Il celibato dei preti tra storia e modernità

Colui che offre a Dio le cose sacre”: è questa l'etimologia della parola sacerdote che ha una lunga tradizione, non solo cristiana. Nel mondo biblico, il sacerdote è legato alla figura di Melchisedek, e qui vi s'associa subito una categoria di relazione, perché la Scrittura non ne menziona né il padre, né la madre, né la genealogia. Come spiegano gli esegeti, il sacerdote Melchisedek, proprio in virtù di questa mancanza di legami, è prefigurazione di Cristo, l'unto da Dio che, come sacerdote, non era legato alla tribù di Levi, simbolo della casta sacerdotale, bensì a quella di Giuda. Nel corso dei secoli, andando definendosi la figura del sacerdote, sono emersi elementi comuni, poi formalizzati per definirne lo status. Tra questi, il celibato è un elemento non poco rilevante nella caratterizzazione della Chiesa d'Occidente.

Questione aperta?

La questione è stata aperta dall'ultimo Sinodo per l'Amazzonia, dove è stata posta fra i documenti dei lavori la questione dei viri probati, gli uomini di comprovata fede e sposati, che potrebbero essere ordinati sacerdoti per amministrare i sacramenti in zone marginali del mondo, laddove si può aspettare anni per ricevere l'Eucaristia. Papa Francesco ha più volte ribadito la sua posizione sull'argomento, ricordando – in linea con i predecessori – l'importanza del celibato, inteso come dono di Dio. A tutti verrà in mente la conferenza stampa in aereo dal viaggio di ritorno da Panama, dove disse: “Mi viene alla mente una frase di San Paolo VI: 'Preferisco dare la vita prima di cambiare la legge del celibato'”. È stato reso noto che anche il Papa emerito, dal Monastero Mater Ecclesiae, stava redigendo appunti sull'importanza del sacerdozio nella Chiesa, il cui contenuto esce oggi nel libro firmato dal cardinale Robert Sarah Des profondeurs des nos coeurs, volume al centro di polemiche proprio per la supposta polemica di una contro-linea rispetto al Magistero del Pontificato attuale, che aprirebbe, all'eventualità dei viri probati. Dopo l'annuncio della pubblicazione del libro, Monsignor Gaenswein ha fatto sapere di aver contattato, su indicazione di Benedetto XVI, il cardinale stesso perché chiedesse agli editori di togliere la sua firma da introduzione e conclusioni, perché non aveva approvato “alcun progetto per un libro a doppia firma”. La vicenda, come ricorda Sarah in una comunicazione ufficiale, si sarebbe sviluppata in pieno Sinodo amazzonico. In realtà, il cenno ai viri probato non è neppure menzionato nell'Instrumentum laboris, ma solo i documenti relativi ai lavori dei circoli minori hanno posto attenzione sul tema. Poiché la prospettiva di un Sinodo è sempre universale, c'è chi ha proposto un Sinodo sul celibato sacerdotale. Già due anni dopo la sua elezione, Papa Francesco aveva ascoltato vescovo di origine austriaca Erwin Kraütler, a capo della prelatura di Xingu, in Brasile, relativamente alla condizioni dei suoi 700.000 fedeli con solo 27 sacerdoti presenti. La questione è tornata alla ribalta anche nel Sinodo, con diversi prelati che hanno mostrato la mancanza di preti in diocesi spesso grandi la metà dell'Italia. Il celibato è, comunque, una disciplina canonica, imposta a partire dal 1100. Si tratterà di capire se sarà un tema su cui il Pontefice esprimerà una posizione netta oppure dovrà mettersi in ascolto per una soluzione differente. Va, comunque, ribadito che in sede di Concilio si è voluto accentare il carattere di preziosità del celibato, che non toglie, ma arricchisce il ministero del presbiterato e la sua attività evangelizzatrice.

