Bergoglio: “Il popolo caucasico cammini verso la pace e la fraternità”

Dopo la visita a sorpresa di martedì nelle zone terremotate, che sicuramente gli è costata molta fatica per i diversi spostamenti in auto, Papa Francesco ha tenuto questa mattina l’abituale udienza generale in piazza S. Pietro, primo appuntamento di una giornata ancora molto densa di impegni.

Il Pontefice nella sua catechesi è tornato, come fa abitualmente dopo un viaggio apostolico, sulla visita in Georgia e Azerbaigian. “Questo viaggio – ha detto Francesco – è stato il proseguimento e il completamento di quello effettuato in Armenia, nel mese di giugno. In tal modo ho potuto – grazie a Dio – realizzare il progetto di visitare tutti e tre questi Paesi caucasici, per confermare la Chiesa Cattolica che vive in essi e per incoraggiare il cammino di quelle popolazioni verso la pace e la fraternità. Entrambi questi Paesi hanno radici storiche, culturali e religiose molto antiche, ma nello stesso tempo stanno vivendo una fase nuova: infatti, tutt’e due celebrano quest’anno il 25° della loro indipendenza, essendo stati per buona parte del secolo XX sotto il regime sovietico. E in questa fase essi incontrano parecchie difficoltà nei diversi ambiti della vita sociale”.

Secondo il Papa “la Chiesa Cattolica è chiamata ad essere presente, ad essere vicina, specialmente nel segno della carità e della promozione umana; ed essa cerca di farlo in comunione con le altre Chiese e Comunità cristiane e in dialogo con le altre comunità religiose, nella certezza che Dio è Padre di tutti e noi siamo fratelli e sorelle”. Francesco ha voluto sottolineare l’importanza del fatto che “quando sono arrivato a Tbilisi ho trovato a ricevermi all’aeroporto, insieme con il Presidente della Repubblica, anche il venerato Patriarca Ilia II. L’incontro con lui quel pomeriggio è stato commovente, come pure lo è stata all’indomani la visita alla Cattedrale Patriarcale, dove si venera la reliquia della tunica di Cristo, simbolo dell’unità della Chiesa. Questa unità è corroborata dal sangue di tanti martiri delle diverse confessioni cristiane”. Già sul viaggio di ritorno il Papa aveva avuto parole di stima per Ilia e questo fa passare (quasi) in secondo piano il fatto che all’ultimo momento la delegazione ortodossa ha cancellato la sua partecipazione alla Messa celebrata dal Papa. Un’assenza che in Vaticano si tende a minimizzare per evitare che la posizione della Chiesa ortodossa georgiana si irrigidisca ulteriormente.

Francesco ha anche ricordato la preghiera per la pace in Siria, in Iraq e in tutto il Medio Oriente per poi ribadire un concetto già espresso in passato: citando la Messa in memoria di Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle missioni, il Papa ha detto che “lei ci ricorda che la vera missione non è mai proselitismo, ma attrazione a Cristo a partire dalla forte unione con Lui nella preghiera, nell’adorazione e nella carità concreta, che è servizio a Gesù presente nel più piccolo dei fratelli. E’ quello che fanno i religiosi e le religiose che ho incontrato a Tbilisi, come poi anche a Baku: lo fanno con la preghiera e con le opere caritative e promozionali. Li ho incoraggiati ad essere saldi nella fede, con memoria, coraggio e speranza. E poi ci sono le famiglie cristiane: quant’è preziosa la loro presenza di accoglienza, accompagnamento, discernimento e integrazione nella comunità!”.

Riferendosi all’Azerbaigian, dove i cattolici sono poche centinaia in un Paese a stragrande maggioranza musulmana, ha sottolineato che “questo stile di presenza evangelica come seme del Regno di Dio è, se possibile, ancora più necessario”. La “comunione in Cristo – infatti – non impedisce, anzi, spinge a cercare l’incontro e il dialogo con tutti coloro che credono in Dio, per costruire insieme un mondo più giusto e fraterno. In tale prospettiva, rivolgendomi alle Autorità azere, ho auspicato che le questioni aperte possano trovare buone soluzioni e tutte le popolazioni caucasiche vivano nella pace e nel rispetto reciproco”.

Nel pomeriggio il Pontefice parteciperà all’inaugurazione dell’evento “Sport al servizio dell’umanità” con il segretario dell’Onu Ban Ki moon e il presidente del Cio Thomas Bach per poi recarsi, insieme all’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, nella chiesa dei santi Andrea e Gregorio al Celio, dove presiederà i vespri per commemorare, con il primate anglicano, il 50° anniversario dell’incontro tra i rispettivi predecessori, Paolo VI e Michael Ramsey, e l’istituzione del Centro anglicano di Roma. Domani è in programma un incontro privato e nell’occasione Welby porterà al dito l’anello episcopale che Paolo VI donò a Ramsey.