L'altra causa del riavvicinamento tra cattolici e ortodossi russi

Mosca

L'abbraccio tra Papa Francesco ed il patriarca Kirill avvenuto nella sala d'aspetto dell'aeroporto dell'Avana il 12 febbraio 2016 ha sancito anche visivamente il riavvicinamento tra la Chiesa di Roma e quella di Mosca.

Mediazione

Un riavvicinamento cominciato ormai più di un decennio fa grazie agli sforzi di Benedetto XVI che hanno incontrato la disponibilità dei vertici della Chiesa ortodossa russa. Accanto alla volontà dell'attuale Papa emerito di riannodare il filo del dialogo tra le due Chiese – che soltanto nel 2004 sembrava ormai compromesso dall'elevazione a diocesi delle quattro amministrazioni apostoliche in terra russa – si è rivelato determinante il lavoro sotterraneo svolto da uomini che hanno dimostrato un autentico spirito di amicizia verso i propri interlocutori: è il caso di Antonio Mennini, primo nunzio apostolico in Russia, o di Hilarion Alfeyev, presidente del Dipartimento delle relazioni esterne del patriarcato di Mosca subito dopo Kirill.

Il disgelo

Come è stato da più parti sottolineato, il disgelo si è materializzato sul terreno comune della difesa dei cosiddetti principi non negoziabili in una società che appare sempre più secolarizzata, specialmente in quella casa condivisa che è l'Europa. Tuttavia, la speciale intesa instauratasi sull'asse Vaticano – Mosca si è fondata anche su altri temi non meno importanti per il futuro dell'intera umanità. Uno di questi è senz'altro quello legato alla salvaguardia dell'ambiente.

“Laudato si” e non solo…

Sul fronte cattolico, il pontificato di Francesco con la pubblicazione dell'enciclica “Laudato si'” ha evidenziato la centralità che la Chiesa di Roma attribuisce alla questione ambientale. Tuttavia, occorre ricordare che l'impegno del pontefice argentino si pone in perfetta linea di continuità con quello dei suoi immediati predecessori, come esplicitamente sottolineato nella parte iniziale dell'enciclica del 2015. Nel testo, in particolare, Bergoglio ha mostrato di volersi agganciare alla riflessione etica ed antropologica sul tema contenuta nella “Caritas in veritate“. In quell'enciclica, Benedetto XVI aveva voluto rimarcare l'inscindibile legame esistente tra ecologia umana e ambientale, denunciando come il pericolo di uno sfaldamento della “complessiva tenuta morale della società” rischi inevitabilmente di compromettere il rapporto uomo-natura. Inoltre, Ratzinger aveva suggerito un approccio equilibrato di fronte alla questione ambientale, in grado di rifiutare sia la posizione di chi vorrebbe una “completa tecnicizzazione” e tende a considerare la natura soltanto “come materia di cui” l'uomo può “disporre a (…) piacimento”, sia quegli “atteggiamenti neopagani o di nuovo panteismo” da cui un certo ambientalismo contemporaneo non appare esente. In effetti, la Chiesa cattolica non può permettersi di accodarsi al diffuso biocentrismo che sembra destinato a dominare la prospettiva culturale occidentale. Non può farlo perché queste concezioni, per quanto possano trarre origine da preoccupazioni legittime, sono del tutto incompatibili con la fede cristiana, dal momento che tendono a presentare l'idea di una creazione senza Dio e a relegare l'uomo alla stregua di qualsiasi altro essere o specie vivente, rimuovendolo da quel posto centrale nel cosmo che la tradizione cristiana gli attribuisce. Una consapevolezza espressa efficacemente da papa Francesco nella Laudato si', quando scrive che “non c'è ecologia senza un'adeguata antropologia”. Allo stesso tempo, fedele alla sua dottrina sociale, la Chiesa cattolica non può che ribadire la sua netta condanna a quell'antropocentrismo deviato”, che ha trovato la sua casa nel sistema capitalista e che Umberto Galimberti ha ben definito parlando di un “Occidente, nel suo tempo moderno, (…) dimentico di Dio (che) pone l'uomo in quanto Deus creatus, al centro del mondo ridotto a materia da utilizzare”. Una tentazione tipicamente occidentale ma da cui non è immune nemmeno l'Oriente a noi più prossimo, quello russo.

Messaggio alle “Chiese sorelle”

Non a caso, Papa Francesco non ha nascosto di considerare la questione ambientale come uno strumento di dialogo con l'Ortodossia, consapevole com'è che anche le cosiddette “Chiese sorelle” sono da tempo impegnate a rimarcare l'esistenza di un'etica cristiana dell'ambiente chiamata a responsabilizzare l'agire umano nei confronti della natura. Sebbene nella “Laudato si'” venga citato un altro patriarca ortodosso, quello di Costantinopoli, anche con la Chiesa di Mosca si è creata una piena convergenza sulle tematiche ambientali che ha portato ad un'intensa collaborazione interconfessionale. Nei consessi internazionali a cui sono chiamate a partecipare, la Chiesa cattolica e quella ortodossa russa hanno unito le loro voci invocando maggiori sforzi per la custodia del creato e coordinando gli appelli e le iniziative in tal senso. In questo modo, il tema ambientale ha finito per ricoprire un ruolo nient'affatto marginale nel riavvicinamento tra le due Chiese ed ha anche aiutato – vista la crescente sensibilità dell'opinione pubblica su quest'argomento – il procedere parallelo del cammino ecumenico tra autorità ecclesiastiche e rispettivi fedeli.

