Il Papa: “Nelle ferite di Cristo la gioia del perdono”

Christos vozkrese”, ovvero “Cristo è risorto” in lingua slava. Si rivolge così Papa Francesco al Patriarca Neofit, incontrato nel Palazzo del Sinodo di Sofia e omaggiato con il saluto pasquale in una domenica che “nell’Oriente cristiano è chiamata 'domenica di San Tommaso'”. E nel suo discorso, il Santo Padre riconosce come, anche oggi, la Chiesa porti su di sé pesanti fardelli, da alleggerire attraverso il perdono reciproco: “Le ferite che lungo la storia si sono aperte tra noi cristiani sono lacerazioni dolorose inferte al Corpo di Cristo che è la Chiesa. Ancora oggi ne tocchiamo con mano le conseguenze. Ma forse, se mettiamo insieme la mano in queste ferite e confessiamo che Gesù è risorto, e lo proclamiamo nostro Signore e nostro Dio, se nel riconoscere le nostre mancanze ci immergiamo nelle sue ferite d’amore, possiamo ritrovare la gioia del perdono e pregustare il giorno in cui, con l’aiuto di Dio, potremo celebrare allo stesso altare il mistero pasquale”.

Ecumenismo del povero

Tante sofferenze sono state patite dai cristiani, in questo Paese, “in particolare durante la persecuzione del secolo scorso”, definita da Papa Francesco “l'ecumenismo del sangue”. Quei cristiani, “hanno diffuso un profumo soave nella Terra elle rose. Sono passati attraverso le spine della prova per spandere la fragranza del Vangelo… Credo che questi testimoni della Pasqua, fratelli e sorelle di diverse confessioni uniti in Cielo dalla carità divina, ora guardino a noi come a semi piantati in terra per dare frutto”. E, ricordando ancora una volta il periodo trascorso a Sofia dal santo Giovanni XXIII, Papa Francesco ha affermato di provare nel cuore “la nostalgia del fratello, quella salutare nostalgia per l’unità tra i figli dello stesso Padre, che Papa Giovanni ebbe certamente modo di maturare in questa città”. Dal Vaticano II, infatti, i contatti con la Chiesa ortodossa si sono moltiplicati, manifestando un impegno comune nell'assistenza caritatevole ai bisognosi, il cosiddetto ecumenismo del povero: “Sono fiducioso che, con l’aiuto di Dio e nei tempi che la Provvidenza disporrà, tali contatti potranno incidere positivamente su tanti altri aspetti del nostro dialogo”. Un cammino da orientare sulle orme dei santi Cirillo e Metodio che, come disse san Giovanni Paolo II, possono essere definiti “i promotori di un’Europa unita e di una pace profonda fra tutti gli abitanti del continente”.

Eredi della fede dei Santi

Missione e comunione sono dunque le parole chiave del cammino ecumenico delle chiese: “Due parole sempre declinate nella vita dei due Santi e che possono illuminare il nostro cammino per crescere in fraternità. L’ecumenismo della missione. Il loro coraggioso apostolato rimane per tutti un modello di evangelizzazione”. E anche noi, ha spiegato il Santo Padre, “eredi della fede dei Santi, siamo chiamati ad essere artefici di comunione, strumenti di pace nel nome di Gesù”, ricordando al contempo il valore di un Paese-ponte come la Bulgaria e pregando per garantire quella “porta che dischiude ogni via di bene per i fedeli di questo amato popolo, per l’alta vocazione di questo Paese, per il nostro cammino in un ecumenismo del sangue, del povero e della missione”.