Il Papa nel Baltico tra geopolitica ed ecumenismo

Inizia domani la visita apostolica di Papa Francesco nei Paesi Baltici che lo terrà impegnato fino a martedì 25 settembre. Il Santo Padre si recherà nelle tre repubbliche nate nel 1991 dallo sbriciolamento dell’Unione Sovietica.

Un’indipendenza travagliata

Il viaggio papale cade nell’anniversario dei 100 anni dall’indipendenza ottenuta da Lituania, Estonia e Lettonia alla fine della Prima guerra mondiale. La vita travagliata delle tre repubbliche fu poi interrotta dall’invasione sovietica nel 1940 a cui seguì l’occupazione nazista del 1941. L’amministrazione tedesca della regione fu stroncata dall’avanzata dell’Armata Rossa nel 1944. Nonostante la diffusa guerriglia che continuò fino agli anni Cinquanta, i tre Paesi Baltici furono stabilmente “incamerati” dall’Unione Sovietica. Soltanto con il crollo dell’impero comunista le popolazioni settentrionali riottennero la libertà a lungo desiderata. Proprio l’indipendenza delle tre repubbliche rappresentò un momento cruciale nel processo disgregativo del blocco sovietico: alle prese con il caos successivo al tentato golpe, la Repubblica socialista russa si ritrovò in un primo momento a riconoscere l’indipendenza autoproclamata dalla Lituania che fu poi imitata anche da Estonia e Lettonia. Il 6 settembre del 1991 persino il Consiglio di Stato dell’Urss fu costretto a prendere atto del fatto compiuto.  

Il nodo geopolitico

27 anni dopo da quegli eventi, la convivenza con l’ingombrante dirimpettaio russo non è mai stata così problematica come in questo momento. Le tensioni sono aumentate dal 2014 in poi con il deterioramento dei rapporti tra Mosca ed i Paesi occidentali, grandi protettori delle tre repubbliche. Lettonia, Estonia e Lituania sono, insieme alla Polonia, le protagoniste dell’allargamento ad Est della Nato pesantemente indigesto al Cremlino che rivive in questi anni la paura di un accerchiamento occidentale. Una sensazione incrementata dal via libera dato nel 2016 alle massicce esercitazioni militari dell’Alleanza Atlantica da svolgersi proprio nell’area del Baltico. La visita apostolica di Papa Francesco, dunque, arriva in un contesto geopolitico non facile in cui sembra essere ritornato prepotentemente un clima da Guerra Fredda. Sul piano della politica internazionale, la Santa Sede continua ad avere come suo principale obiettivo quello della prevenzione e della risoluzione di ogni conflitto. L’attuale Pontefice lo dimostrò nel 2013 quando, di fronte alla prospettiva quasi certa di un intervento militare in Siria, lanciò un appello contro l’uso della violenza che contribuì a far cambiare idea all’allora presidente Usa, Barack Obama. La scelta di accettare l’invito in un teatro “caldo” come quello baltico fa venire in mente quanto detto da padre Spadaro – direttore di “Civiltà Cattolica” e collaboratore tra i più vicini al pontefice – sulla sua politica estera: “La proiezione geopolitica della Chiesa è molto chiara: il Papa vuole toccare le ferite aperte che ci sono nel mondo, e lo fa attraverso i suoi viaggi. Egli vuole essere presente nei luoghi difficili, dove le ferite sono più grandi”.

Vicini ma non uguali

Lituania, Lettonia ed Estonia sono molto spesso accomunate senza distinzioni, eppure ciascun Paese presenta peculiarità che lo contraddistingue dagli altri. La Lituania, storicamente influenzata dalla vicina Polonia, è l’unico dei tre Stati in cui il cattolicesimo è maggioritario. Circa l’80% della popolazione lituana, infatti, risulta battezzata. La fede cattolica ha indissolubilmente forgiato l’identità nazionale ed è stata difesa nel corso dei secoli dai continui tentativi di estirpazione operati da imperi e regimi usurpatori. Un aspetto che verrà ricordato nella visita apostolica quando Papa Francesco visiterà a Vilnius il Museo delle occupazioni e lotte per la libertà. La seconda tappa del viaggio vedrà il Santo Padre impegnato in Lettonia nella giornata di lunedì. Dal programma ufficiale sembra trasparire il prevalere della dimensione ecumenica di questo appuntamento con la cerimonia nel duomo di Riga, sede della guida spirituale degli evangelici-luterani, alla presenza dei rappresentanti delle principali confessioni cristiane. In Lettonia le relazioni tra cattolici, ortodossi e protestanti sono particolarmente positive probabilmente, come sostenuto dalla direttrice del centro per l’informazione della Chiesa locale in un’intervista all’agenzia Sir, a seguito del “periodo dell’oppressione comunista, quando tutti i cristiani erano perseguitati nell’Urss”. Questa collaborazione tra comunità religiose ha favorito l’inserimento della menzione ai valori cristiani nel preambolo della Costituzione lettone. Il viaggio di Papa Francesco finirà martedì con lo scalo in Estonia, terra dove i cattolici sono circa seimila su una popolazione di 1,3 milioni. L’Estonia è il Paese che risente più degli altri della delicata situazione con Mosca: il 25% dei suoi abitanti, infatti, è di etnia russa. La maggior parte della popolazione russofona lamenta di essere discriminata dalle politiche della giovane Repubblica baltica. Lo stesso Consiglio d’Europa ha rimproverato il governo di Tallinn nel 2011 esortandolo in via confidenziale a riconoscere una volta per tutte la piena cittadinanza alla minoranza russa. La visita del Papa a Tallinn si concluderà con la messa in piazza della Libertà nel primo pomeriggio di martedì 25. Nonostante il cattolicesimo sia decisamente minoritario in questa terra, dal crollo dell’Urss esercita una forte capacità di attrazione specialmente nelle realtà universitarie come riferisce l’amministratore apostolico, mons. Philippe Jourdan in un’intervista concessa a Francesco Strazzari su SettimananewsL’arrivo del Papa potrebbe costituire uno stimolo ulteriore per la crescita della forza attrattiva della Chiesa di Roma su una popolazione culturalmente protestante (con una forte presenza ortodossa legata all’etnia russa) ma concretamente sempre più atea o agnostica.