Il Papa alla Cisl: “Le pensioni d’oro offendono il lavoro”

Lo studio è il solo lavoro “buono e giusto” dei ragazzi, le pensioni d’oro sono un’offesa al mondo del lavoro grave quanto le pensioni povere. Lo ha detto Papa Francesco ricevendo in udienza i delegati della Cisl al XVIII Congresso Nazionale sul tema: “Per la persona, per il lavoro”, in programma fino a sabato 1. luglio. Un discorso lungo e articolato che ha abbracciato tutti gli aspetti del mondo del lavoro.

Persona e lavoro

“Persona e lavoro sono due parole che possono e devono stare insieme – ha sottolineato il Papa – Perché se pensiamo e diciamo il lavoro senza la persona, il lavoro finisce per diventare qualcosa di disumano, che dimenticando le persone dimentica e smarrisce sé stesso. Ma se pensiamo la persona senza lavoro, diciamo qualcosa di parziale, di incompleto, perché la persona si realizza in pienezza quando diventa lavoratore, lavoratrice; perché l’individuo diventa persona quando si apre agli altri, alla vita sociale, quando fiorisce nel lavoro. Il lavoro è la forma più comune di cooperazione che l’umanità abbia generato nella sua storia”. Il Papa ha aggiunto che “Il lavoro è una forma di amore civile: non è un amore romantico né sempre intenzionale, ma è un amore vero, autentico, che ci fa vivere e porta avanti il mondo”.

No a ogni sfruttamento

Quindi l’ennesimo monito del Pontefice contro ogni forma di sfruttamento: “Da bambini non si lavora, e non si deve lavorare. Nel mondo – ha proseguito – ancora troppi bambini e ragazzi che lavorano e non studiano, mentre lo studio è il solo ‘lavoro’ buono dei bambini e dei ragazzi”. E ancora: “non sempre e non a tutti è riconosciuto il diritto a una giusta pensione – giusta perché né troppo povera né troppo ricca: le ‘pensioni d’oro’ sono un’offesa al lavoro non meno grave delle pensioni troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro diventino perenni”. Non è mancato un riferimento a chi “si ammala e viene scartato anche dal mondo del lavoro in nome dell’efficienza – e invece se una persona malata riesce, nei suoi limiti, ancora a lavorare, il lavoro svolge anche una funzione terapeutica: a volte si guarisce lavorando con gli altri, insieme agli altri, per gli altri”. Senza dimenticare le donne: “Ancora nel mondo del lavoro la donna è di seconda classe: voi potreste dire, sì, ma c’e’ quella imprenditrice, quell’altra… ma la donna guadagna di meno, è più facilmente sfruttata: fate qualcosa”.

Società miopi

Il Papa è stato chiarissimo nella sua denuncia: “E’ una società stolta e miope quella che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga una intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti. Quando i giovani sono fuori dal mondo del lavoro, alle imprese mancano energia, entusiasmo, innovazione, gioia di vivere, che sono preziosi beni comuni che rendono migliore la vita economica e la pubblica felicità. È allora urgente un nuovo patto sociale per il lavoro, che riduca le ore di lavoro di chi è nell’ultima stagione lavorativa, per creare lavoro per i giovani che hanno il diritto-dovere di lavorare. Il dono del lavoro è il primo dono dei padri e delle madri ai figli e alle figlie, è il primo patrimonio di una società”.

La “profezia” del sindacato

Quindi Francesco si è soffermato sulle sfide principali che attendono il sindacato. “La prima è la profezia, e riguarda la natura stessa del sindacato, la sua vocazione più vera. Il sindacato è espressione del profilo profetico della società. Il sindacato nasce e rinasce tutte le volte che, come i profeti biblici, dà voce a chi non ce l’ha, denuncia il povero ‘venduto per un paio di sandali’, smaschera i potenti che calpestano i diritti dei lavoratori più fragili, difende la causa dello straniero, degli ultimi, degli ‘scarti’. Come dimostra anche la grande tradizione della Cisl, il movimento sindacale ha le sue grandi stagioni quando è profezia. Ma nelle nostre società capitalistiche avanzate il sindacato rischia di smarrire questa sua natura profetica, e diventare troppo simile alle istituzioni e ai poteri che invece dovrebbe criticare. Il sindacato col passare del tempo ha finito per somigliare troppo alla politica, o meglio, ai partiti politici, al loro linguaggio, al loro stile”.

