Il Santo Padre: “Con Maria non siamo orfani e dove c’è una madre c’è tenerezza”

“Celebrare la maternità di Maria come Madre di Dio e madre nostra all’inizio di un nuovo anno significa ricordare una certezza che accompagnerà i nostri giorni: siamo un popolo con una Madre, non siamo orfani. Le madri sono l’antidoto più forte contro le nostre tendenze individualistiche ed egoistiche, contro le nostre chiusure e apatie. Una società senza madri sarebbe non soltanto una società fredda, ma una società che ha perduto il cuore, che ha perduto il “sapore di famiglia”. Una società senza madri sarebbe una società senza pietà, che ha lasciato il posto soltanto al calcolo e alla speculazione. Perché le madri, perfino nei momenti peggiori, sanno testimoniare la tenerezza, la dedizione incondizionata, la forza della speranza”.

Con queste parole durante l’omelia della Messa del primo giorno dell’anno Papa Francesco ha paragonato il ruolo di Maria e quello di tante madri che lungo i secoli e a tutte le latitudini hanno saputo e sanno portare avanti le famiglie e i valori più solidi e fondamentali della società.

Da una parte Maria, che “ci ha dato il calore materno, quello che ci avvolge in mezzo alle difficoltà; il calore materno che permette che niente e nessuno spenga in seno alla Chiesa la rivoluzione della tenerezza inaugurata dal suo Figlio” perché “dove c’è una madre, c’è tenerezza”. Dall’altra quelle madri dalle quali, ha detto il Papa, “ho imparato molto”, quelle madri che “avendo i figli in carcere o prostrati in un letto di ospedale o soggiogati dalla schiavitù della droga, col freddo e il caldo, con la pioggia e la siccità, non si arrendono e continuano a lottare per dare loro il meglio. O quelle madri che, nei campi-profughi, o addirittura in mezzo alla guerra, riescono ad abbracciare e a sostenere senza vacillare la sofferenza dei loro figli. Madri che danno letteralmente la vita perché nessuno dei figli si perda. Dove c’è la madre c’è unità, c’è appartenenza, appartenenza di figli”.

Il Papa ha messo in guardia dalla “corrosiva malattia della “orfanezza spirituale”, quella orfanezza che l’anima vive quando si sente senza madre e le manca la tenerezza di Dio. Quella orfanezza che viviamo quando si spegne in noi il senso di appartenenza a una famiglia, a un popolo, a una terra, al nostro Dio. Quella orfanezza che trova spazio nel cuore narcisista che sa guardare solo a sé stesso e ai propri interessi e che cresce quando dimentichiamo che la vita è stata un dono, che l’abbiamo ricevuta da altri, e che siamo invitati a condividerla in questa casa comune”. E ha proseguito: “Un tale atteggiamento di orfanezza spirituale è un cancro che silenziosamente logora e degrada l’anima. E così ci degradiamo a poco a poco, dal momento che nessuno ci appartiene e noi non apparteniamo a nessuno: degrado la terra perché non mi appartiene, degrado gli altri perché non mi appartengono, degrado Dio perché non gli appartengo… E da ultimo finisce per degradare noi stessi perché dimentichiamo chi siamo, quale “nome” divino abbiamo. La perdita dei legami che ci uniscono, tipica della nostra cultura frammentata e divisa, fa sì che cresca questo senso di orfanezza e perciò di grande vuoto e solitudine. La mancanza di contatto fisico (e non virtuale) va cauterizzando i nostri cuori facendo perdere ad essi la capacità della tenerezza e dello stupore, della pietà e della compassione. L’orfanezza spirituale ci fa perdere la memoria di quello che significa essere figli, essere nipoti, essere genitori, essere nonni, essere amici, essere credenti. Ci fa perdere la memoria del valore del gioco, del canto, del riso, del riposo, della gratuità”. Per questo il S. Padre ha invitato a “incontrare il suo sguardo materno”, lo sguardo di Maria e ha concluso chiedendo a tutti di alzarsi in piedi per invocare la Madonna per tre volte come i fedeli di Efeso: “Santa Madre di Dio!”.

All’Angelus il Pontefice ha ripreso le considerazioni sul legame tra la maternità divina di Maria e quella del genere umano, che la porta ad essere “associata intimamente” alla “missione di salvezza” di Cristo. “Dio – ha detto il Papa – chiede a Maria non solo di essere la madre del suo Figlio unigenito, ma anche di cooperare con il Figlio e per il Figlio al piano salvezza, affinché in lei e attraverso di lei, umile serva, si compiano le grandi opere della misericordia divina”. Francesco ha anche rivolto una preghiera alla Vergine: “Grazie, o Santa Madre del Figlio di Dio Gesù! Grazie per la tua umiltà che ha attirato lo sguardo di Dio; grazie per la fede con cui hai accolto la sua Parola; grazie per il coraggio con cui hai detto “eccomi”, dimentica di te, affascinata dall’Amore Santo, fatta un tutt’uno con la sua speranza. Grazie, o Santa Madre del Figlio di Dio Gesù! Prega per noi, pellegrini nel tempo; aiutaci a camminare sulla via della pace. Amen”.

Poi il Papa ha fatto riferimento alla Giornata mondiale della Pace, istituita 50 anni fa dal beato Paolo VI: la pace, ha affermato, si costruisce “dicendo “no” – con i fatti – all’odio e alla violenza e “sì” alla fraternità e alla riconciliazione”. Ma purtroppo la violenza continua a seminare morte e distruzione e il S. Padre ha ricordato che “ha colpito anche in questa notte di auguri e di speranza” con il grave attentato a Istanbul. Il Papa si è detto “addolorato” e vicino con la preghiera ai defunti e ai loro familiari. “Prego per le numerose vittime – ha affermato Francesco – e per i feriti e per tutta la Nazione in lutto, e chiedo al Signore di sostenere tutti gli uomini di buona volontà che si rimboccano coraggiosamente le maniche per affrontare la piaga del terrorismo e questa macchia di sangue che avvolge il mondo con un’ombra di paura e di smarrimento”.

In piazza, tra gli altri, c’erano i partecipanti alla marcia organizzata dalla Comunità di S. Egidio, con l’iniziativa “Pace in tutte le terre” che si è svolta in centinaia di altre città del mondo, per dare una risposta alle guerre e al terrorismo. Nel fare gli auguri di buon anno, il Papa ha affermato che “l’anno sarà buono nella misura in cui ognuno di noi, con l’aiuto di Dio, cercherà di fare il bene giorno per giorno”.