“Ascoltiamo la voce dell'Amazzonia in pericolo”

La Santa Sede ha reso noto il documento su cui si fonderà l'assise episcopale per la regione Panamazzonica (convocata da Papa Francesco sul tema “Amazzonia, nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”) in programma in Vaticano dal  6 al 27 ottobre. L’Instrumentum laboris è il frutto di un lungo processo che comprende la stesura del documento preparatorio per il Sinodo del giugno 2018 e un ampio sondaggio tra le comunità amazzoniche. “La Chiesa ha di nuovo oggi l’opportunità di stare in ascolto in questa zona in cui tanto è in gioco- si legge nel testo -. Ascoltare implica riconoscere l’irruzione dell’Amazzonia come nuovo soggetto. Questo nuovo soggetto, che non è stato sufficientemente considerato nel contesto nazionale o mondiale né nella vita della Chiesa, è ora un interlocutore privilegiato”. 

Le colpe della colonizzazione 

L’Instrumentum laboris si compone di tre parti: la prima (il “vedere-ascoltare”) è intitolata “La voce dell’Amazzonia” e ha lo scopo di presentare la realtà del territorio e dei suoi popoli. Nella seconda parte, “Ecologia integrale: il grido della terra e dei poveri” si raccoglie la problematica ecologica e pastorale. Nella terza parte, “Chiesa profetica in Amazzonia: sfide e speranze”, si affronta la problematica ecclesiologica e pastorale. L’evangelizzazione in America Latina è definita “un dono della Provvidenza che chiama tutti alla salvezza in Cristo”. Nonostante la colonizzazione militare, politica e culturale, e al di là dell’avidità e dell’ambizione dei colonizzatori, ci sono stati molti missionari che hanno dato la loro vita per trasmettere il Vangelo. “Il senso missionario ha ispirato non solo la formazione di comunità cristiane, ma anche una legislazione come le Leggi delle Indie che proteggevano la dignità degli indigeni contro i soprusi ai loro popoli e territori – si evidenzia nel testo -. Tali abusi hanno causato ferite nelle comunità e offuscato il messaggio della Buona Novella. Spesso l’ annuncio di Cristo è stato fatto in connivenza con i poteri che sfruttavano le risorse e opprimevano le popolazioni”. 

Le sfide attuali

Oggi la Chiesa ha l’opportunità storica di differenziarsi nettamente dalle nuove potenze colonizzatrici ascoltando i popoli amazzonici per poter esercitare in modo trasparente il suo ruolo profetico. “La crisi socio-ambientale apre nuove opportunità per presentare Cristo in tutta la sua potenzialità liberatrice e umanizzante“, avverte l'Instrumentum laboris. Sono quattro i concetti chiave strettamente correlati: vita, territorio, tempo, dialogo, nei quali si incarna la Chiesa dal volto amazzonico e missionario. Il Sinodo ruota attorno alla vita: la vita del territorio amazzonico e dei suoi popoli, la vita della Chiesa, la vita del pianeta. Come si evince dalle consultazioni con le comunità amazzoniche, la vita in Amazzonia si identifica, tra le altre cose, con l’acqua. Il Rio delle Amazzoni è come un’arteria del continente e del mondo, scorre come vene della flora e della fauna del territorio, come sorgente dei suoi popoli, delle sue culture e delle sue espressioni spirituali. Come nell’Eden, l’acqua è fonte di vita, ma anche connessione tra le sue diverse manifestazioni di vita, nella quale tutto è connesso. “Il fiume non ci separa, ci unisce, ci aiuta a vivere insieme tra culture e lingue diverse”, si sottolinea. Il bacino del Rio delle Amazzoni e le foreste tropicali che lo circondano nutrono i suoli e regolano, attraverso il riciclo dell’umidità, i cicli dell’ acqua, dell’ energia e del carbonio a livello planetario. Solo il Rio delle Amazzoni getta ogni anno il 15% di acqua dolce totale del pianeta nell’Oceano Atlantico. Ecco perché, secondo il Sinodo dei vescovi, l’Amazzonia è essenziale per la distribuzione delle piogge in altre regioni remote del Sud America e contribuisce ai grandi movimenti dell’aria in tutto il pianeta. Nutre anche la natura, la vita e le culture di migliaia di comunità indigene, contadini, afro-discendenti, popolazioni che vivono sulle rive dei fiumi e delle città. Per gli esperti internazionali, l’Amazzonia è la seconda area più  vulnerabile del pianeta, dopo l’Artico, in relazione ai cambiamenti climatici di origine antropica. Il territorio dell’Amazzonia comprende parte di Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Guyana, Suriname e Guyana francese in un’ area di 7,8 milioni di chilometri quadrati, nel cuore del Sud America. Le foreste amazzoniche coprono circa 5,3 milioni di kmq, che rappresentano il 40% della superficie globale delle foreste tropicali. Questo è solo il 3,6% della superficie delle terre emerse della terra, che occupano circa 149 milioni di chilometri quadrati, ovvero circa il 30% della superficie del nostro pianeta. Il territorio amazzonico contiene una delle biosfere geologicamente più ricche e complesse del pianeta. 

