Bassetti: “È triste un Paese che non sa progettare il futuro”

Italenti dei giovani non finiscano nella palude della società”. Era uno degli interventi più attesi della 40° edizione del Meeting di Comunione e Liberazione. Il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti non ha tradito le attese e ha esortato i giovani accorsi ad ascoltarlo alla Fiera di Rimini a “non farsi rubare i sogni” perché “sono il futuro“. Il capo della Chiesa italiana ha messo in guardia da “un materialismo nichilista senza alcuna cura verso l’altro che sta nella sofferenza e senza uno slancio autentico verso il futuro”. Perciò, esorta il cardinale, “mai come oggi, dunque, siamo chiamati ad essere Chiesa in uscita verso i giovani e penso che siano straordinariamente attuali le parole di Paolo VI quando disse che l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”.

Appello alla responsabilità

Il cardinale sottolinea come “nel discorso pubblico” sia ormai usuale da tempo “parlare dei giovani attraverso un linguaggio denso di retorica e buoni sentimenti, ma con poca attenzione alla vita concreta dei ragazzi e soprattutto con un discutibile senso di responsabilità verso di loro”. E ciò in una società sempre più caratterizzata da un materialismo nichilista  “senza alcuna cura verso l’altro che sta nella sofferenza e senza uno slancio autentico verso il futuro”. “La concretezza di andare verso il prossimo non è in contrapposizione con la capacità di sognare – afferma Bassetti -. Anzi, sono due dimensioni intimamente legate e tenute assieme dalla gioia di seguire Gesù abbandonando le sicurezze del mondo”. Il presidente della Cei, sottolinea Vatican News, “parla dei giovani e della loro sete di speranza, così come degli adulti e delle loro responsabilità”. Spetta, infatti, agli adulti il compito “dell’annuncio”: saper comunicare la bellezza di una vita senza “scorciatoie e compromessi”, senza “cedere alle lusinghe effimere della società e senza inginocchiarsi ai falsi idoli del mondo”. La vita vera è, infatti, “una vita di incontro e non di divisione; una vita di carità e non di potere; una vita di amore e non di sentimenti”. Perché “saremo giudicati sull’amore”. E sull'amore “siamo chiamati a discernere la nostra vocazione”. E “solo in questo modo i giovani potranno davvero valorizzare i propri talenti”. I giovani sono “ricchi, anzi, ricchissimi”. Ma, precisa il porporato, “non di denaro bensì di talenti: nella maggioranza dei casi, però, questi talenti non vengono riconosciuti. Rimangono sepolti nel deserto o, forse dovrei dire, nella palude della nostra società. Ho purtroppo la netta sensazione che il nostro Paese non riesca minimamente a valorizzare i talenti, le capacità e le attitudini dei nostri giovani”.

Il nodo emigrazione

Il presidente della Cei richiama l'attenzione delle istituzioni e dell'opinione pubblica sull'incremento costante dell’emigrazione dei giovani italiani all’estero. Segno inquietante dello “sviluppo progressivo di una società vecchia e immobile”, vecchia soprattutto per uno “spirito di corporazione e conservazione che fa sopravvivere consorterie e oligarchie, amicizie e spirito di clan”. Oggi, avverte Bassetti, “molti giovani, condizionati da una società edonista che troppo spesso banalizza le amicizie e i rapporti umani, conducono una vita individualistica che non permette di apprezzare, fino in fondo, il senso del vivere insieme”. Questo, secondo il leader dell'episcopato, è “uno snodo decisivo: occorre restituire il significato profondo del concetto di relazione“. Perché è “solo attraverso la relazione con gli altri che un giovane può diventare parte di un corpo vivo: di una famiglia, di una comunità cittadina, di una scuola, di un’associazione e di una comunità ecclesiale”. 

Il rischio delle derive ideologiche

Tre sono le dimensioni della relazione indicate dal cardinale. Anzitutto quella con il corpo, “prima forma di relazione che abbiamo con noi stessi e poi con gli altri”. Il corpo, infatti, “ha fatto irruzione nella società di massa con tutta la carica simbolica impressagli dalla rivoluzione sessuale nel XX secolo”. Una rivoluzione che è stata soprattutto giovanile e femminile. “Ma il corpo oggi assume anche la carica drammatica delle guerre o delle morti di massa, come le morti dei migranti, trasmesse in video dai mass media- osserva il porporato-. Questo è un punto su cui riflettere a fondo: è fondamentale riattribuire alla relazione con il corpo un significato autentico, combattendo ogni banalizzazione e ogni deriva ideologica”. Altrettanto importanti sono le “relazioni interpersonali”, attraverso le quali “ogni persona diventa un membro di un corpo vivo: è parte di una famiglia, di una comunità cittadina, di una scuola, di un’associazione, di una comunità ecclesiale”. Infatti “nessun uomo è un’isola”, e dinanzi all’odierna “liquidità dei rapporti umani” è urgente “fornire una risposta alta e concreta al senso di spaesamento che respirano i nostri giovani nelle città, e al senso di confusione e di permissivismo che vivono su internet”. Bassetti sottolinea “la dimensione spersonalizzante di moltissimi giovani che vivono sia nelle grandi metropoli che nelle periferie abbandonate delle nostre città; in secondo luogo, la dimensione di amicizia superficiale e di solitudine delle giovani generazioni che quotidianamente vivono gran parte delle loro relazioni sul web attraverso i telefoni o i computer. I numeri della pornografia su internet, per esempio, sono impressionanti e preoccupanti”. Infine, la “relazione con il trascendente e con la Chiesa”. Ci sono giovani che “dalla tenera età fino al matrimonio crescono e rimangono all’interno di gruppi ecclesiali”, altri, invece, che sembrano avere con la Chiesa un “rapporto a tempo”, “spesso seguendo un percorso biografico comune, segnato da un rapporto con il corpo e con gli altri banalizzato, oppure perché scandalizzati dai peccati della Chiesa”.