Il Papa: “Un cristianesimo senza lo Spirito è un moralismo senza vita”

Lo Spirito non è, come potrebbe sembrare, una cosa astratta; è la Persona più concreta, più vicina, quella che ci cambia la vita”. Ecco perché, durante la sua omelia nella Messa di Pentecoste, Papa Francesco invita a riflettere sull'importanza di questo dono di Gesù ai suoi discepoli. Un dono che, spiega, è arrivato dopo “cinquanta giorni incerti” e che “non ha reso loro le cose più facili, non ha fatto miracoli spettacolari, non ha tolto di mezzo problemi e oppositori. Lo Spirito ha portato nelle vite dei discepoli un’armonia che mancava, la sua”. Gli apostoli, infatti, pur nella gioia della risurrezione di Cristo “non avevano ancora superato dubbi e paure: stavano a porte chiuse, con poche prospettive, incapaci di annunciare il Vivente… Poi arriva lo Spirito Santo e le preoccupazioni svaniscono: ora gli Apostoli non hanno timore nemmeno davanti a chi li arresta”. Lo Spirito Santo è il Consolatore, colui che ci trasmette la tenerezza di Dio, che ci spinge a uscire dal Cenacolo e ad annunciare alle genti. Per questo, avverte il Pontefice, “senza lo Spirito la vita cristiana è sfilacciata, priva dell’amore che tutto unisce. Senza lo Spirito Gesù rimane un personaggio del passato, con lo Spirito è persona viva oggi; senza lo Spirito la Scrittura è lettera morta, con lo Spirito è Parola di vita. Un cristianesimo senza lo Spirito è un moralismo senza gioia; con lo Spirito è vita”.

La pace

Con il dono dello Spirito, i discepoli da insicuri divengono “impazienti di raggiungere confini ignoti”. La loro vicenda, “che sembrava al capolinea”, viene quindi “rinnovata dalla giovinezza dello Spirito: quei giovani, che in preda all’incertezza si sentivano arrivati, sono stati trasformati da una gioia che li ha fatti rinascere”. Lo Spirito Santo, continua il Santo Padre, “non porta solo armonia dentro, ma anche fuori, tra gli uomini. Ci fa Chiesa, compone parti diverse in un unico edificio armonico”. Dentro l'uomo perché “la storia dei discepoli ci dice che persino vedere il Risorto non basta, se non Lo si accoglie nel cuore… Ed è lo Spirito che fa vivere e rivivere Gesù in noi, che ci risuscita dentro”. Ma la pace “non consiste nel sistemare i problemi di fuori – Dio non toglie ai suoi tribolazioni e persecuzioni – ma nel ricevere lo Spirito Santo. Quella pace data agli Apostoli, quella pace che non libera dai problemi ma nei problemi, è offerta a ciascuno di noi. È una pace che rende il cuore simile al mare profondo, che è sempre tranquillo anche quando in superficie le onde si agitano”.

Colui che mette ordine nella frenesia

Accedere alla pace non significa restare in superficie o tentare di rimanere a galla senza cercare lo Spirito. Ma “non è prendendo le distanze da chi non la pensa come noi che saremo sereni, non è risolvendo il guaio del momento che staremo in pace. La svolta è la pace di Gesù, è l’armonia dello Spirito”. Quella stessa armonia che, “nella fretta che il nostro tempo ci impone”, sembra essere oggi emarginata, soppiantata dalla ricerca di una soluzione rapida ai continui nervosismi ai quali la nostra società ci mette di fronte. Ma è per questo che “abbiamo soprattutto bisogno dello Spirito: è Lui che mette ordine nella frenesia. Egli è pace nell’inquietudine, fiducia nello scoraggiamento, gioia nella tristezza, gioventù nella vecchiaia, coraggio nella prova”. Lo Spirito agisce come Consolatore in un mondo in cui “le disarmonie sono diventate vere e proprie divisioni” e, pur nella potenza dei mezzi di comunicazione, si sta a distanza, “più social ma meno sociali”. E, nella tentazione di “costruire nidi”, di “raccogliersi attorno al proprio gruppo, alle proprie preferenze”, si intuisce come “dal nido alla setta il passo è breve”. E' lo Spirito che “congiunge i distanti, unisce i lontani, riconduce i dispersi. Fonde tonalità diverse in un’unica armonia, perché vede anzitutto il bene, guarda all’uomo prima che ai suoi errori, alle persone prima che alle loro azioni. Lo Spirito plasma la Chiesa e il mondo come luoghi di figli e di fratelli”. In un'epoca in cui “va di moda aggettivare” e subentra il definire “la propria identità contro qualcuno o contro qualcosa”, figli e fratelli devono essere persone: “Chi vive secondo lo Spirito porta pace dov’è discordia, concordia dov’è conflitto. Gli uomini spirituali rendono bene per male, rispondono all’arroganza con mitezza, alla cattiveria con bontà, al frastuono col silenzio, alle chiacchiere con la preghiera, al disfattismo col sorriso”. Per questo va pregato ogni giorno lo Spirito Santo, considerando che senza di lui “la Chiesa è un’organizzazione, la missione propaganda, la comunione uno sforzo. Lo Spirito è il bisogno primo e ultimo della Chiesa”.