Ricercatori di Londra e Pechino: in Italia c’è il rischio di una seconda ondata

I modelli matematici, seppur con dei limiti nel ricepimento dei dati, dicono di aspettare altri tre mesi per riaprire

Due studi, uno inglese e uno cinese, guardano con pessimismo alla parziale ripresa dell’Italia. Il rischio sarebbe quello di una seconda e forse più violenta ondata di diffusione del Coronavirus.

Imperial College, il monito all’Italia

Se gli italiani tornassero ad appena il 20% della loro normale routine questo porterà a un incremento delle morti anche maggiore rispetto alla prima ondata nel giro di tre settimane; ancora peggio se dovessero tornare al 40%. Nonostante il gran numero di decessi, scrivono infatti i ricercatori dell’Imperial College, la percentuale di popolazione che è stata contagiata è “lontana dalla soglia di immunità di gregge”. Gli studiosi fanno notare che la cupa previsione non tiene conto delle misure preventive ed ecco perché sottolineano la necessità di un’app di “contact tracing”, di mantenere il distanziamento sociale e dell’obbligo di mascherine.

Lo studio cinese

È troppo presto per la fase 2: c’è il rischio di una seconda ondata di contagi in Italia. Questa è una delle conclusioni emerse da uno studio condotto dall’ospedale generale cinese di Pechino (PLA) che aveva come obiettivo quello di capire perché in Italia contagi e morti per Covid-19 sono stati più numerosi rispetti alla provincia di Hunan. La risposta, pubblicata sulla rivista Frontiers in Medicine, sarebbe secondo i ricercatori nelle diverse modalità di un intervento governativo che dovrebbe essere tempestivo e rigoroso.

Guardare ai contagi

“È importante sottolineare che nelle situazioni reali la velocità di trasmissione può essere influenzata da diversi fattori, come la protezione personale, l’isolamento sociale e il blocco delle città”, commenta Wangping Jia del PLA di Pechino, autore principale dell’articolo. “Secondo il modello esteso SIR (modello matematico), a Hunan dovrebbero essere 3.369 i casi totali e i contagi “a zero” sarebbero avvenuti il 3 marzo, mentre in Italia sarebbero circa 182.051 le infezioni attese, con una data di fine epidemia intorno al 6 agosto. Le ragioni di tale disparità potrebbero essere dovute a diversi fattori, primo tra tutti la mancata tempestività nell’attuazione delle misure di prevenzione in Italia”, spiegano i ricercatori.

Le misure restrittive allentate troppo presto

“Il Governo italiano ha annunciato che le misure di quarantena saranno allentate dal 4 maggio, ben tre mesi prima di quanto consiglia il modello SIR. Siamo convinti che sia troppo presto”, dichiara Jia, aggiungendo che esiste una probabilità che si verifichi una seconda ondata di contagi, dato che il Paese non è ancora uscito dal periodo di epidemia. “Ovviamente ci sono dei limiti nel nostro studio, anzitutto dato il numero limitato di test, il numero di contagi in Italia potrebbe essere superiore a quello ufficiale. Inoltre il modello non tiene conto del periodo di incubazione della malattia, il che potrebbe renderlo meno accurato. Ma quello che ci preme sottolineare è l’importanza delle misure preventive, che devono essere attuate il prima possibile dal governo. Questo può ridurre notevolmente il numero di contagi”, concludono gli autori.