Speranza “Sui vaccini anti Covid stiamo investendo tutto ciò che possiamo”

Scuole come delle delle fortezze anti-covid: temperatura e test, ma anche consigli per riconoscere i sintomi

dati

“Sui vaccini anti-Covid stiamo investendo il più che possiamo e penso che le energie che si stanno mettendo in campo porteranno presto a risultati incoraggianti, io sono ottimista. Abbiamo un contratto con AstraZeneca. Questo produce il cosiddetto candidato vaccino Oxford il cui vettore virale è fatto a Pomezia. Il vaccino verrà infialato ad Anagni, e se dovesse andar bene le prime dosi ci saranno consegnate già alla fine dell’anno”. Lo ha affermato il ministro della Salute, Roberto Speranza, alla Festa del Fatto Quotidiano.

Penso che le risorse siano fondamentali e abbiamo bisogno di prenderle con tutto il coraggio di cui c’è bisogno: io le chiedo per il Recovery Fund e non ho paura a chiederle per il Mes e non ho paura a chiederle per il bilancio dello Stato e il debito pubblico. Per me da dovunque vengono i soldi, se sono spesi per la salute e per il nostro Servizio sanitario nazionale è una spesa giusta. Quindi dobbiamo muoverci in questa direzione – ha continuato il Ministro -. Dobbiamo fare una riforma, perché le risorse da sole non bastano, ma possiamo fare una riforma in una fase espansiva e non è mai avvenuto prima. Ora abbiamo la clamorosa opportunità di fare una riforma in una fase in cui abbiamo più risorse”, ha aggiunto.

L’importanza del vaccino anti-Covid

Il vaccino sarà la strada da seguire per tornare alla vita di sempre. Ad oggi tutto fa paura e le misure per prevenire qualsiasi forma di contagio sono sempre più numerose, ma la vita riprende ed anche il count down per la riapertura delle scuole sta per scadere.

Il 14 settembre è vicino e per riaprire la scuola in sicurezza bisogna trasformarla in una ‘fortezza’ anti-Covid, con tre livelli di difesa simili a tre cerchia di mura invisibili ma invalicabili per il coronavirus: una all’esterno, tra la scuola e la comunità, una tra le classi dell’istituto e una all’interno delle stesse aule. Questa la strategia suggerita in un editoriale su Science dagli esperti dell’Università della Pennsylvania sulla base delle più recenti evidenze scientifiche.

Come monitorare il rientro a scuola

La prima regola anti-Covid è quella di ridurre per quanto possibile l’ingresso del virus a scuola, con un attento monitoraggio dei sintomi. Riconoscere quelli di Covid-19 e distinguerli da altri malanni di stagione però sarà un’impresa davvero ardua, perché nasi arrossati, colpi di tosse e mal di pancia possono avere una varietà di cause scatenanti.

Non si può fare una diagnosi differenziale fai-da-te basandosi solo sui sintomi: per questo i laboratori si stanno attrezzando per fare tamponi con un ampio pannello diagnostico, in modo che con un solo test si possa distinguere il virus SarsCov2 dagli altri coronavirus e dai virus influenzali e respiratori di stagione”, afferma Francesco Broccolo, microbiologo clinico dell’Università di Milano-Bicocca. Nel frattempo i genitori a casa si troveranno ad affrontare parecchi dilemmi.

Tosse grassa e congiuntivite

“In linea di massima possiamo escludere Covid-19 se si ha la tosse grassa, oppure se si ha una congiuntivite di tipo catarrale, col classico occhio impastato: questi problemi sono solitamente di origine batterica”, precisa l’esperto. Se è presente un rash cutaneo con macchioline “è più probabile che si tratti di una malattia esantematica“, mentre una gastroenterite senza febbre “è poco probabile che sia Covid, anche se il bambino va comunque tenuto a casa”.

Il sintomo più enigmatico resta il raffreddore, che nel 30% dei casi è causato dai coronavirus: “è impossibile distinguere la causa senza un tampone, per questo auspico che vengano fatti test rapidi agli studenti che all’entrata a scuola dovessero presentare il sintomo”, aggiunge Broccolo.

I ragazzi asintomatici

Non bisogna poi dimenticare che la maggior parte dei giovani colpiti da SarsCov2 è del tutto asintomatica. Per questo “lo strumento più efficace per minimizzare il rischio è limitare la didattica in presenza solo a quando i contagi nella comunità locale sono sotto controllo”. A dirlo sono gli esperti Ronan Lordan, Garret A. FitzGerald e Tilo Grosser su Science.

Nel caso in cui il virus dovesse fare comunque breccia nella scuola, bisogna far trovare pronta la seconda linea di difesa. Quella all’interno della classe del contagiato. Per evitare che l’infezione non ancora diagnosticata si trasmetta ai compagni, sono d’obbligo le mascherine. Senza dimenticare il distanziamento e l’igiene delle superfici e delle mani. Le aule vanno arieggiate e possibilmente occupate per periodi di tempo più limitati. Meglio poi evitare attività come il canto e gli sport di contatto che prevedono un aumento della respirazione.

Rischio focolai

Infine, la terza e ultima difesa anti-Covid. Per evitare che pochi casi si trasformino in un focolaio, imponendo la chiusura dell’intero istituto, bisogna limitare i contatti fra le classi. “Grandi focolai nelle scuole possono essere ridotti al minimo limitando la trasmissione secondaria al minor numero di persone”, scrivono gli esperti. “Gruppi di persone che restano relativamente isolati fra loro possono ridurre i contatti e facilitare il tracciamento in caso di contagio. L’identificazione precoce delle persone infette attraverso il monitoraggio dei sintomi e i test diagnostici può limitare le misure di quarantena ai gruppi colpiti senza dover chiudere l’intera scuola”.