In dialogo con il mondo, al servizio della Chiesa

Il suo nome resterà nei libri di storia per il fondamentale contributo alla ostpolitik vaticana, la trentennale stagione diplomatica del dialogo della Santa Sede con i paesi dell’Europa orientale durante la guerra fredda.
Il maggior successo diplomatico fu la firma dell'Atto di Helsinki, esempio di una politica estera basata sul confronto e sul realismo per migliorare la situazione dei fedeli nei Paesi dell'Est.  Il 1° agosto del 1975 a Helsinki i 35 Stati partecipanti alla Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa, Csce, siglavano l'Atto finale, ancora oggi importante acquisizione della diplomazia internazionale.

Il richiamo alla Pace in terra

“C’erano quel giorno tutti i più grandi leader del mondo, dell'Est e dell’Ovest – rievoca il vaticanista Giovanni Cubeddu -. Al giovane monsignore Achille Silvestrini capitò di essere sin dalliinizio protagonista, per conto della Santa Sede, del processo di Helsinki, che nel 1995 è approdato alla creazione dell’Osce (l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), e che da allora è sinonimo di una politica estera, cui la diplomazia pontificia partecipò per un lungo periodo pienamente, basata sul realismo e sul dialogo per ottenere “cose possibili e oneste”. A trent’anni da quello storico momento, il prefetto emerito delle Chiese orientali rievocò quello storico momento su 30giorni, spiegando l’origine della conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa. “In mancanza di un trattato di pace dopo la Seconda guerra mondiale, s'era andati avanti in una situazione 'di fatto' – sottolineò il porporato romagnolo, che si è spento oggi a Roma a 95 anni -. Il processo di dialogo politico che culminò a Helsinki voleva stabilire un contesto di relazioni 'possibili' tra Est e Ovest, e lo fece col noto Atto finale, che conteneva dieci principi condivisi da tutti gli Stati partecipanti. In pratica a Helsinki s'era creato un equilibrio fra le esigenze dell'Est e dell'Ovest. Ad esempio, se da un lato l’affermazione dell’inviolabilità delle frontiere e dell’integrità territoriale degli Stati rassicurava Mosca, dall'altro impediva ai sovietici ulteriori espansioni, escludendo il rinnovarsi di episodi come i carri armati russi in Ungheria o gli interventi in Cecoslovacchia. Difatti, dopo il '75 non c’è stata più nessuna invasione sovietica in Europa”. Nella Chiesa non tutti erano d'accordo nel dare fiducia al dialogo con l'Est. La diplomazia vaticana sperimentò, secondo un’immagine del cardinale Casaroli, il 'martirio della pazienza'. A sciogliere il nodo pensò Paolo VI, nella Ecclesiam Suam, quando affermò che la Chiesa si faceva dialogo in tutte le istanze. Al contempo, il Papa aggiungeva che nei riguardi dei regimi totalitari marxisti ciò appariva quasi impossibile, per due ragioni: non esisteva un linguaggio comune, e in quei Paesi la Chiesa era ridotta al silenzio. Dunque, era quasi impossibile sperare nel dialogo. Senonché il Papa aggiungeva un richiamo alla Pacem in terris di Giovanni XXIII  e cioè che le dottrine di tali movimenti, una volta elaborate e definite, rimangono sempre le stesse, ma i movimenti stessi non possono non evolversi e non andare soggetti a mutamenti anche profondi: “Noi non disperiamo che essi possano aprire un giorno con la Chiesa altro positivo colloquio, che non quello presente della nostra deplorazione e del nostro obbligato lamento”. È stato san Giovanni Paolo II a crearlo cardinale, nel concistoro del 28 giugno 1988, di San Benedetto fuori Porta San Paolo, evento che precede di tre giorni la nomina a prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Dal 24 maggio 1991 al 25 novembre 2000 ricopre l'incarico di prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.

Dalla parte dei giovani

“Sempre attento alle persone, con un occhio di riguardo ai giovani, prima che ai documenti, ha svolto per decenni con scrupolo e rigore, incarichi diplomatici per la Santa Sede – ricorda Vatican news -. Nel ministero sacerdotale svolge un’azione tra i giovani a Villa Nazareth, istituzione ideata nel 1945 dal cardinale Domenico Tardini, segretario di Stato di Giovanni XXIII”. Stretto collaboratore dei segretari di Stato Domenico Tardini e Amleto Giovanni Cicognani, guidò le trattative con le autorità italiane per la revisione del Concordato lateranense. Il collegio della Fondazione Domenico Tardini, presieduta fino ad oggi dal cardinale Achille Silvestrini, è uno di quelli riconosciuti dal Ministero della Pubblica istruzione e ha convenzioni di collaborazione e scambio con numerose università straniere.  A Villa Nazareth, a contatto quotidiano con l'intensa testimonianza di fede e di servizio alla Chiesa del cardinale Achille Silvestrini, sono nate numerose vocazioni di sacerdoti e suore. Tra gli assistenti ecclesiastici che hanno diretto la residenza universitaria, l’attuale segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. “Villa Nazareth, che ha accolto nei trascorsi sessant'anni diverse generazioni di fanciulli e giovani, si propone di valorizzare l'intelligenza dei suoi alunni nel rispetto della libertà della persona, orientata a vedere nel servizio degli altri l’autentica espressione dell'amore cristiano”, ha ricordato Benedetto XVI ai membri di Villa Nazareth in un'udienza. Francesco, nella Cappella delle Benedizioni, ha attribuito a Villa Nazareth “il pensiero forte e fecondo, per la dignità della persona umana, per il servizio e per far trovare a ognuno i talenti che il Signore ci ha dato per trafficarli nella vita”. E agli ex studenti Papa Bergoglio ha detto: “Ognuno fa il suo lavoretto, fa il suo, ma tutto va avanti per il bene di tutti! Grazie tante per la collaborazione, per il lavoro, per l’appartenenza a Villa Nazareth che tanto bene fa alla Chiesa e nella Chiesa”.