Il Papa: “La Via Crucis continua nei volti feriti dall'indifferenza”

Da un lato la terra, dall'altro il mare: in mezzo, 400 mila giovani a ripercorrere il cammino della Croce di Gesù, per un momento di profonda preghiera e riflessione su vari aspetti del vivere quotidiano, nella consapevoleza delle proprie debolezze ma nella consapevolezza di voler incarnare l'insegnamento ricevuto, trasformando quel “cammino di sofferenza e solitudine” in un cammino di speranza. Questo l'invito rivolto da Papa Francesco ai ragazzi che hanno percorso assieme a lui la Via Crucis sulla Cinta costiera di Panama, a comprendere che tale cammino “continua ai nostri giorni. Egli cammina e soffre in tanti volti che soffrono per l’indifferenza soddisfatta e anestetizzante della nostra società che consuma e si consuma, che ignora e si ignora nel dolore dei suoi fratelli”. Un discorso, quello del Santo Padre, che è una preghiera, intensa e portata dalla coscienza che “anche noi tuoi amici, o Signore, ci lasciamo prendere dall’apatia e dall’immobilismo. Non poche volte il conformismo ci ha sconfitto e paralizzato. È stato difficile riconoscerti nel fratello che soffre: abbiamo distolto lo sguardo, per non vedere; ci siamo rifugiati nel rumore, per non sentire; ci siamo tappati la bocca, per non gridare”.

Le sofferenze della Via Crucis

Certo, ha avvertito il Santo Padre, potrebbe sembrare che “paghi di più” essere amici “nella vittoria e nella gloria, nel successo e nell’applauso; è più facile stare vicino a chi è considerato popolare e vincente”. E ancora, “com’è facile cadere nella cultura del bullismo, delle molestie e dell’intimidazione”. Ma è proprio fra questi rischi che interviene il Signore: per lui “non è così”, “nella croce ti sei identificato con ogni sofferenza, con tutti quelli che si sentono dimenticati. Per Te non è così, Signore, perché hai voluto abbracciare tutti quelli che tante volte consideriamo indegni di un abbraccio, di una carezza, di una benedizione; o peggio ancora, nemmeno ci accorgiamo che ne hanno bisogno; per Te non è così, Signore: nella croce ti unisci alla 'via crucis' di ogni giovane, di ogni situazione per trasformarla in via di risurrezione”. Così come accadde per Gesù, la cui sofferenza si prolunga “nei giovani coi volti accigliati che hanno perso la capacità di sognare, di creare e inventare il domani e 'vanno in pensione' con la pena della rassegnazione e del conformismo, una delle droghe più consumate nel nostro tempo”.

Come Maria

Una società, quella in cui viviamo, che “ha perso la capacità di piangere e commuoversi davanti al dolore” e che spinge ognuno di noi a chiedersi “come reagiamo di fronte a Gesù che soffre, cammina, emigra nel volto di tanti nostri amici, di tanti sconosciuti che abbiamo imparato a rendere invisibili”. Quali atteggiamenti suscita in noi il vedere le privazioni subite dai popoli nelle loro terre, la Terra ferita dall'inquinamento, la dignità umana calpestata o, semplicemente, la sofferenza di chi lascia la propria casa: “Contempliamo Maria, donna forte. Da Lei vogliamo imparare a rimanere in piedi accanto alla croce. Con la sua stessa decisione e il suo coraggio, senza evasioni o miraggi”. Ed è sempre da Maria, “grande custode della speranza”, che è possibile trarre “la forza per dire 'sì' a quelli che non hanno taciuto e non tacciono di fronte a una cultura del maltrattamento e dell’abuso, del discredito e dell’aggressione, e lavorano per offrire opportunità e condizioni di sicurezza e protezione”. Una Chiesa che favorisce la cultura dell'accoglienza, come Maria restò ai piedi della Croce, con un cuore colmo del desiderio di fare di se stessi uno strumento per operare la pace: “Vogliamo imparare a stare in piedi accanto alla croce, non con un cuore blindato e chiuso, ma con un cuore che sappia accompagnare, che conosca la tenerezza e la devozione; che sia esperto di pietà trattando con rispetto, delicatezza e comprensione”.