Gesualdi, Don Milani e il “biotestamento”

Milani

Èmorto l’altro ieri pomeriggio nella sua abitazione di Calenzano, in provincia di Firenze, al termine del degenerare di una malattia grave come la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) e di una vicenda amara di strumentalizzazione politica uno dei primi allievi del noto Priore di Barbiana Don Lorenzo Milani (1923-1967). I funerali di Michele Gesualdi (1943-2018), già presidente della provincia di Firenze a guida centrosinistra (1995-2004), si sono tenuti oggi a mezzogiorno a Barbiana, proprio davanti alla canonica tenuta dal sacerdote fiorentino durante gli anni Cinquanta e Sessanta. Dal pomeriggio la salma di Gesualdi è esposta nella camera ardente aperta a Firenze nella sede dell’Opera della Madonnina del Grappa

In molte delle rievocazioni di quello che è inevitabilmente ricordato come uno dei primi 6 allievi della “Scuola Popolare” fondata da Don Milani sui colli del Mugello leggiamo che Gesualdi è divenuto “simbolo della battaglia per la legge sul testamento biologico”. Essendo affetto da Sla da tre anni, infatti, l’ex presidente della Fondazione Don Milani è assurto alle cronache nazionali dell’ultimo anno per la sua lettera-appello al Presidente della Camera dei Deputati, al Presidente del Senato e ai Capi gruppi parlamentari per accelerare l’approvazione di una normativa sul c.d. “biotestamento”.

Conformemente all’obiettivo di “approvare la legge sul fine vita” del programma renziano presentato alla Conferenza Programmatica dell’ottobre scorso a Napoli (cfr. Manifesto “Italia 2020. Costruiamola insieme”, 28 ottobre 2017, www.partitodemocratico.it), uno degli ultimi passi della XVII legislatura è stata pertanto l’approvazione della “legge Mantero” sulle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento (Dat). A dimostrare la contraddittorietà della leadership del Pd di Matteo Renzi stavano già i cosiddetti “padri nobili” da lui più volte additati fra protagonisti lontani culturalmente anni luce dall’ideologia lib-lab del suo Partito Democratico, fra tutti lo stesso Don Milani. 

Nella lettera aperta resa nota il 13 marzo 2017, non a caso, Gesualdi chiama in causa anche Matteo Renzi per affrettare la legge sulle Dat e, fra l’altro, scrive: “sono stato presidente della provincia di Firenze per due legislature e allo scadere dei mandati sono stato sostituito da Matteo Renzi. Oggi vi scrivo per implorarvi di accelerare l’approvazione della legge sul testamento biologico, con la dichiarazione anticipata di volontà del malato, perché da tre anni sono stato colpito dalla malattia degenerativa Sla e alcuni sintomi mi dicono che il passaggio al mondo sconosciuto non potrebbe essere lontano. I medici mi hanno informato che in caso di grave crisi respiratoria può essere temporaneamente superata con tracheotomia come in caso di ulteriore difficoltà a deglutire si può ricorrere alla Peg (Gastrotomia endoscopica percutanea)”.

Confondendo come al solito le carte col sovrapporre l’accanimento terapeutico, che in questo caso non ricorre, con l’eutanasia, cui ha aperto la legge sulle Dat, approvata definitivamente dal Senato il 14 dicembre 2017, molti hanno sventagliato, con il consenso e partecipazione, più o meno consapevoli, dello stesso Gesualdi, l’ennesimo “caso pietoso” per ottenere risultati politicamente deleteri, vale l’imposizione di una legge di tale portata etica da parte di un parlamento a fine mandato e promossa tra l’atro da un Governo non eletto. E così si amplifica come Gesualdi sia da tre anni affetto da una malattia che lo consuma, che lo “tortura” come lui stesso ha scritto, trasformandolo “in un scheletro rigido come se fosse stato immerso in una colata di cemento”

