Il Papa agli ebrei: “La Chiesa tende la mano”

Essere responsabili significa essere capaci di rispondere. Non è solo questione di analizzare le cause della violenza e di rifiutarne le logiche perverse, ma di essere pronti e attivi nel rispondervi”. Papa Francesco ha affrontato il tema dell'antisemitismo durante l'udienza concessa questa mattina partecipanti alla conferenza internazionale sulla responsabilità degli Stati, delle Istituzioni e degli individui nella lotta all’antisemitismo e ai crimini connessi all’odio antisemitico, che si tiene a Roma presso il Ministero degli Esteri. La Conferenza è organizzata in cooperazione con l’OSCE, con il sostegno dell’ODIHR (Office for Democratic Institutions and Human Rights) e in collaborazione con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea.

“Il nemico contro cui lottare non è soltanto l’odio, in tutte le sue forme – ha detto il Pontefice – ma, ancor più alla radice, l’indifferenza; perché è l’indifferenza che paralizza e impedisce di fare quel che è giusto anche quando si sa che è giusto. Non mi stanco di ripetere che l’indifferenza è un virus che contagia pericolosamente i nostri tempi, tempi nei quali siamo sempre più connessi con gli altri, ma sempre meno attenti agli altri”.

Citando la Genesi e l'omicidio commesso da Caino, il Papa ha affermato: “Non gli importa del fratello: ecco la radice perversa, radice di morte che produce disperazione e silenzio. Ricordo questo silenzio assordante, che percepii nella mia visita ad Auschwitz-Birkenau: un silenzio inquietante, che lascia spazio solo alle lacrime, alla preghiera e alla richiesta di perdono. Di fronte al virus dell’indifferenza, quale vaccino possiamo amministrare?” si è chiesto il Pontefice. La risposta è stata individuata nel Deuteronomio e nell'atteggiamento di Mosè: occorre fare “memoria non solo con la mente, ma dal profondo dell’animo, con tutto te stesso. E non fare memoria soltanto di ciò che piace, ma 'di tutto il cammino'. Si è appena celebrato il giorno della memoria. Per recuperare la nostra umanità, per recuperare una comprensione umana della realtà e superare tante deplorevoli forme di apatia verso il prossimo, ci occorre questa memoria, questa capacità di coinvolgerci insieme nel ricordare. La memoria è la chiave di accesso al futuro, ed è nostra responsabilità consegnarla degnamente alle giovani generazioni”.

Il S. Padre ha citato il documento della Commissione per i Rapporti religiosi con l’Ebraismo “Noi ricordiamo: una Riflessione sulla Shoah“, a 20 anni dalla pubblicazione. “Il futuro comune di ebrei e cristiani – ha commentato – esige che noi ricordiamo, perché non c’è futuro senza memoria. La storia stessa è memoria futuri. Per costruire la nostra storia, che sarà insieme o non sarà, abbiamo bisogno di una memoria comune, viva e fiduciosa, che non rimanga imprigionata nel risentimento ma, pur attraversata dalla notte del dolore, si dischiuda alla speranza di un’alba nuova. La Chiesa desidera tendere la mano. Desidera ricordare e camminare insieme. Aiutiamoci a vicenda – ha concluso il Papa – a far fermentare una cultura della responsabilità, della memoria e della prossimità, e a stabilire un’alleanza contro l’indifferenza, contro ogni indifferenza. Saranno certamente di aiuto le potenzialità dell’informazione, ma ancora più importante sarà la formazione. È urgente educare le giovani generazioni a coinvolgersi attivamente nella lotta contro gli odi e le discriminazioni, ma anche nel superare le contrapposizioni del passato e a non stancarsi mai di cercare l’altro”.