Le potenzialità dell'area

La sovrabbondanza naturale di acqua, calore e umidità fa sì che gli ecosistemi dell’Amazzonia ospitino dal 10 al 15% circa della biodiversità terrestre ed immagazzinino tra i 150 e i 200 miliardi di tonnellate di carbonio ogni anno. In Amazzonia, la creazione e la vita si riflettono nella loro ricchezza di biodiversità e culture. Ovvero, “una vita piena e integra, una vita che canta, un canto alla vita, come il canto dei fiumi”. È una vita “che danza e che rappresenta la divinità e il nostro rapporto con essa”. Quindi “il nostro servizio pastorale”, come hanno affermato i vescovi ad Aparecida, è un servizio “alla vita piena dei popoli indigeni che esige di annunciare Gesù Cristo e la Buona Novella del Regno di Dio, di denunciare le situazioni di peccato, le strutture di morte, la violenza e le ingiustizie interne ed esterne, di favorire il dialogo interculturale, interreligioso ed ecumenico. 

Il buon vivere

La ricerca della vita in abbondanza da parte dei popoli indigeni amazzonici si concretizza in quello che essi chiamano il “buon vivere”. Si tratta di vivere in “armonia con sé stessi, con la natura, con gli esseri umani e con l’essere supremo, perché esiste un’intercomunicazione tra tutto il cosmo, dove non esiste chi esclude né chi è escluso, e che tra tutti si possa forgiare un progetto di vita piena”. Tale comprensione della vita è caratterizzata dalla connessione e dall’armonia dei rapporti tra l ’acqua, il territorio e la natura, la vita comunitaria e la cultura, Dio e le varie forze spirituali. Per loro, “buon vivere” significa comprendere la centralità del carattere relazionale trascendente degli esseri umani e del creato, e presuppone il “fare bene”. Le dimensioni materiali e spirituali non possono essere separate. Questa modalità integrale si esprime nel proprio modo di organizzarsi, che parte dalla famiglia e dalla comunità e abbraccia un uso responsabile di tutti i beni del creato. Alcuni di loro parlano del camminare verso la “terra”, attraverso immagini che riflettono il movimento e la nozione comunitaria dell’ esistenza.

Le minacce alla sopravvivenza

La vita in Amazzonia, avverte Instrumentum laboris, è minacciata dalla distruzione e dallo sfruttamento ambientale, dalla sistematica violazione dei diritti umani fondamentali della popolazione amazzonica. In particolare, la violazione dei diritti dei popoli originari, come il diritto al territorio, all’ autodeterminazione, alla delimitazione dei territori, alla consultazione e al consenso previo. Secondo le comunità che hanno partecipato a questo ascolto sinodale, la minaccia alla vita deriva da interessi economici e politici dei settori dominanti della società odierna, in particolare delle compagnie estrattive, spesso in connivenza, o con la permissività dei governi locali e nazionali e delle autorità tradizionali (degli stessi indigeni). Come afferma Papa Francesco, coloro che perseguono tali interessi sembrano essere disconnessi o indifferenti alle grida dei poveri e della terra. Dalle numerose consultazioni condotte in molte delle regioni amazzoniche, le comunità ritengono che la vita in Amazzonia sia minacciata soprattutto da alcuni fattori. E cioè la criminalizzazione e l’assassinio di leader e difensori del territorio; l’appropriazione e la privatizzazione di beni naturali, come l’acqua stessa, le concessioni a imprese di disboscamento legali e l’ ingresso di imprese di disboscamento illegali, la caccia e pesca predatorie, soprattutto nei fiumi, i megaprogetti idroelettrici, le concessioni forestali, il disboscamento per produrre monocolture, strade e ferrovie, i progetti minerari e petroliferi. Infine l'inquinamento provocato dall’intera industria estrattiva che crea problemi e malattie, in particolare ai bambini e ai giovani, il narcotraffico, i conseguenti problemi sociali associati a tali minacce.