Auguri al Papa Emerito: Benedetto XVI compie 91 anni

Compie oggi 91 anni Benedetto XVI. Il 265º papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma, al secolo Joseph Aloisius Ratzinger, è nato a Marktl (Germania) il 6 aprile 1927.

Il Papa Emerito

Benedetto XVI – 7º pontefice tedesco nella storia della Chiesa cattolica – ha seduto sul trono pietrino per quasi 8 anni, dal 19 aprile 2005 al 28 febbraio 2013 quando, durante un concistoro ordinario, annunciò la sua rinuncia “al ministero di vescovo di Roma, successore di san Pietro” principalmente per motivi di salute. Da quel momento il suo titolo è diventato sommo pontefice emerito o Papa emerito. Prima di lui, solo sette Pontefici rinunciarono al soglio; l'ultimo i ordine di tempo fu Gregorio XII nel 1415, ben 598 anni prima.

La giovinezza e il nazismo

Joseph Aloisius, terzo e ultimo figlio di Maria Rieger (una cuoca) e Joseph Ratzinger (commissario di gendarmeria), visse l'infanzia nella sua casa di Marktl, comune bavarese di 3000 abitanti, in Baviera. Conobbe da vicino gli orrori del nazismo. Benchè la sua famiglia fosse ariana, visse sulla propria pelle il programma di eutanasia nazista “Aktion T4” che prevedeva la soppressione di persone affette da malattie genetiche inguaribili e da portatori di handicap mentali, perchè – secondo la filosofia del Reich – erano “vite indegne di essere vissute”. 

Come raccontò Benedetto stesso nel '96 durante una conferenza del Pontificio consiglio della pastorale per gli operatori sanitari, un suo cugino con sindrome di Down (che nel 1941 aveva 14 anni) fu portato via dalle autorità naziste per una “terapia” non ben specificata. Ma, poche settimane dopo, la famiglia venne informata che il ragazzo era morto: vittima del programma eugenetico nazista insieme ad altri 70mila “indesiderabili” come lui.

Da soldato a seminarista

Dall'età di 16 anni, nel 1943, fino al suo rilascio avvenuto il 19 giugno 1945, il giovane Joseph svolse il servizio militare. Come lui stesso raccontò, non venne mai spedito al fronte e non dovette mai sparare neppure un colpo di fucile. Venne invece recluso per alcune settimane in un campo degli Alleati, vicino a Ulma, come prigioniero di guerra. 

E' del 1947 la decisione di entrare in seminario, presso il Herzogliches Georgianum di Monaco di Baviera, pur continuando contemporaneamente gli studi di filosofia e teologia presso l'Università Ludwig Maximilian di Monaco, iniziati nel '46 e conclusi nel 1950. 

Il sacerdozio

Divenne presbitero il 29 giugno 1951 – all'età di 24 anni – assieme a suo fratello maggiore Georg. Due anni più tardi discusse la tesi di dottorato in teologia su sant'Agostino, dal titolo “Popolo e casa di Dio nella dottrina agostiniana della Chiesa”, riportando la valutazione massima summa cum laude. Nel 1955 presentò la dissertazione “La teologia della storia di san Bonaventura” per l'abilitazione all'insegnamento universitario. Era l'inizio di una brillante carriera accademica e della costituzione dell'associazione tedesca dei teologi dogmatici e fondamentali. L'anno successivo ottenne la sua prima cattedra di teologia dogmatica e fondamentale presso l'Istituto superiore di teologia e filosofia di Frisinga.

Dal Concilio Vaticano II alla Congregazione per la dottrina della fede

Nel 1962 partecipò, giovanissimo, al concilio Vaticano II dove conobbe ed ebbe modo di confrontarsi con i maggiori filosofi e teologi del mondo. Dei tanti lavori conciliari, Joseph condivise, anche negli anni a seguire, il documento Nostra aetate, sul rispetto delle altre religioni, sull'ecumenismo e sulla dichiarazione del diritto alla libertà di religione. Paolo VI lo creò cardinale nel '77. L'ecumenismo fu uno dei punti di maggior comunione con il suo predecessore, Giovanni Paolo II, che lo volle a partire dal 1981 prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. 

Donna e famiglia

Nel 1980 è stato Relatore alla Quinta Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi sul tema della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo. In quell'occasione, ha rivolto un invito ad una retta valutazione del ruolo della donna, che va annoverata tra le questioni fondamentali nella riflessione sul matrimonio e sulla famiglia, affrontando poi i problemi pastorali legati alla famiglia: da quello della costruzione di una comunità di persone a quello della generazione della vita, dal ruolo educativo dei genitori alla necessità della preparazione dei giovani al matrimonio e alla vita familiare, dai compiti sociali a quelli culturali e morali. “La famiglia – ha concluso – può testimoniare dinanzi al mondo una nuova umanità di fronte al dominio del materialismo, dell'edonismo e della permissività”.

