Don Luigi Sturzo, modello di partecipazione politica

Èpassato un secolo esatto da quel pomeriggio di un freddo gennaio romano durante il quale dieci giovani italiani, dalle speranze precocemente feconde dopo il primo conflitto mondiale, firmavano l'appello a tutti gli uomini liberi e forti. In calce al programma, però, c'era un'undicesima firma a suggello delle altre, quella del Prof. D. Luigi Sturzo, segretario politico. La nascita del Partito Popolare Italiano, anticamera di quella che sarebbe diventata la Democrazia Cristiana, avvenne così, senza clamore, ma con la dovuta indifferenza relegata agli eventi assorbiti dal respiro susseguente la Grande Guerra. Così fu anche il cammino di don Luigi Sturzo, pilastro della politica italiana, fautore della partecipazione civile dei cattolici, eppure sempre ammantato di una sobrietà tipicamente siciliana, lui che, nato a Caltagirone, centro incastonato nelle valli del Catanese, portò sempre con sé l'aura sobria e riservata, tipica della media borghesia siciliana.

Il Partito Popolare Italiano

Quando fonda il Partito Popolare Italiano, don Sturzo è quasi cinquantenne e ha già visto l'età di Giolitti e l'avvento dal fascismo. Eppure, nel pieno spirito siculo che lo contraddistingue, non si lascia trascinare dalla storia: cerca di sondarne lo spirito sotteso, alla ricerca di un equilibrio fecondo tra le aspirazioni democratiche di un Paese e l'influenza sociale e della Chiesa di Roma. Se ne rende conto sin dal suo soggiorno romano quando, in seguito all'ordinazione avvenuta nel 1894, frequenta i corsi presso l'Università Gregoriana entrando in contatto con la classe intellettuale e cattolico-liberale dell'epoca. Che don Luigi Sturzo fosse – parafrasando Sant'Agostino – un cor inquietum, lo dimostra la sua multiforme partecipazione alla “cosa pubblica”, sin dalla direzione del giornale siciliano La Voce di Costantino, passando per l'impegno nell'Opera dei congressi. Il prete di Caltagirone vede, nello schiudersi del Novecento, un'era nuova per l'uomo della società industriale. Non è un caso che un testo di riferimento per lui sia la Rerum Novarum, l'enciclica firmata da Papa Leone XIII (1891) che sancisce l'interesse della Chiesa per i lavoratori, blocco di partenza per la dottrina sociale contemporanea. Ma, come ben sperimenta il sacerdote, le aspirazioni, quantunque scritte nero su bianco in documenti programmatici, fanno i conti con la realtà, dalle manifestazioni spesso contraddittorie. Don Sturzo era poco più che trentenne quando fu spettatore della Grande Guerra, l'inutile strage come la definì Benedetto XV. Da quella pagina buia, il sacerdote trasse linfa vitale per mettere a fuoco un'urgenza: una maggiore partecipazione politica della classe cattolica che avrebbe potuto ridefinire i contorni della società, ispirandosi ai valori del cristianesimo mutuato dai Vangeli: un “programma politico-morale” capace di arginare “i nuovi imperialismi […], le democrazie socialiste che tentano la materializzazione di ogni identità” recita l'Appello sopraccitato. 

Politica e carità

La risposta dell'opinione pubblica non tardò ad arrivare, e con essa anche le critiche. Lo storico Gabriele De Rosa, che ha studiato l'attività di don Luigi Sturzo, ha definitò il sacerdote “la levatrice, il Leviatano del Partito Popolare italiano e della Democrazia cristiana. L' avvenimento, come spesso avviene, passa quasi inosservato. Il programma è, insieme, una guida pratica per l' azione e un catechismo ideale per la costruzione di un nuovo mondo interclassista fondato sui valori cristiani”. Un programma che fu, prima di tutto, un impegno notevole, incentrato temi essenziali come la famiglia, la  libertà religosa, voto alle donne, il rispetto della coscienza cristiana.. Da quel partito uscirono personaggi capitali della storia d'Italia, come Alcide de Gasperi, “padre della moderna Europa”, come ha ricordato Papa Francesco, fecondi di nuove promesse per il Paese. Don Sturzo, di cui oggi ricorrono i sessant'anni dalla morte, riuscì nell'impresa difficile di conciliare i valori cristiani a quelli politici e fare della stessa partecipazione politica un'alta forma di carità. Come ha ricordato Giovanni Dessì, segretario generale dell'istituto Luigi Sturzo, intervistato dal portale Vatican News: “Sturzo  [è] il simbolo di un approccio alla realtà della storia della politica che non enfatizza il negativo, ma che al contrario, è in grado di individuare ed enfatizzare ciò che di positivo emerge dalla storia. Questo, credo sia il suo lascito più grande e oggi, per certi versi, il più attuale”.