La sfida dell’innovazione

La seconda sfida riguarda l’innovazione. “I profeti sono delle sentinelle, che vigilano nel loro posto di vedetta. Anche il sindacato deve vigilare sulle mura della città del lavoro, come sentinella che guarda e protegge chi è dentro la città del lavoro, ma che guarda e protegge anche chi è fuori delle mura. Il sindacato non svolge la sua funzione essenziale di innovazione sociale se vigila soltanto su coloro che sono dentro, se protegge solo i diritti di chi lavora già o è in pensione. Questo va fatto, ma è metà del vostro lavoro. La vostra vocazione è anche proteggere chi i diritti non li ha ancora, gli esclusi dal lavoro che sono esclusi anche dai diritti e dalla democrazia. Il capitalismo del nostro tempo non comprende il valore del sindacato, perché ha dimenticato la natura sociale dell’economia, dell’impresa, della vita, dei legami e dei patti. Ma forse la nostra società non capisce il sindacato anche perché non lo vede abbastanza lottare nei luoghi dei ‘diritti del non ancora’: nelle periferie esistenziali, tra gli scartati del lavoro, tra gli immigrati, i poveri, che sono sotto le mura della città; oppure non lo capisce semplicemente perché a volte la corruzione è entrata nel cuore di alcuni sindacalisti. Non lasciatevi bloccare da questo” ha concluso il Papa, ricordando che “non c’è una buona società senza un buon sindacato, e non c’è un sindacato buono che non rinasca ogni giorno nelle periferie, che non trasformi le pietre scartate dell’economia in pietre angolari. Sindacato è una bella parola che proviene dal greco syn-dike, cioè ‘giustizia insieme’. Non c’è giustizia insieme se non è insieme agli esclusi”.

Il saluto della Furlan

Nel suo saluto al Papa, il segretario generale Annamaria Furlan ha ricordato che i componenti della Cisl “sono lavoratrici, lavoratori, pensionati, giovani, immigrati che ben rappresentano la forza virtuosa del nostro Paese, che trovano ogni giorno nella Sua parola illuminata, Santo Padre, un punto di riferimento costante, un ancoraggio ed una ragione di speranza in un mondo caratterizzato da quella che Ella, Santità, ha definito giustamente una ‘guerra a pezzi’, combattuta nell’immobilismo delle istituzioni internazionali, nelle colpevoli omissioni dei Governi, nelle debolezze di un’Europa miope e chiusa in se stessa, che sembra aver accantonato il suo ruolo storico di portatrice di pace, giustizia sociale, solidarietà”. Poi la leader della Cisl ha sottolineato che “una globalizzazione inumana, senza regole ed una finanza ingorda, ci hanno consegnato più diseguaglianze sociali, più povertà, più disoccupazione, senso di solitudine e frustrazione, soprattutto di tanti giovani emarginati, senza un lavoro stabile ed a volte anche sfruttati da un consumismo che non riconosce l’importanza ed il ruolo unificante del lavoro nella società. Noi non ci rassegniamo a questa situazione“. “Le siamo infinitamente grati e riconoscenti, caro Santo Padre, per i Suoi appelli costanti, accorati, in tante vertenze che ci vedono duramente impegnati per difendere il reddito da lavoro, la tutela dei diritti fondamentali, la stabilità dell’impiego, la sicurezza in tutti i luoghi di lavoro”, ha ricordato ancora la sindacalista. “La Cisl si batte per questi obiettivi e per questo oggi pomeriggio, in occasione dell’apertura del XVIII Congresso Confederale, porremo al centro della nostra proposta sindacale il tema della crescita economica, della necessità di costruire un’Europa del lavoro e della giustizia sociale, chiedendo anche a tutti gli interlocutori istituzionali, politici ed economici, di fare di più, con grande senso di responsabilità, per la tutela della famiglia, la difesa della maternità, per l’accoglienza e l’integrazione di quanti fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni, dalle malattie, dalla fame”.