Il Papa: “Per seminare la fede occorre il fiuto del pastore”

Francesco

'Seminatore di pace e di speranza' è il tema che è stato scelto per questa visita e che può ben essere un’eco della missione che ci è stata affidata”. Si dirama attraverso la frase che indica il tema del suo viaggio africano il discorso di Papa Francesco ai vescovi del Madagascar (pronunciato nella Cattedrale dell'Immacolata Concezione di Andohalo), ai quali ha ricordato il ruolo di seminatori che li contraddistingue nella loro opera pastorale: “Il seminatore stanco e preoccupato non si scoraggia, non si arrende, e tanto meno brucia il suo campo quando qualcosa va storto… Sa aspettare, è fiducioso; si fa carico delle delusioni del suo seme, ma non smette mai di amare il campo affidato alle sue cure”. Attraverso l'immagine del seminatore, “noi vescovi siamo chiamati a spargere i semi della fede e della speranza su questa terra. A tale scopo, dobbiamo sviluppare quel 'fiuto' che ci consente di conoscerla meglio e anche di scoprire ciò che compromette, ostacola o danneggia la semente. Il fiuto del pastore”.

La figura del pastore

“La dimensione profetica legata alla missione della Chiesa – ha spiegato il Pontefice – richiede, dovunque e sempre, un discernimento che in genere non è facile. In questo senso, la collaborazione matura e indipendente tra la Chiesa e lo Stato è una sfida continua, perché il pericolo di collusione non è mai remoto, specialmente se noi arriviamo a perdere il 'mordente evangelico'”. In questo senso, ha spiegato il Santo Padre, “il segno distintivo di questo discernimento sarà che l’annuncio del Vangelo include la vostra preoccupazione per tutte le forme di povertà: non solo 'assicurare a tutti il cibo, o un decoroso sostentamento, ma che possano avere prosperità nei suoi molteplici aspetti'”. Altra dimensione dell'essere pastori è la difesa della persona umana: “Per essere pastori secondo il cuore di Dio, dobbiamo essere i primi nella scelta di proclamare il Vangelo ai poveri… Abbiamo un dovere particolare di vicinanza e di protezione verso i poveri, gli emarginati e i piccoli, verso i bambini e le persone più vulnerabili, vittime di sfruttamento e di abusi, vittime, oggi, di questa cultura dello scarto. Oggi la mondanità ci ha portato a inserire nei programmi sociali, nei programmi di sviluppo, lo scarto come possibilità: lo scarto di chi sta per nascere e lo scarto di chi sta per morire, per affrettare la partenza”.

La paternità spirituale

Per definire la figura del pastore, Papa Francesco utilizza un altro esempio: “Il pastore deve prendere la vita da dove viene, con i risultati che vengono. Il pastore è come il portiere della squadra di calcio: prende il pallone da dove lo tirano. Sa muoversi, sa prendere la realtà come viene. E correggere le cose, dopo, ma sul momento prende la vita come viene. Questo è amore di pastore. Questo dice di una fedeltà al Vangelo che ci rende anche pastori vicini al popolo di Dio, a cominciare dai nostri fratelli sacerdoti, che sono i nostri fratelli più vicini e che devono ricevere da noi una cura speciale”. E, ha ricordato, “qualche tempo fa esponevo ai vescovi italiani la premura che i nostri sacerdoti possano trovare nel loro vescovo la figura del fratello maggiore e del padre che li incoraggia e li sostiene lungo il cammino. È questa la paternità spirituale, che spinge il vescovo a non lasciare orfani i suoi sacerdoti e che si può 'toccare con mano' non solo nella capacità di aprire le porte a tutti i sacerdoti, ma anche in quella di andare a cercarli per accompagnarli quando attraversano un momento di difficoltà”.