Ecco dove i cristiani sono nel mirino

Trecento milioni di cristiani in tutto il mondo vivono ancora sotto la scure della persecuzione religiosa. Il rapporto biennale della Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) serve proprio per focalizzare questo turpe fenomeno che rischia di perdersi nel mare magnum di notizie propinate all’opinione pubblica occidentale.

Il rapporto

Frutto del lavoro di oltre trenta esperti in materia e di un comitato editoriale composto da persone di otto Paesi diversi, il rapporto di Acs (giunto alla 14esima edizione) è stato presentato stamattina nella sede dell’Ambasciata italiana presso la Santa Sede. La corposa opera che raccoglie singoli episodi di intolleranza e analizza le legislazioni in materia di libertà religiosa di 150 Paesi del mondo è – ha spiegato Alfredo Mantovano, presidente di Acs Italia – “un dovere da adempiere” nei confronti dei cristiani che pagano con il sangue la propria fede.

Dove la libertà religiosa è una chimera

I numeri di questo oneroso tributo parlano di un cristiano ogni sette perseguitato. Nel periodo preso in esame – dal giugno 2016 al giugno 2018 – si riscontra un aumento delle violenze in molti Stati. In totale il rapporto identifica trentotto Stati in cui si registrano “gravi o estreme violazioni della libertà religiosa”. Questi trentotto possono essere poi suddivisi ancora: in ventuno di questi la persecuzione è considerata “feroce” e in diciassette si registra “solo” una discriminazione. I fari di Acs sono puntati, in particolare, su Afghanistan, Arabia Saudita, Corea del Nord, Nigeria ed Eritrea, dove rispetto al rapporto di due anni fa “il quadro è rimasto invariato, giacché così grave da non poter peggiorare”.

Il nazionalismo

Alessandro Monteduro, direttore di Acs Italia, ha spiegato che il fondamentalismo islamico è la prima causa di persecuzione, ma ha anche posto l’accento su “una tendenza preoccupante emersa nel periodo analizzato”, ossia “l’aumento del nazionalismo aggressivo ai danni delle minoranze”. La geografia del nazionalismo intollerante passa per l’India – dove Acs rileva che l’aumento delle violenze è coinciso con l’ascesa del Bharatiya Janata Party (Bjp) – la Cina – dove i nuovi “regolamenti sugli affari religiosi” impongono ulteriori restrizioni ai gruppi religiosi – e la Corea del Nord. Esistono però anche segnali di speranza. Monteduro ha comunicato che rispetto al 2016 due Paesi – Kenya e Tanzania – non figurano più nella lista dei Paesi che discriminano le minoranze. Inoltre, con il declino dell’Isis si assiste anche a un miglioramento delle condizioni dei cristiani in Siria e Iraq.

Le testimonianze

Medio Oriente che era rappresentato durante la conferenza da mons. Botros Fahim Hanna, vescovo copto-cattolico di Minya, in Egitto. Il prelato ha detto che la situazione nel suo Paese continua ad essere molto difficile, malgrado i tentativi di conciliazione del Governo di al-Sisi e la nuova Costituzione che garantisce, sulla carta, libertà di culto. “Questa situazione – ha spiegato – non è causata dal Governo, ma dalla mentalità fanatica diffusa in quasi tutto l’Egitto” a causa del radicamento di gruppi fondamentalisti islamici e di leggi promulgate nel passato che sarebbero, secondo mons. Hanna, “ingiuste e da riformare”. I cristiani sono sotto il tiro della legislazione anche in Pakistan, dove nelle ultime settimane ha avuto eco internazionale la vicenda di Asia Bibi. Dal Paese asiatico proviene Tabassum Yousaf, giovane avvocato donna che nella sua carriera ha difeso diversi cristiani. La Yousaf ha spiegato che il problema è di carattere culturale: in Pakistan, “nelle scuole e nella società, i cristiani sono considerati e chiamati ‘choora’ (intoccabili) e ‘bhanghi’ (impuri)”.

L'accordo tra Santa Sede e Cina

Dal canto suo il card. Mauro Piacenza, presidente internazionale di Acs, ha sottolineato come “davvero evoluto è quell’ambito umano, nel quale l’universale anelito trascendente dell’io trova adeguati spazi di sviluppo, nel rispetto della tradizione sociale e culturale, e soprattutto nel continuo recupero della ragione”. Il porporato ha rivolto l’invito a lavorare “perché sempre più ampi spazi di libertà siano riconosciuti in ogni regione e in ogni uomo”. Lavoro che la Santa Sede – ha precisato il card. Piacenza – sta portando avanti con la Cina: l’accordo bilaterale sottoscritto a settembre – ha spiegato – serve proprio ad alimentare canali di dialogo per migliorare le condizioni dei cristiani nel Paese.


Immagine della cattedrale di San Marco tinta di rosso in memoria dei cristiani perseguitati