Naturalmente Gesualdi non ha chiesto una legge che avesse potuto rendere più rapida la sua morte, ma che gli avesse permesso di alleviare la sua sofferenza. “Accettare il martirio del corpo della persona malata quando non c’è nessuna speranza né di guarigione né di miglioramento, può essere percepita come una sfida a Dio”, ha scritto nella citata lettera-appello. Aggiungendo comunque in modo piuttosto temerario: “Non si tratta di favorire l’eutanasia, ma solo di lasciare libero l’interessato, lucido cosciente e consapevole, […] di scegliere di non essere inutilmente torturato” (cit. in L’appello di Gesualdi: vi imploro affrettate la legge sul testamento biologico, in La Repubblica.it, 1° novembre 2017). Peccato che secondo la legge italiana è già possibile rifiutare terapie come la tracheotomia, e in teoria si può accedere alle cure palliative che permettono di non morire tra atroci sofferenze dovute all’insufficienza respiratoria.

Ma, si chiedeva Gesualdi, se la crisi arrivasse di notte, quando il medico che ha in cura il malato non c’è, cosa può fare un famigliare? Ecco quindi come si scivola facilmente su quei “casi eccezionali di grande impatto emotivo per pilotare la sensibilità e l’opinione pubblica”, sfruttati cinicamente per legiferare contro la volontà popolare e il senso comune, che ebbe a denunciare nella sua ultima prolusione da presidente della Cei il card. Angelo Bagnasco. Mentre allora la Camera dei deputati si apprestava a discutere sul Ddl sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento, infatti, il porporato pronunciava al Consiglio Permanente – prima delle elezioni di maggio 2017 che hanno portato alla guida dei vescovi italiani il card. Gualtiero Bassetti -, parole molto critiche su tutte quelle “proposte legislative che rendono la vita un bene ultimamente affidato alla completa autodeterminazione dell’individuo, sbilanciando il patto di fiducia tra il paziente e il medico“.

“Sostegni vitali come idratazione e nutrizione assistite, ad esempio, verrebbero equiparate a terapie, che possono essere sempre interrotte – aggiungeva Bagnasco -. La tutela costituzionale della salute e della vita deve restare non solo quale riferimento ideale, bensì quale impegno concreto di sostegno e accompagnamento” (cit. in agenzia “Zenit”, 23 gennaio 2017).

Ma la legge sul “fine vita”, anche con il voto dei “deputati cattolici”, è stata poi approvata dalla Camera dei deputati ad aprile e, al Senato, è stata approvata senza grandi problemi. Ora consente a qualsiasi maggiorenne la possibilità di rinunciare ad alcune terapie mediche, in particolare la nutrizione e l’idratazione artificiale, redigendo un documento nel quale si può indicare a quali terapie si vuole rinunciare e a quali condizioni. Vicenda davvero triste quindi quella di Michele Gesualdi, che nessuno avrebbe dovuto sfruttare. Come sempre si mischia una umanissima vicenda personale con una legge che, in quanto tale e, dunque, generale, porterà se non si corre ai ripari a molti più problemi di quelli che si propone di risolvere. Inutile riconoscere che Gesualdi è stato un malato terminale e un credente ma, di qui a tirare in ballo Don Milani per confondere sui “diritti civili”, ce ne passa. 

Un cattolico intransigente come il Priore di Barbiana non c’entra proprio niente con una legge “liberal-individualista” come quella sulle Dat. Lui che è morto fra mille dolori patendo fin da giovane del terribile morbo di Hodgkin…. Chiudendo però gli occhi in letizia e, dal suo letto di morte, impartendo proprio a Michele Gesualdi e al fratello Franco (nominativamente citati), oltre che ad altri dei suoi ragazzi della Scuola Popolare l’ultima, più bella, sua lezione: “Caro Michele, caro Francuccio, cari ragazzi, non è vero che non ho debiti verso di voi. Lo scrissi per dar forza al discorso. Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho pensato che Lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto” (Lettere di don Lorenzo Milani, Mondadori, Milano 1972, p. 284).