“La Chiesa non aiuta solo gli stranieri”. Intervista al presidente della commissione Cei per l’ecumenismo

Così la Chiesa in uscita trasforma la pandemia nell'occasione per testimoniare uno stile di vita più giusto e solidale. Intervista di Interris.it a monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, membro del Consiglio permanente della Cei e dei dicasteri vaticani delle Cause dei Santi e del Dialogo Interreligioso

indifferenza

Chiesa solidale con tutti. “Chi dice che la Chiesa aiuta solo gli stranieri, dovrebbe venire a vedere la gente che aspetta in fila. Con la mascherina, per ricevere un pasto o un pacco di alimenti per le festività natalizie. O tutte le persone a cui si pagano le bollette!”, afferma a Interris.it  monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino.Chiesa

Chiesa in dialogo

Monsignor Spreafico, già rettore della Pontificia Università Urbaniana, è presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo. Inoltre è membro del Consiglio permanente della Cei e dei dicasteri vaticani delle Cause dei Santi e del Dialogo Interreligioso. “Il nuovo aumento dei contagi ci rende coscienti della fragilità della condizione umana- sottolinea il presule-. Davanti alla quale solo gli arroganti, oppure gli egoismi di singoli e di interi gruppi, pensano di potersi sottrarre. Sbandierando un’illusoria libertà. In cui esiste solo l’’io’ e non il ‘noi’. Peccato che ciascuno è un ‘noi’ dalla nascita. Non avendo facoltà di decidere di venire alla luce. Ma essendo dono di amore di Dio e di una donna e un uomo!”.

Pacchi alimentari

Quale testimonianza offre papa Francesco all’umanità duramente provata dalla pandemia?

“L’ultima enciclica, “Fratelli tutti”, ci chiede di andare oltre ‘un mondo di soci’. Di superare, cioè, la logica della difesa di un gruppo, un’etnia, una nazionalità. Ci scopriamo davvero tutti parte di un’unica famiglia umana. Donne e uomini soggetti alla forza del male. Coloro che subiscono le conseguente più drammatiche della pandemia sono gli anziani. I poveri. I deboli. Gli esclusi. I precari per il lavoro e per la condizione di vita”. ChiesaLa crisi Covid suscita più solidarietà o l’egoismo? 

“Dipende. Personalmente ho visto sorgere tanta solidarietà. Ho visto persone di ogni genere darsi da fare. Coinvolgersi nell’aiutare le mense per i poveri. La distribuzione del cibo. La raccolta di risorse economiche per far fronte alle urgenze di tante famiglie impoverite dalla crisi. La Chiesa è stata capace di incanalare molti, nel rispetto di ognuno, verso le forme di generosità più adatte. Con creatività e precisione”.Con quali risultati?

“Tanti ci hanno percepito come una casa di solidarietà e di amore. Non male, per una Chiesa che, talvolta, fatica a ‘uscire’.  Questa risposta, però, non ha eliminato del tutto l’egoismo, che dà ragione alla paura. Alla frustrazione. O all’arroganza. La generosità va alimentata, per noi credenti, dall’ascolto del Vangelo. Che ripete a tutti, come amava dire San Giovanni Paolo II: ‘Non abbiate paura!'”.

Chiesa
Solidarietà

Quali sono gli ostacoli più duri da affrontare nell’emergenza Covid?

“Mancanza di cibo, di lavoro, di cure e medicine. Ma soprattutto solitudine, paura e angoscia del futuro. Penso agli anziani, a quelli soli, a quelli in istituto. Ancora più soli, privati dell’affetto dei loro cari e dei loro amici. Non dimentichiamo che, tra loro, si è verificato circa il 50% dei decessi causati dalla pandemia. Una vera vergogna, per una società europea che si dice avanzata e democratica. Eppure lascia morire i suoi cittadini, nel silenzio di un istituto o nell’abbandono di una casa”.ChiesaChi paga il prezzo maggiore?

“Gli anziani. Ossia proprio quella generazione che ha contribuito a costruire l’Europa. Quella generazione che spesso aiuta i giovani e le famiglie a sostenersi. Soprattutto in questi tempi difficili. Ciò ha provocato una sorta di reazione a catena. In Italia un terzo delle badanti lavorano in nero”.

foto Caritas Bolzano-Bressanone

Cioè?

“Pensate, quindi, cosa sarà avvenuto quando sono dovute rimanere a casa perché in famiglia c’era un positivo. O per paura di contagiare anziani. Penso, poi, a quei bambini e a quei giovani più marginali, che hanno perso mesi di istruzione. A causa dei ritardi nell’accesso al digitale e degli scarsi investimenti su scuola e cultura. Poco tutelati e poco presenti nei dibattiti sulle pur difficili scelte da intraprendere”.ChiesaCome è cambiata nei mesi la percezione della pandemia?

“Forse abbiamo abbassato troppo la guardia dopo la prima ondata. Noncuranti dei segnali preoccupanti di ripresa dei contagi. Purtroppo i dati scientifici dicono che le pandemie saranno più frequenti a livello mondiale, soprattutto a causa dei disastri ambientali che abbiamo provocato. E di cui, sembra, ci stiamo dimenticando. Vorrei ricordare, ad esempio, che la diffusione dell’ Ebola, in Guinea, a partire dal 2014, è stata causata anche dalla desertificazione. Che ha favorito il passaggio del virus dalla foresta equatoriale alle città. Pensiamo inoltre allo scioglimento dei ghiacciai dovuto all’effetto serra, che rischia di scatenare malattie imprigionate da milioni di anni”.A cosa è dovuto tutto questo?

La globalizzazione finalizzata esclusivamente al profitto, contribuisce a diffondere i contagi ovunque. Solo investimenti seri sullo sviluppo sostenibile potranno aiutarci a prevenire la diffusione dei virus. E a proteggere la salute di tutti. Mi sembra che questa coscienza sia ancora molto debole anche nelle nostre comunità!”.La pandemia accresce le disuguaglianze sociali?

“Purtroppo, le accresce eccome! Basta vedere i dati diffusi dal rapporto Caritas. Lo stile di vita di chi consuma, dimentico degli altri, non è più sostenibile. Non è accettabile ed è profondamente ingiusto! La Bibbia parla chiaro. Prima o poi, su di un mondo così ingiusto, non può che abbattersi il disastro! Ma io spero che i credenti, cristiani o no, si impegnino a costruirne uno diverso. Dove si ci sia posto e speranza per tutti, nessuno escluso”.