Il Papa: “Andare a prostitute non è amore, è tortura”

La tratta è un crimine contro l'umanità” frutto di “una mentalità malata che dice che la donna va sfruttata. E non c'è femminismo che sia riuscito a sradicare questa mentalità dall'immaginario collettivo. Chiedo a voi giovani di lottare per la dignità della donna, che non è se può fare questo o quello, se può diventare questo o quello, no. La donna è figlia di Dio, la bellezza della donna ha stupito l'uomo. Alcuni governi cercano di fare pagare multe ai clienti. Ma il problema è grave. Chi fa questo è un criminale. 'Ma padre, allora non si può fare l'amore?' Questo non è fare l'amore, è torturare una donna, non confondiamo i termini”.

Papa Francesco non ha avuto peli sulla lingua nel denunciare ancora una volta gli orrori della prostituzione, della schiavitù in cui sono ridotte tante ragazze ingannate, stuprate e gettate su un marciapiede come carne da macello. Lo ha fatto rispondendo alla prima delle cinque domande che gli hanno rivolto i giovani partecipanti al presinodo. Una domanda fatta da una ragazza nigeriana, Blessing Okoedion: “Quattro anni fa sono arrivata in Italia coinvolta con inganno nella tratta degli esseri umani. Un’esperienza drammatica, di totale annullamento delle mia dignità. Ma grazie alla fede in un ‘Dio che non dorme’ ho trovato il coraggio di denunciare e di uscire da quell’inferno. In una comunità di suore, ho ritrovato la mia resurrezione. Ma è proprio per questa libertà conquistata che sento forte e faccio mio il grido di aiuto e di liberazione di tante giovani donne mie sorelle, ancora oggi umiliate e schiavizzate sulle nostre strade e mi chiedo: come aiutare i giovani a prendere consapevolezza di questo 'crimine contro l’umanità'? Come aiutarli a restare umani e contrastare e vincere una mentalità ‘malata’ che riduce la donna a schiava, a proprietà dell’uomo, a merce o per profitto o per proprio piacere egoistico? Caro Papa Francesco quello che più mi inquieta è proprio la domanda, i troppi clienti e molti di questi, come è stato detto, sono cattolici. Mi chiedo e ti chiedo, ma la Chiesa, ancora troppo maschilista, è in grado di interrogarsi con verità su questa alta domanda dei clienti? Può essere credibile nel proporre ai giovani cammini di relazione tra uomo e donna libere e liberanti?”.

Francesco ha risposto raccontando di essere stato “l'anno scorso a visitare una delle case delle ragazze liberate da questa schiavitù. E' da non credere: una è stata rapita in Moldavia e portata legata a Roma, nel portabagagli, minacciata di uccidere i genitori. Quelle che vengono per esempio dall'Africa vengono ingannate per un lavoro: una era stata ingannata nella sua parrocchia, da una signora, la chiamava così, non so se era consacrata o dell'Azione Cattolica, ma quando è arrivata nella comunità di accoglienza e ha visto una suora si è messa a gridare: 'no, no!'. Quando le portano nelle nostre città – ha continuato il Papa – quelle che resistono, lo abbiamo sentito, vengono torturate e a volte mutilate. Ci sono i giorni di 'ammorbidimento' quando arrivano: ti picchiano, torturano e alla fine cedi. Una delle ragazze mi ha detto che quando non ha portato la somma le hanno tagliato l'orecchio, ad altre hanno spezzato le dita. E' una schiavitù di oggi. Qui in Italia, dobbiamo avere il coraggio di dirlo, i clienti, al 90% sono battezzati cattolici. E sono anche tanti. Io penso allo schifo che devono sentire queste ragazze quando gli uomini le fanno fare delle cose”. E il Papa ha raccontato di un incidente avvenuto in una discoteca a Buenos Aires in cui morirono 200 persone: “Visitai in ospedale i feriti nell'incendio di una discoteca in terapia intensiva c'erano due anziani che avevano perso il senso, avevano avuto un ictus. Mi hanno detto: sono stati portati qui dal postribolo. Anziani, giovani queste ragazze sopportano tutto”.

“Questo mi raccontavano le ragazze, ora vi dirò come sono state liberate. Poi cominciano il lavoro, e in quel momento per difendersi attuano una schizofrenia difensiva, isolano il cuore, la mente, per salvare quello che possono della dignità interna, perché quella esterna, sociale, è sul pavimento, e così si difendono, ma senza nessuna speranza. Alcune sono riuscite a fuggire ma la mafia le perseguita. A volte le trovano. Quando si liberano – ha continuato il Papa – spesso non hanno il coraggio di denunciare, ma non sono codarde: amano tanto la famiglia e non vogliono che i genitori e i fratelli siano sporcati”. Poi il Papa ha ricordato la visita fatta nel 2016, durante il Giubileo straordinario, per un Venerdì dellla Misericordia, in una casa di accoglienza della Comunità Papa Giovanni: “Ho parlato con loro in una bella riunione in una delle case di don Benzi (fondatore della Comunità, ndr). Loro hanno un metodo, in quanto le ragazze sono sorvegliate. I volontari fanno così per aiutarle: si avvicina uno di loro, e quelli pensano che si accordino sul prezzo, cioè che chiedano: 'quanto costi?'. Ma loro domandano invece: 'quanto soffri?'. La ragazza sente, loro gli danno il biglietto con scritto: 'ti porteremo via, non lo saprà nessuno. Ci vediamo in quell'angolo a quell'ora e ti porteremo fuori Roma”. Poi “inizia la terapia, e un insegnamento per aiutarle a trovare un lavoro e a reinserirsi. Una delle opere che io conosco è a Roma, ma se ne fanno tante. Nella riunione c'era il cappellano (il direttore di In Terris, don Aldo Buonaiuto, impegnato nel servizio antitratta, ndr) e due volontari. Uno era il marito di una delle ragazze, si erano innamorati e si sono sposati, l'altro era il fidanzato di un'altra”.