Sindaco rinuncia allo stipendio: 150mila euro donati al Comune

I politici rubano”. La convinzione è diffusa, specie in periodi in cui la credibilità della classe politica presso la società civile italiana è molto bassa. Ma come quasi tutti i luoghi comuni, anche questo è superficiale, generalizzato, pressapochista. Già, perché c'è anche qualche politico che non solo non ruba, ma addirittura dona. Per la precisione, devolve il suo intero stipendio al Comune per il quale lavora.

150mila euro lasciati al Comune

E' il caso di Paolo Trancassini, sindaco di Leonessa, in provincia di Rieti. Il paese dell'entroterra laziale domenica prossima andrà alle urne per eleggere il suo successore, e così Trancassini si conceda dalla sua carica con un eloquente post su Facebook: “Tanti anni fa decisi di rinunciare allo stipendio da Sindaco e condivisi questa scelta soltanto con il responsabile dell’ufficio ragioneria, senza clamori perché i conti a mio avviso si fanno alla fine. Ed oggi che siamo alla fine della mia esperienza di Sindaco i conti li ho fatti al centesimo: lascio al Comune di Leonessa € 137.497.87 di stipendi ed € 15.103,00 di liquidazione di fine mandato non riscossi per un totale di € 152.600,87 e ciò oltre tanto lavoro e i migliori anni della mia vita“. 

La battaglia contro Halloween

Durante il suo mandato come sindaco di Leonessa, Trancassini si è fatto conoscere anche per la sua battaglia contro la festa di Halloween. Intervistato da In Terris, nell'autunno scorso spiegava che la sua campagna va avanti ormai da dieci anni, in un primo tempo affiggendo manifesti per le strade del paese e ora, complice la diffusione dei social, attraverso gli schermi. “Avendo perso i nostri valori di riferimento – le parole del sindaco di Leonessa – Halloween è entrata in questi quattro giorni come una lama nel burro“. Secondo Trancassini, ciò è “l'emblema di una situazione più generale”, in cui “l'identità e le nostre tradizioni rischiano di essere archiviate”. E – riflette ancora Trancassini – “tanti problemi che noi abbiamo derivano proprio dall'incapacità di essere una comunità nazionale“.