La convergenza tra le due Chiese sull'ambiente emerge nettamente dalla comparazione tra le posizioni del Patriarcato di Mosca espresse nei “Fondamenti della concezione sociale” e le riflessioni di Benedetto XVI e Papa Francesco che si collocano nel solco dei loro predecessori e della dottrina sociale cattolica. D'altronde, i Fondamenti costituiscono un documento fortemente ispirato al modello cattolico del Compendio e ben rappresentano la vicinanza catto-ortodossa su una larga serie di questioni attuali di rilevanza sociale.

Visione comune

Incontrando il punto di vista cattolico ribadito da Francesco nella “Laudato si'”, che mette in evidenza la centralità della questione antropologica nella crisi ecologica, anche il documento approvato dal Sinodo russo nel 2000 sostiene che “i problemi ecologici hanno sostanzialmente un carattere antropologico” arrivando alla conclusione che “le risposte a molti problemi posti dalla crisi ambientale vanno cercate nel cuore dell'uomo, e non nella sfera dell'economia, della biologia, della tecnologia o della politica”. Tra le due Chiese, dunque, c'è l'idea condivisa che tra crisi spirituale e crisi ecologica esista una stretta correlazione: senza il superamento della prima, è impossibile risolvere la seconda. L'auspicio di una “necessaria rinascita spirituale” capace di ridisegnare l'attuale rapporto uomo-natura è presente nei Fondamenti della concezione sociale della Chiesa russa, ma allo stesso tempo si ritrova anche nella “Laudato si'” di Francesco e nella “Caritas in veritate” di Benedetto XVI. Nel documento russo, al paragrafo intitolato proprio “la necessaria rinascita spirituale”,  si afferma che “la trasformazione della natura deve partire da una trasformazione dell'anima” perchè l'umanità tende a cambiare il mondo che la circonda in base al proprio mondo interiore. Una visione perfettamente compatibile con quella espressa da Francesco nella sua enciclica quando scrive che “non possiamo illuderci di risanare la nostra relazione con la natura e l’ambiente senza risanare tutte le relazioni umane fondamentali”. All'origine di entrambe le posizioni, dunque, c'è l'idea di un'interdipendenza tra ecologia umana ed ecologia ambientale che dovrebbe indurre l'uomo ad una maggiore responsabilizzazione nei confronti del creato. Un'idea cara a Benedetto XVI che ne ha parlato in questi termini nell'enciclica “Caritas in Veritate”: “Come le virtù umane sono tra loro comunicanti, tanto che l'indebolimento di una espone a rischio anche le altre, così il sistema ecologico si regge sul rispetto di un progetto che riguarda sia la sana convivenza in società sia il buon rapporto con la natura”.

I mali della società

D'altra parte, la risposta unitaria data dalle due Chiese di fronte ai problemi ecologici riflette la loro comune visione su quelli che entrambe considerano mali del nostro tempo: l'individualismo, il consumismo ed il materialismo. In quest'ottica ben si comprende il loro “j'accuse” contro “l'antropocentrismo deviato” responsabile di un “consumo egoistico ed irresponsabile” che ha ridotto la natura a “materiale per il nostro fare”.

Per le due Chiese, l'attenzione alle tematiche ambientali va di pari passo con la volontà a far sì che l'impegno ecologista si fondi su basi cristiane e non ceda, invece, alle tentazioni ideologiche che molto spesso hanno animato l'attivismo “verde” degli ultimi decenni.

La natura dono di Dio

L'impegno ecologico portato avanti dall'asse russo ortodosso-vaticano trova il suo fondamento nella dottrina della creazione che concepisce la natura come dono divino ed impone all'uomo di farne un uso responsabile  dal momento che il dominio assoluto spetta soltanto a Dio. Dunque, le lenti della teologia consentono alle due Chiese di leggere più in profondità l'attuale crisi ecologica rifiutando sia le soluzioni ideologiche di chi mostra inclinazioni neopanteistiche, sia la condotta di chi – in nome di un'aprioristica esaltazione del progresso scientifico e tecnologico – vorrebbe ridurre il rapporto uomo-natura in termini esclusivamente utilitaristici.

In conclusione, questa convergenza ha fatto sì che la questione ambientale entrasse prepotentemente nelle relazioni ecumeniche tra le due Chiese come testimonia anche lo spazio riservatole nei recenti incontri del Forum europeo cattolico-ortodosso e come dimostra anche la significativa istituzione di un'unitaria Giornata per la cura del creato.

Se obiettivo dell'ecumenismo è quello di riscoprire il senso dell'unità ecclesiale per concorrere congiuntamente al bene dell'intera umanità, allora la collaborazione sorta tra la Chiesa di Mosca e quella di Roma sulle tematiche ambientali ne è un'espressione a tutti gli effetti perchè, come sostiene Massimo il Confessore, “l'uomo potrà trasformare tutta la terra in un paradiso solo quando egli avrà portato il paradiso in se stesso”.