Sirchia: le 10 cose che non sapete sul coronavirus

Parla l'ex ministro della Salute ai tempi dell'emergenza Sars: evitare qualsiasi rapporto sociale, dalle passeggiate ai supermercati. 

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Le domande che tutti si fanno, ma che non sempre trovano risposte. Interris.it le ha chieste a Girolamo Sirchia, storico primario ematologo del policlinico di Milano e già ministro della Salute durante l’emergenza Sars.

 

Lei porterebbe i suoi nipotini a fare una passeggiata vicino casa per un’ora al giorno?
“Io credo che dobbiamo assicurare il distanziamento sociale di modo che non ci sia nessun contatto aereo tra le persone. Quindi tutto quello che contrasta con questo come ritrovarsi tra tante persone è sconsigliabile. Sia che si tratti di una passeggiata, di un raduno, di un aperitivo, piuttosto che di una festa in casa. Sempre sbagliato è. La domanda che una persona saggia deve porsi è ‘io sto facendo questa azione, vengo in contatto con altre persone, possono subire un’infezione o causarla?’ Se la risposta è si allora non bisogna farlo. Perciò, io mi appellerei più al concetto che al fatto singolo”.

Il virus può rimanere nell’aria per un determinato periodo di tempo?
“Così sembra essere riportato da alcuni studi. Non sappiamo bene in che condizioni atmosferiche, che sono importanti come variabile. Ma sembra che il virus possa rimanere per qualche tempo nell’aria anche a distanza di qualche metro. Questo ci suggerisce il distanziamento sociale come prima regola”.

Come bisogna comportarsi con scarpe e vestiti quando si rientra a casa?
“In ogni caso bisogna cambiare le scarpe. Questa è una buona abitudine in generale e in particolare in questa occasione. Le scarpe possono portare dentro casa del materiale contaminato dal virus, quindi vanno lasciate fuori. Togliere prima le scarpe con i guanti, togliersi i guanti per poi lavarsi le mani. Questa è la corretta abitudine”.

E per i capelli?
“Si consiglia di mettere un cappello o una cuffietta che possa coprirli. Certamente se una persona tossisce o starnutisce sui capelli, soprattutto se lunghi, questi diventano un ricettacolo di virus. Non vanno lasciati scoperti. Bisogna mettersi un cappello, gli occhiali, una mascherina e i guanti in modo tale da essere tutelati al massimo”.

È rischioso fare spesa nei supermercati con tutta la fila?
“Assolutamente si. C’è tanta gente che si trova vicina. Sicuramente tra quelle c’è chi porta il virus. È facile che li avvenga il contagio. Quindi ottimo il distanziamento, anche se è sempre relativo. Attenzione bisogna proteggersi molto con tutti i mezzi possibili”.

Se tutti mettessero le mascherine, c’è la possibilità di rallentare l’epidemia?
“Io penso di si. L’esperienza cinese e giapponese insegna: loro portano sempre la mascherina e sembra averli aiutati. C’è una diatriba su questo punto che io non condivido. Cioè che la mascherina non deve essere utilizzata da coloro che non sono infetti. Io ritengo che se tutti portassero mascherine adeguate per interrompere il flusso aereo ne avremmo tutti un vantaggio”.

Gli infermieri lavorano in sicurezza?
“Dipende. Ci sono dei posti dove adesso le mascherine sono arrivate anche se purtroppo per molto tempo non ci sono state. Allora i medici e gli infermieri avevano cercato di arrangiarsi come potevano. Ma non era certamente una difesa ben fatta. Invece, oggi sembra che comincino ad arrivare. Questo problema sembra risolversi anche se non del tutto. Ma nei posti più a rischio sì. Ma ancora non è risolto nelle carceri, nelle comunità, nelle case di riposo, nei luoghi di lavoro. Da qui la contestazione in atto: le imprese che lavorano devono assicurare dei presidi di sicurezza con mascherine, cuffiette e guanti ai lavoratori”.

Queste misure di sicurezza bisognerà assicurarle fintanto che non si troverà un vaccino?
“Si, o un vaccino o un farmaco. Quindi comunque parliamo di tempi non brevi. Questo va capito, non si tratta di settimane ma di mesi. Parliamo a mio avviso, di un anno a partire da ora”.

Se il governo cominciasse ad aprire dopo il 13 aprile alcune aziende e negozi, qual è il rischio di una nuova ondata del virus?
“Qui c’è una discussione in merito ad un fatto che non è stato valorizzato. Noi abbiamo uno strumento che ci permette di dire in alcune popolazioni limitate, come per esempio nei medici, infermieri, imprese strategiche, se ci sono contagiati di diversi tipo. Parlo di test per la ricerca degli anticorpi contro il virus e di tamponi per i lavoratori risultati positivi…”

Che cosa si potrebbe fare con questa suddivisione?
“Allora potremmo distinguere questa popolazione in tre parti: quelli che hanno anticorpi ma non il virus che sono immuni e non infetti, quelli che hanno il virus con anticorpo e quelli con virus ma senza anticorpo. Questi ultimi due non possono essere impiegati. Ma se i primi stanno in prima linea, essendo immuni, possono lavorare anche in condizioni rischiose senza incorrere in alcun pericolo. Questa è una strategia intelligente da applicare ad alcune categorie. Soprattutto in quei luoghi dove l’infezione è andata molto velocemente come Bergamo, Milano, Lodi, Codogno. Qui almeno il 40 o 50% della popolazione è venuta in contato col virus. Con questo metodo avremmo a  disposizione del personale che può lavorare senza rischi e senza infettare”.