“Giovani, gridate prima che lo facciano le pietre”

Far tacere i giovani è una tentazione che è sempre esistita. Gli stessi farisei se la prendono con Gesù e gli chiedono di calmarli e farli stare zitti. Ci sono molti modi per rendere i giovani silenziosi e invisibili. Molti modi di anestetizzarli e addormentarli perché non facciano 'rumore', perché non si facciano domande e non si mettano in discussione.State zitti voi…. Ci sono molti modi di farli stare tranquilli perché non si coinvolgano e i loro sogni perdano quota e diventino fantasticherie rasoterra, meschine, tristi. In questa Domenica delle Palme, celebrando la Giornata Mondiale della Gioventù, ci fa bene ascoltare la risposta di Gesù ai farisei di ieri e di tutti i tempi, anche quelli di oggi: 'Se questi taceranno, grideranno le pietre'. Cari giovani, sta a voi la decisione di gridare, sta a voi decidervi per l’Osanna della domenica così da non cadere nel 'crocifiggilo!' del venerdì… E sta a voi non restare zitti. Se gli altri tacciono, se noi anziani e responsabili, tante volte corrotti, stiamo zitti, se il mondo tace e perde la gioia, vi domando: voi griderete? Per favore, decidetevi prima che gridino le pietre”.

Con queste parole rivolte ai giovani presenti in Piazza San Pietro e a quelli di tutto il mondo Papa Francesco ha concluso l'omelia della Messa della Domenica delle Palme che introduce la Chiesa nella Settimana Santa, che culminerà domenica prossima nella Resurrezione. Nella ricorrenza della Gmg, il S. Padre si è rivolto soprattutto ai giovani, partendo dalla riflessione sull'ingresso di Gesù in Gerusalemme: “La liturgia ci ha invitato a intervenire e partecipare alla gioia e alla festa del popolo che è capace di gridare e lodare il suo Signore; gioia che si appanna e lascia un sapore amaro e doloroso dopo aver finito di ascoltare il racconto della Passione. In questa celebrazione sembrano incrociarsi storie di gioia e di sofferenza, di errori e di successi che fanno parte del nostro vivere quotidiano come discepoli, perché riesce a mettere a nudo sentimenti e contraddizioni che oggi appartengono spesso anche a noi, uomini e donne di questo tempo: capaci di amare molto… e anche di odiare – e molto –; capaci di sacrifici valorosi e anche di saper “lavarcene le mani” al momento opportuno; capaci di fedeltà ma anche di grandi abbandoni e tradimenti. E si vede chiaramente in tutta la narrazione evangelica che la gioia suscitata da Gesù è per alcuni motivo di fastidio e di irritazione. Gesù entra in città circondato dalla sua gente, circondato da canti e grida chiassose. Possiamo immaginare che è la voce del figlio perdonato, del lebbroso guarito o il belare della pecora smarrita che risuona forte in questo ingresso. E’ il canto del pubblicano e dell’impuro; è il grido di quello che viveva ai margini della città. E’ il grido di uomini e donne che lo hanno seguito perché hanno sperimentato la sua compassione davanti al loro dolore e alla loro miseria… E’ il canto e la gioia spontanea di tanti emarginati che, toccati da Gesù, possono gridare: 'Benedetto colui che viene nel nome del Signore!'. Come non acclamare Colui che aveva restituito loro la dignità e la speranza? E’ la gioia di tanti peccatori perdonati che hanno ritrovato fiducia e speranza. Questa gioia osannante risulta scomoda e diventa assurda e scandalosa per quelli che si considerano giusti e “fedeli” alla legge e ai precetti rituali. Gioia insopportabile per quanti hanno bloccato la sensibilità davanti al dolore, alla sofferenza e alla miseria. Gioia intollerabile per quanti hanno perso la memoria e si sono dimenticati di tante opportunità ricevute. Com’è difficile comprendere la gioia e la festa della misericordia di Dio per chi cerca di giustificare sé stesso e sistemarsi! Com’è difficile poter condividere questa gioia per coloro che confidano solo nelle proprie forze e si sentono superiori agli altri!

Così nasce il grido di colui a cui non trema la voce per urlare: “Crocifiggilo!”. Non è un grido spontaneo, ma il grido montato, costruito, che si forma con il disprezzo, con la calunnia, col provocare testimonianze false. E’ la voce di chi manipola la realtà e crea una versione a proprio vantaggio e non ha problemi a “incastrare” altri per cavarsela. Il grido di chi non ha scrupoli a cercare i mezzi per rafforzare sé stesso e mettere a tacere le voci dissonanti. E’ il grido che nasce dal “truccare” la realtà e dipingerla in maniera tale che finisce per sfigurare il volto di Gesù e lo fa diventare un “malfattore”. E’ la voce di chi vuole difendere la propria posizione screditando specialmente chi non può difendersi. E’ il grido fabbricato dagli “intrighi” dell’autosufficienza, dell’orgoglio e della superbia che proclama senza problemi: “Crocifiggilo, crocifiggilo!”. E così alla fine si fa tacere la festa del popolo, si demolisce la speranza, si uccidono i sogni, si sopprime la gioia; così alla fine si blinda il cuore, si raffredda la carità. E’ il grido del “salva te stesso” che vuole addormentare la solidarietà, spegnere gli ideali, rendere insensibile lo sguardo… Il grido che vuole cancellare la compassione. Patire con… è la debolezza di Dio – ha agiunto a braccio – Di fronte a tutte queste voci urlate, il miglior antidoto è guardare la croce di Cristo e lasciarci interpellare dal suo ultimo grido. Cristo è morto gridando il suo amore per ognuno di noi: per giovani e anziani, santi e peccatori, amore per quelli del suo tempo e per quelli del nostro tempo. Sulla sua croce siamo stati salvati affinché nessuno spenga la gioia del vangelo; perché nessuno, nella situazione in cui si trova, resti lontano dallo sguardo misericordioso del Padre. Guardare la croce significa lasciarsi interpellare nelle nostre priorità, scelte e azioni. Significa lasciar porre in discussione la nostra sensibilità verso chi sta passando o vivendo un momento di difficoltà. Che cosa vede il nostro cuore? Gesù continua a essere motivo di gioia e lode nel nostro cuore oppure ci vergogniamo delle sue priorità verso i peccatori, gli ultimi e i dimenticati? Cari giovani, la gioia che Gesù suscita in voi è per alcuni motivo di fastidio e di irritazione, perché un giovane gioioso è difficile da manipolare“.

La cerimonia era iniziata al centro della piazza, presso l’obelisco, dove il Papa ha benedetto le palme e gli ulivi. Dopo la processione sul sagrato è iniziata la S. Messa alla quale hanno preso parte giovani di Roma e di altre diocesi in occasione della ricorrenza diocesana della XXXIII Giornata Mondiale della Gioventù, sul tema: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio”. Al termine della celebrazione un giovane di Panama, città che ospiterà la prossima Gmg, ha consegnato al Santo Padre le conclusioni della Riunione pre-sinodale in preparazione alla XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi in programma per l’ottobre 2018, sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Insieme al giovane panamense un gruppo di ragazzi e il Papa, salutandoli e prestandosi alle foto con loro, alla fine ha scherzato: “Avete visto? Oggi non si può concepire un giovane senza fare il selfie… ma sono stati bravi”, ha aggiunto sorridendo.