Willy, il dolore della sorella a un mese dalla morte: “Ora potrò solo seguire il tuo esempio”

Il 6 settembre scorso, il ventunenne era ucciso a calci e pugni a Colleferro. Una violenza cieca che ha generato una sofferenza ancora troppo forte

“Tutti ti vedono come un eroe, tutti ti ammirano, tutti ti ringraziano per il tuo gesto. Un gesto che in pochi, pochissimi avrebbero fatto, un gesto che ti è costato la vita. Chissà che sarebbe successo se ti fossi girato dall’altra parte”. Sono parole cariche di dolore quelle che Milena “Milly” Monteiro, sorella di Willy, affida alla sua pagina Facebook, a un mese esatto dall’atroce scomparsa di suo fratello, ucciso a calci e pugni a Colleferro ad appena 21 anni. “Un mese senza di te amore mio, senza i tuoi scherzi, senza le tue coccole, senza il tuo sorriso, senza le tue prese in giro, senza i tuoi occhioni… Un mese senza la mia metà, la mia roccia, la spalla su cui piangere”.

Willy, una ferita dolorosa

Willy Monteiro, secondo quanto ricostruito dalle indagini, è stato ucciso nel tentativo di difendere un suo amico. Finendo per ricevere lui stesso percosse violente, fino a non rialzarsi più. Una furia cieca e insensata che ha strappato il giovane aspirante cuoco all’affetto dei suoi amici e della sua famiglia. Che oggi, a trenta giorni dalla sua morte, lo ricorda nella sofferenza. “Fino ad ora – ha scritto ancora la sorella – non trovavo le parole adatte per descrivere tutto questo, ora ce le ho. Ora sto iniziando davvero a rendermi conto che non entrerai più dalla porta di casa di corsa per farti la doccia per poi uscire, non mi sveglierai più buttandoti sopra di me, non mi sgriderai più, non mi toccherai più i rotoli della pancia per prendermi in giro”.

Giustizia e coscienza

Nelle parole di Milena si percepisce il dolore di chi ha perso una parte importante di sé stessa. “Ora mi rendo conto che non ti vedrò realizzare i tuoi sogni, non ti vedrò mettere su famiglia, non avrò mai dei nipotini, non avrò mai una cognata. Un mese fa mi appoggiavo su di te e ora? Ora, fratellone, dovrò cavarmela da sola, ora potrò solamente seguire il tuo esempio e cercare di andare avanti. E tu da lassù potrai solamente darmi la forza di andare avanti, potrai solamente guardarmi ed essere fiero di me…”. E, accanto al dolore, una nuova richiesta di giustizia. Così come di una presa di coscienza sulla futilità di una condotta violenta. “Non lo accetto e non lo accetterò mai. Spero almeno che il tuo sacrificio serva a far capire alla gente che con la violenza non si risolve nulla, che la violenza serve solo a farci rimanere in un mondo che non si evolverà mai, che se si ha bisogno di sfogarsi, di dare cazzotti e calci ci sono sacchi da box e che ammazzare di botte una persona è un gesto associato ad un mostro e non ad una persona”.