La storia del celibato 

Interris.it ha chiesto a padre Paul Oberholzer, docente di Storia della Chiesa alla Pontificia Università Gregoriana, il legame tra celibato e vita sacerdotale e il suo ruolo nella millenaria storia della Chiesa

Secondo lei, si può mettere in discussione il celibato, come avviene oggi?
“Secondo me, si deve sempre tenere aperta la discussione, il sacerdozio non è una verità dogmatica che tocca la nostra fede. Dobbiamo, però, renderci conto della linea della tradizione che ha forgiato la Chiesa occidentale. Sarebbe un cambiamento molto profondo abolire il celibato. Dobbiamo renderci conto che si tratta di un'eredità della tradizione, legata alla vita dei sacerdoti. Semmai, il punto è un altro…”

Quale?
“La questione della riforma, se di riforma si vuole parlare, non è il celibato. Noi oggi parliamo di vita celibe e molti sacerdoti vivono in solitudine. Quando si promuoveva il celibato come cifra della vita sacerdotale, si parlava di vita comunitaria. Oggi è questa la cultura di vita da recuperare per fronteggiare l'individualismo. Inoltre, non dimentichiamo che, oltre a far parte della tradizione occidentale, abbiamo una teologia della vita sacerdotale che si basa sul concetto di vocazione nella sequela di Cristo. 

Il celibato e sacerdozio: un connubio fin dalle origini?
“No. Per diverso tempo nella Chiesa Occidentale vi erano sacerdoti sposati. Ancora oggi, però, nella Chiesa Orientale, come quella russa e bizantina, sono inclusi i sacerdoti sposati. Ma anche in questo caso, i sacerdoti orientali devono sposarsi prima dell'ordinazione: se arrivano al diaconato non sposati, non possono, non si sposano una volta ordinati”.

I primi Papi erano sposati?
“Dalla Bibbia, sappiamo che san Pietro parla della suocera. Ma anche Gesù conosceva l'ideale della vita in celibato. Ne fa cenno diverse volte, quando dice che ci sono alcuni che rinunciano al matrimonio per il Regno di Dio, o il suo appello a lasciare tutto e seguirlo”.

Come si è arrivati nella Chiesa latina?
“Dal IV secolo in poi, nella Chiesa latina c'erano già voci che richiedevano il celibato sacerdotale, anche se non esisteva una regola precisa. Nel VII secolo l'Italia stava assistendo a una disgregazione dell'antico per la presenza dei Longobardi da una parta, e dell'avanzata dei musulmani dall'altra. A quel tempo, monaci missionari vennero inviati in Inghilterra e costruirono una loro forma di Chiesa. Si trattava di missionari, ma che erano comunque legati alla vita monastica. Da un loro punto di vista, promuovevano un tipo di Chiesa orientato alla vita monastica che includeva anche il celibato. Persino i sacerdoti in campagna erano orientati al celibato, ma con una vocazione comunitaria. Quando i monaci tornano in Germania e in Gallia, che erano state percorse dai Longobardi, innestano nella Chiesa d'Occidente una cultura monastica di base. Con questo movimento, la Chiesa occidentale diventa monastica con una vita sempre più orientata nei monasteri e, quindi, nel celibato. Un grande impulso si ha nel XII secolo con i monaci Cistercensi, in seguito con i Francescani e i Domenicani”.

Nella storia della Chiesa, c'è un periodo di forte presa di posizione in tal senso?
“Negli anni della Riforma di Lutero, quando la Chiesa protestante abbandona il celibato, fece parte della Controriforma cattolica ribadirne la centralità. In quel periodo, tra le altre cose, ci fu un forte impulso alla vita monastica e comunitaria con la nascita di nuovi ordini come i Gesuiti e i Cappuccini, che sottolinearono il binomio celibato-vita comunitaria”.

Il celibato viene rimesso in discussione dopo?
“Certo. Tra la fine del Settecento e l'Ottocento, con l'onda dell'Illuminismo, diversi prelati cattolici legati all'entourage di Napoleone lo misero in discussione. Poi, però, tale posizione fu superata: nella seconda metà dell'Ottocento, infatti, si ebbe un forte orientamento opposto, a partire dal papato di Pio IX. Si rafforzarono gli ordini religiosi che vivevano nella città, ma con forte vocazione comunitaria insieme a un impulso del sacerdozio diocesano. Solo negli anni Sessanta del Novecento si arriva a parlare di viri probati, cioè di uomini sposati accettati dalla Chiesa che si sono manifestati saldi. Ma, come ribadito, il problema non è il celibato, semmai capire che coloro che scelgono la vita celibe non vivono di sole rinunce: la vita di un sacerdote, al contrario, è ricca di arricchimenti quotidiani, perché in essa è insito l'invito di Cristo”.