E’ stato Presidente della Commissione per la preparazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, che, dopo sei anni di lavoro (1986–1992), ha presentato al  Santo Padre il nuovo Catechismo. Dal 13 novembre del 2000 è Accademico onorario della Pontificia Accademia delle Scienze.

Il 50esimo dell'ordinazione: “Unità e obbedienza”

In occasione del suo cinquantesimo di ordinazione sacerdotale, avvenuta il 29 giugno 2001, il Giovanni Paolo II gli ha inviato un messaggio nel quale, riferendosi alla coincidenza del suo giubileo con la solennità liturgica dei Santi Pietro e Paolo, gli ha ricordato che “in Pietro risalta il principio di unità, fondato sulla fede salda come roccia del Principe degli Apostoli; in Paolo l'esigenza intrinseca del Vangelo di chiamare ogni uomo ed ogni popolo all'obbedienza della fede. Come non scorgere in queste due componenti anche le coordinate fondamentali del cammino che la Provvidenza ha disposto per Lei, Signor Cardinale, chiamandola al Sacerdozio?”.

La Via Crucis: “Quanta sporcizia c'è nella Chiesa”

Il 25 marzo 2005, Venerdì santo, guidò le meditazioni della tradizionale Via Crucis al Colosseo dove pronunciò parole indimenticabili riguardanti il peccato che suonarono come un “mea culpa” della cristianità. “Non dobbiamo pensare anche – è stato il suo vibrante invito nella meditazione della nona stazione – a quanto Cristo debba soffrire per la sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c'è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c'è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!”. “Signore – disse ancora – spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Abbi pietà della tua Chiesa!”.

L'omelia per la morte di Giovani Paolo II

Come decano del Sacro Collegio, presiedette l'8 aprile la messa esequiale del romano pontefice Giovanni Paolo II, morto sei giorni prima, il 2 aprile 2005. “Seguimi!” è stato il filo-conduttore dell'omelia del Cardinale Ratzinger: “'Seguimi'. Questa parola lapidaria di Cristo può essere considerata la chiave per comprendere il messaggio che viene dalla vita del nostro compianto ed amato Papa Giovanni Paolo II, le cui spoglie deponiamo oggi nella terra come seme di immortalità, il cuore pieno di tristezza, ma anche di gioiosa speranza e di profonda gratitudine”.

Il conclave e la “dittatura del relativismo”

Durante il rito d'apertura dei lavori del conclave pronunciò un discorso che sarebbe divenuto celebre come suo “programma di pontificato” in cui denunciava il percolo di un “dittatura del relativismo, che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” e opponendo ad essa “un'altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo, misura del vero umanesimo, criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità”.

L'elezione: “Umile lavoratore nella vigna del Signore”

Eletto Pontefice nel pomeriggio del 19 aprile 2005, scelse il nome di papa “Benedetto XVI”. Nel suo primo discorso, esordì dicendo: “Cari fratelli e sorelle, dopo il grande papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice ed umile lavoratore nella vigna del Signore”.

Come spiegò lo stesso Ratzinger, Benedetto venen scelto “Per riallacciarmi idealmente al venerato pontefice Benedetto XV, che ha guidato la Chiesa in un periodo travagliato a causa del primo conflitto mondiale. Fu coraggioso e autentico profeta di pace e si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il dramma della guerra e poi per limitarne le conseguenze nefaste”, nonchè come riferimento a San Benedetto da Norcia, “Patriarca del monachesimo occidentale…fondamentale punto di riferimento per l'unità dell'Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua cultura e della sua civiltà”.

La declaratio

“Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro”. Con queste parole, pronunciate in latino al termine di un Concistoro, Papa Benedetto XVI annunciava al mondo l'imminente fine del suo pontificato. Un gesto che ha suscitato non poco scalpore anche all'interno della Chiesa.

Per tale motivo Benedetto ribadì le sue motivazioni nel corso dell'ultima Udienza generale: “La barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è di Cristo. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore”.

A fianco di Papa Francesco

Bendetto XVI, in questi anni di “salita la monte”, non ha mai fatto mancare la sua incessante preghiera per i fedeli, per la Chiesa e per il suo successore, Papa Francesco. Ne è prova quanto accaduto il 12 marzo scorso, alla vigilia dei cinque anni di pontificato di Bergoglio. In occasione della presentazione della collana “La teologia di Papa Francesco”, Ratzinger ha scritto una lettera a sostegno del Pontefice argentino in cui chiariva alcuni pregiudizi nei confronti dei due Successori di Pietro. 

“Plaudo a questa iniziativa – scriveva Benedetto XVI – che vuole opporsi e reagire allo stolto pregiudizio per cui Papa Francesco sarebbe solo un uomo pratico privo di particolare formazione teologica o filosofica, mentre io sarei stato unicamente un teorico della teologia che poco avrebbe capito della vita concreta di un cristiano oggi. I piccoli volumi mostrano a ragione che Papa Francesco è un uomo di profonda formazione filosofica e teologica e aiutano perciò – conclude – a vedere la continuità interiore tra i due pontificati, pur con tutte le differenze di stile e di temperamento”.