Trieste, Mattarella e Pahor: incontro storico a Basovizza

Il Presidente della Repubblica e il suo omologo sloveno si tengono per mano davanti alla foiba carsica

Foto © Quirinale

C’è la storia che scorre in una stretta di mano a Basovizza. Davanti alla bocca della foiba in cui furono gettati almeno 2 mila civili italiani. Forse di più. Un luogo di massacro, dove passato e presente cercano oggi di trovare un punto d’incontro. Il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, accoglie il suo omologo sloveno Borut Pahor, che rende l’imboccatura della foiba del triestino la prima tappa di un viaggio importante. Dopo i saluti nella caserma del Reggimento Piemonte Cavalleria a Villa Opicina, sul Carso triestino, i due presidenti restano mano nella mano di fronte alla voragine carsica di Basovizza. Una corona di fiori deposta e un minuto di silenzio che trascorre così, con Pahor che diventa il primo leader di un Paese della ex Jugoslavia a compiere una visita ufficiale in questo luogo.

Basovizza e Narodni dom

Un buco di 200 metri, o poco più. Questo il destino finale scelto dai partigiani jugoslavi per migliaia di civili di nazionalità italiana. Epurati e soppressi nell’ambito di una delle pagine più oscure della storia recente. Mattarella e Pahor hanno poi ripetuto il gesto dinnanzi al monumento dei Caduti sloveni, dedicato a quattro antifascisti slavi fucilati nel 1930, considerati dalla Slovenia i primi caduti nella lotta al fascismo. Stessa situazione, mano nella mano, dopo aver deposto ai piedi della stele una corona di fiori. Un altro gesto simbolico, prima di recarsi nella Prefettura di Trieste e al Narodni dom (la Casa del Popolo), sede delle organizzazioni degli sloveni triestini e bruciato dai fascisti il 13 luglio 1920, esattamente cento anni fa. Uno stabile che verrà restituito alla comunità slovena, in un altro gesto carico di significati prima dell’incontro conclusivo con i rappresentanti delle associazioni degli esuli.

Una mattinata di alto valore storico, che ha visto Mattarella e Pahor accompagnarsi a vicenda non solo nel ricordo dei martiri delle foibe ma anche di quanti furono cacciati dalla propria terra per mai più farvi ritorno. Del resto, anche la presenza di uno statista di un Paese ex jugoslavo ha significato molto, non solo in termini simbolici.