Il Papa: un viaggio in nome della pace

Terminato il viaggio apostolico di Papa Francesco in Thailandia e Giappone, fare una sintesi delle tappe clou non è semplice. In Asia orientale abbiamo visto un Pontefice giunto a confermare nella fede il popolo di Dio, ma che non ha rinunciato ad invitare tutti gli uomini di buona volontà ad avere consapevolezza della loro spiritualità per fuggire ogni forma di egoismo. Il Pontefice non avrebbe potuto farlo che in Paesi come Thailandia e Giappone, riflessi rispettivamente nella religione buddhista e nella filosofia shintoista. In Terris ne ha parlato con il giornalista Gianni Valente, dell'agenzia Fides.

Dott. Valente, tre cose che l'hanno colpita in questo viaggio…
“Prima di tutto, l'intervento del Pontefice ai vescovi thailandesi, in cui ha detto: 'Non vi lamentate di essere pochi, ma gioite di essere piccoli', riferendosi alla piccolezza del Vangelo. Queste comunità insegnano al popolo di Dio che la vita di fede non nasce mai da un'autosufficienza, ma dalla grazia del Signore. Mi ha anche colpito che il Papa sia entrato nei malesseri spirituali, condanna l'auto-sufficienza dei giovani, la 'schiavitù' che genera la competizione. Nel toccare queste ferite spirituali e psicologiche, che poi hanno fenomeni oggettivi, il Papa non ha mai dato un'interpretazione moralistica, ma lo ha fatto abbracciando il desiderio di felicità che emerge anche attraverso le forme di malessere, di disagio. Lo ha fatto anche in Giappone e Thailandia, riconoscendo l'importanza della loro tradizione spirituale, indicando loro una strada comune da percorrere”.

Il Pontefice concilia due polarità, dunque?
“Sì, lo dimostra il fatto che egli stia partendo dalle situazioni locali e dalle storie dei singoli Paesi, che sono diventate spunto per affrontare le questioni globali. Papa Francesco si cala nei problemi locali, e lo fa connettendo lo sguardo agli scenari globali – lo stesso sguardo della 'polarizzazione positiva' alla base del suo impegno per la salvaguardia della casa comune”.

Secondo lei, il Papa è andato in questi luoghi come Pontefice, gesuita o Capo di Stato?
“Non si possono scindere questi tre aspetti, perché il Papa non rinuncia a queste dimensioni. Però, tra questi tre timbri, prevale sempre l'approccio del Vescovo di Roma che, si badi bene, non va messo in contrasto dialettico con gli altri due, ma nel suo viaggio si pone sempre come pellegrino che va per confermare nella fede i figli di Dio”.

Quale predecessore c'è stato, secondo lei, in questo viaggio apostolico?
“Il riferimento è sicuramente Papa Giovanni Paolo II, che ha fatto lo stesso viaggio. Ma c'è anche Papa Paolo VI, il primo che ha viaggiato a livello internazionale e che pure cercava dei luoghi simbolici. Faceva anch'egli scelte mirate e, nell'affrontare i problemi locali, ne mostrava l'impatto universale. Papa Francesco nell'ultimo incontro con i Vescovi giapponesi ha invitato loro di leggere l'Evangelii Nuntiandiun documento che gli è molto caro e che lo ha ispirato nel suo modo di guardare alla missione dell'annuncio della Chiesa nel tempo presente. Con questo viaggio, Papa Francesco inserisce appieno la pace entro l'orizzonte di un piano magisteriale”.