Usa e Cina, la guerra dei consolati: Pechino chiude Chengdu

Pechino replica a Washington, che aveva chiuso la sede diplomatica di Houston. Pompeo rincara la dose: "Xi Jinping adepto di un'ideologia totalitaria"

Chengdu come Houston. Eccola la risposta cinese all’ordine di Washington di chiudere il consolato di Pechino nella città texana. Stesso ordine, stessi effetti per la capitale del Sichuan, zona sud-ovest della Cina. Non è Wuhan ma la sostanza non cambia: la replica di Pechino alla mossa degli Stati Uniti è di fatto la stessa che e non cogli nessuno di sorpresa. Incrementa la tensione, questo sì, ma dopo la chiusura della sede diplomatica di Houston e l’annuncio di rappresaglie, era lecito aspettarsi un altro scacco al re. Semmai, la sorpresa è stata proprio la scelta della città: Chengdu, 14 milioni di abitanti, quarta città più popolosa del Paese e, a ben vedere, politicamente molto più consistente della stessa Wuhan. Anche perché il consolato della città simbolo del coronavirus era chiusa già da tempo proprio per l’emergenza sanitaria.

Chengdu come Houston

Tutto previsto ma comunque che non rende meno grave la situazione. Perché la questione non è più solo commerciale. Anzi, i dazi rappresentano ora solo parte della mastodontica contesa fra Stati Uniti e Cina, mai così distanti dal trovare un punto di contatto. Dentro c’è tutto: il caos a Hong Kong, le tensioni nel Mare cinese, questione hackeraggi e accuse reciproche sui principali dossier internazionali. Questione di tempo che la contesa andasse a colpire anche la sfera della diplomazia, in barba ai tentativi di riavvicinamento avvenuti (a fasi alterne) dagli anni Settanta in poi. Le relazioni diplomatiche appaiono ai minimi storici e la sensazione è che la chiusura dei consolati non sia che la certificazione di una questione già lampante. Anche perché è stato di nuovo il segretario di Stato Mike Pompeo ad alzare i toni, parlando della Cina come di “una nuova tirannia” e di Xi Jinping come di “un adepto di un’ideologia totalitaria”.

Pompeo e Dulles

Niente di strano che la nuova offensiva di Pompeo sia stata letta da Pechino in un’ottica di ulteriore ostilità da parte degli Stati Uniti: “L’attuale situazione nelle relazioni tra Cina e Stati Uniti – ha spiegato Pechino in merito alla decisione di chiudere il consolato di Houston – non è quello che la Cina vuole vedere e gli Stati Uniti sono responsabili di tutto questo. Ancora una volta. Sollecitiamo gli Stati Uniti a ritirare la loro decisione sbagliata e a creare le condizioni necessarie per riportare in carreggiata le relazioni bilaterali”. Con un post su Twitter, invece, il Ministero degli Esteri cinese equipara l’attuale segretario di Stato al suo predecessore all’epoca della presidenza Eisenhower. Il Ministero sostiene che le parole di Pompeo “suggeriscono che voglia presentarsi come il John Foster Dulles del ventunesimo secolo lanciando una nuova crociata contro la Cina in un mondo globalizzato”.