Regno Unito, l’allarme di Johnson: “Covid? Seconda ondata inevitabile”

Secondo il premier britannico, "con gli sviluppi degli ultimi giorni possiamo aspettarcela". E i contagi raggiungono un nuovo picco: 4.322 in 24 ore

Probabilmente avrebbe dato priorità assoluta al dossier Brexit, il Regno Unito, se la recrudescenza del coronavirus non avesse costretto Downing Street a rivedere le sue priorità. Davanti a tutto, ora, c’è il contenimento del Covid-19, risalito in modo preoccupante lungo la dorsale dei Pennini. E anche oltre. Gli ultimi dati parlano di 4.322 casi diagnosticati in appena 24 ore. Era dal mese di maggio che non si toccavano livelli così alti Oltremanica, con l’aggiunta di altri 27 decessi (contro i 21 di ieri) e di un numero di ricoveri che hanno superato quota mille. Dati allarmanti, che costringono il governo a prendere provvedimenti e, soprattutto, a tenere in considerazione un’ipotesi che lo stesso premier Johnson ha definito potenzialmente catastrofica. Il nuovo lockdown generale, naturalmente.

La dichiarazione del premier

Per la verità, qualche provvedimento Londra l’ha già preso. La Rule of Six innanzitutto, ma anche le chiusure parziali disposte per diverse città fra il Tyneside e le West Midlands. Un giro di vite sul modello Dublino, per il momento mirato, ma la cui declinazione a livello nazionale ormai non è più esclusa dal premier. Anzi, secondo Boris Johnson, una seconda ondata di Covid-19 sarebbe addirittura inevitabile. “Ovviamente – ha spiegato – stiamo seguendo con attenzione l’accelerazione della pandemia con gli sviluppi degli ultimi giorni, e non c’è dubbio, come avevo avvertito varie settimane fa, che possiamo aspettarci una seconda ondata in cammino“.

Johnson e la corsa al vaccino

Parole che il primo ministro britannico ha pronunciato durante la visita a un centro di ricerche a Oxford, dove è in corso la sperimentazione del vaccino contro il coronavirus. Johnson teme che, nei prossimi mesi, l’indice d’infezione sarà compreso fra 1,1 e 1,4, numeriche destano preoccupazione anche in una Westminster in subbuglio per l’Internal Market Bill. La Gran Bretagna resta comunque in prima linea nella corsa al vaccino. Nei giorni scorsi, il presidente dell’Irbm di Pomezia, che collabora con lo Jenner Institute di Oxford, ha fatto sapere che, qualora tutto proceda per il meglio, le prime dosi potrebbero arrivare a novembre. Una deadline che anche il Regno Unito inizia ad augurarsi arrivi a breve.