecondo perché suggerisce dati elementari della dinamica ecclesiale e quali sono le sorgenti dell'opera della Chiesa nel mondo. Le sue formule come 'Chiesa in uscita' – dice il giornalista a In Terris – esprimono una visione della Chiesa che non deve essere autoreferenziale. Nel libro, il Papa ricorda che la Chiesa esce da sé stessa perché è chiamata da Cristo farlo. Nelle sue risposte, il Pontefice permette a tutti di percepire questo dinamismo genetico dell'agire ecclesiale e offre a tutti la possibilità di rimanere anche un po' spiazzati rispetto a certi stereotipi che sono cristallizzati nel linguaggio ecclesiale”. Contro il rischio di una staticità in seno alla Chiesa stessa, che potrebbe arrivare, mutuando le parole del Pontefice, ad “addomesticare Cristo”, Papa Bergoglio attinge alla sua esperienza di pastore: “Durante l'intervista – ricorda Valente – ho domandato al Papa quali fossero i tratti distintivi della missione apostolica e lui mi ha risposto che uno è quello di rendere facile l'incontro col Cristo. La Chiesa, cioè, più che creare nuovi stratagemmi, deve non far velo all'opera di Gesù. Ai tempi in cui era arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio ricorda l'esempio dei sacerdoti in Argentina che, accorgendosi che i genitori non battezzavano più i loro figli, hanno reimpostato completamente la pastorale ordinaria della vita della Chiesa sul sacramento del Battesimo di modo che fosse chiaro a tutti che il Battesimo è un dono che si riceve semplicemente, senza criteri di 'adeguatezza'. Il Papa mi ha citato l'episodio per mostrare quanto interessante fosse far vedere come la percezione della grazia che previene ha ripercussioni concrete nella vita delle persone“. 

La Chiesa missionaria oggi

Perché sia missionaria, la Chiesa oggi non deve cambiare la sua semantica, ma piuttosto rifarsi alla genuinità, alla freschezza del Vangelo. “Essere missionari – ha ricordato il vaticanista – non va vissuto come una strategia, ma come adesione e riconoscimento che Senza di lui non possiamo far nulla. Il Papa ripete un'espressione a lui cara, dicendo che 'non bisogna fare dogane pastorali'. La prossimità, il camminare nella vita quotidiana con le speranze e i dolori di chi è al nostro fianco, è la maniera ordinaria con la quale questo Spirito di annuncio si esprime”. Valente sottolinea come nel libro intervista il Papa sottolinea che “non si tratta di pensare la Chiesa come un edificio in cui si controlla chi può entrare e chi no, ma piuttosto di vivere sparsi in mezzo agli altri e testimoniare il Cristo laddove ci si trova: è il riflesso umano di questa testimonianza che si esprime in una sorta di vicinanza.  Uno dei passaggi che mi ha più colpito è proprio questo: quando parlava di missionari che vanno in terre lontane, il Papa ha ricordato quanto sia importante che essi rimangano lì, si calino nella vita quotidiana delle persone con cui vivono, perché è solo così che il loro lavoro diventa fecondo, nel loro farsi prossimo nell'orizzonte della vita ordinaria”. Un esempio di questa ordinarietà della vocazione del missionario è fornita da un aneddotto che il giornalista ha raccontato a In Terris: “Conosco Papa Francesco dal 2002. I giorni prima del Conclave è venuto a farci visita, poi la sera in cui è stato eletto Papa ha telefonato a casa nostra per dire che era diventato Pontefice. Voleva in qualche modo ricordare che era sempre vicino ai suoi amici”.