Il Papa: “La Chiesa non è una Ong”

La messa celebrata nella Basilica di San Pietro conclude la 25esima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi. Una riunione voluta principalmente per ascoltare i giovani. E l'appello all'ascolto è stato anche il tema dominante dell'omelia odierna di Papa Francesco. Prendendo spunto dalla lettura del Vangelo di oggi con il brano dell'incontro di Gesù con il cieco Bartimeo, il Santo Padre ha ricordato come “il primo passo per aiutare il cammino della fede” sia proprio “ascoltare”. Papa Francesco lo ha chiamato “l'apostolato dell'orecchio” che richiede di “ascoltare, prima di parlare”. L'esempio indicato all'uomo da Gesù che con Bartimeo “non è sbrigativo” sebbene “non era difficile intuire che cosa avrebbe chiesto Bartimeo”. Le richieste di aiuto del prossimo non sono un disturbo ma “una domanda vitale”. Bisogna ascoltare il grido di chi soffre, ha detto il Papa, non le “chiacchiere inutili”.

Tendere l'orecchio verso i giovani

In particolare, il Pontefice ha esortato la Chiesa a tendere l'orecchio verso i bisogni e i desideri dei giovani così come è stato fatto durante questo Sinodo: “Vorrei dire ai giovani, a nome di tutti noi adulti; scusateci se spesso non vi abbiamo dato ascolto; se anziché aprirvi il cuore, vi abbiamo riempito le orecchie”. La Chiesa – ha detto il Papa – non deve delegare nel servizio dell'ascolto, ma fare come Gesù con Bartimeo, immedesimarsi nel prossimo: “Fare – ha detto il Pontefice – non solo parlare (…) coinvolgendosi in prima persona con un amore di predilezione per ciascuno“, come fa Dio. Perche così, ha detto Papa Francesco, “la fede germoglia nella vita”. Un invito, dunque, a non avere paura di accostarsi agli altri, anche a quelli che non la pensano come noi: Questo, ha detto il Pontefice, è “l'antidoto contro la tentazione delle ricette pronte”. Il Papa ha poi messo in evidenza i due pericoli più frequenti in cui può cadere, a suo parere, chi crede: “Quando la fede si concentra puramente sulle formulazioni dottrinali, rischia di parlare solo alla testa, senza toccare il cuore. E quando si concentra solo suo fare, rischia di diventare moralismo e di ridursi al sociale”. Una riflessione che lo ha portato a sostenere: “Non possiamo essere dottrinalisti o attivisti; siamo chiamati avanti l'opera di Dio al modo di Dio, nella prossimità”. E quest'ultima, ha detto il Papa, è il segreto per trasmettere il cuore della fede, non qualche aspetto secondario”.

Non trasformare la Chiesa in un'organizzazione parastatale

Il Santo Padre ha sottolineato che solo Gesù è capace di “portare la luce di Dio nelle tenebre della vita” e offrire amore vero: “Non è cristiano aspettare che i fratelli in ricerca bussino alle nostre porte; dovremo andare da loro, non portando noi stessi, ma Gesù”. Il compito dei Suoi discepoli, dunque, non è quello di soddisfare il proprio ego ma soltanto “incoraggiare e rialzare nel Suo nome”. Troppe volte invece, secondo il Papa, “abbiamo spacciato per parola Sua le nostre idee“. Questa tendenza fa cadere in un pericolo ricorrente che il Papa ha evidenziato: “Quante volte la gente sente più il peso delle nostre istituzioni che la presenza amica di Gesù! Allora passiamo per una Ong, per un'organizzazione parastatale, non per la comunità dei salvati che vivono la gioia del Signore”. Papa Francesco ha indicato le tre linee guida nel cammino di fede: “Ascoltare, fare i prossimi, testimoniare” perché “la fede è questione di incontro, non di teoria. Nell'incontro Gesù passa, nell'incontro palpita il cuore della Chiesa”. Non le prediche, secondo il Papa, sono efficaci in questo cammino ma la testimonianza. Per questo, il Santo Padre ha concluso ringraziando padri sinodali  per aver “partecipato a questo camminare insieme” che consentirà di testimoniare ai giovani “la gioia della nostra vita; Gesù”.